Nel corso dell'udienza, la Corte ha ascoltato il proprio perito incaricato della traduzione dall'arabo dei documenti oggetto di dibattimento.
Sulla stessa questione è stato chiamato a deporre anche il ricercatore Khaled El Qaisi, già impegnato come mediatore linguistico a supporto della difesa di Doghmosh.
La difesa ha sollevato eccezione, poi respinta dalla corte, perché il consulente di parte alla trascrizione delle chat in arabo è stato escluso dalla perizia a causa della "fretta impressa dalla corte" a tutto il procedimento.
Tra i testi dell'accusa è stato sentito il commissario capo in quiescenza Patrizio Cardelli, che all'epoca dei fatti ha condotto le indagini per conto della Digos. Cardelli ha parlato di "fonti aperte", citando canali social e ricerche su google, spesso senza citare i siti, che documenterebbero, secondo l'accusa, attività terroristiche avviate o sostenute - anche sul piano economico - dagli imputati in Cisgiordania, in particolare da Yaeesh.
Ricostruzioni contestate dalla difesa, nel merito e anche dal punto di vista metodologico. All'esterno del tribunale è stato organizzato un nuovo sit-in a sostegno dei tre imputati, difesi da un collegio guidato dall'avvocato Flavio Rossi Albertini.
Sin dall'inizio il processo, viziato da gravi forzature procedurali, solleva interrogativi sul trattamento riservato agli imputati palestinesi e, più in generale, sulla legittimità della resistenza nei contesti di occupazione.
Presenti in aula tra il pubblico anche rappresentanti di associazioni per i diritti umani e di amnesty international.
Anche ieri Anan ha rilasciato una dichiarazione, in via di trascrizione e traduzione, a causa delle numerose interruzioni del giudice e di un'incongruenza con la traduzione dell'interprete, che lo stesso Anan ha notato e chiarito.
Qui breve rassegna stampa:




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