da il_robespierre
La perdita della cognizione del tempo, l’isolamento forzato, la somministrazione indiscriminata di psicofarmaci, e i continui trasferimenti senza spiegazioni non fanno altro che aumentare il disagio psichico di chi vi è detenuto. Le testimonianze raccolte parlano di persone che vivono in una distopia, un luogo dove il tempo si dilata e la speranza sbiadisce ogni giorno di più.
La domanda che sorge spontanea è: qual è il reale scopo di questo centro? Se il rimpatrio è impossibile per la maggior parte dei detenuti, perché continuare a mantenere questa struttura che sembra più una prigione che un centro di transito? E ancora, quale tipo di sistema giuridico giustifica un trattamento che sfiora la tortura psicologica, come quello che emerge da queste storie?
È il fallimento di un sistema che non riconosce la dignità dei migranti come esseri umani, ma li riduce a numeri in un gioco di propaganda politica. Il CPR di Gjader, con la sua opacità e la gestione autoritaria, sembra un passo ulteriore verso una criminalizzazione dell’immigrazione che non ha nulla a che vedere con la giustizia sociale.
Quale futuro vogliamo costruire per chi è costretto a fuggire dalle proprie terre? Non possiamo lasciare che il diritto alla dignità venga messo in discussione per motivi politici o ideologici. È tempo di chiedere conto a chi decide in nome della “sicurezza” a discapito dei diritti fondamentali.

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