martedì 26 settembre 2023

pc 26 settembre - La repressione in Francia indica la strada a Stati, governi; le grandi lotte e rivolte in Francia indicano la strada per unire il nostro fronte di classe - Da Controinformazione rossoperaia del 25/9


Nei mesi scorsi
la Francia è stata al centro dell'attenzione a livello internazionale con un grande movimento di scioperi contro la riforma delle pensioni, l'allungamento dell'età pensionabile di 2 anni.

L'importanza non sta tanto nel motivo, dato che motivi ce ne sarebbero in tutti i paesi per i movimenti di sciopero di questo genere perchè tutti i governi dei padroni in Europa stanno attaccando le condizioni dei lavoratori e, in particolare, i salari, i posti di lavoro e le pensioni. L'importanza, in questa occasione, è stato come il movimento dei lavoratori ha reagito a questo attacco, con un movimento di lotta generale, organizzato in forma unitaria da una struttura dei sindacati chiamata Intersindacale, che ha dato vita a 14 giornate di lotta continuative, scaglionate tra i posti di lavoro, che ha portato in piazza centinaia di migliaia di lavoratori a Parigi e in tante città.

Scioperi e manifestazioni che hanno visto la partecipazione di tanti settori di lavoratori, di tanti giovani, che hanno portato all'interno di questo movimento uno spirito combattivo, una volontà di lotta che si è scontrata in diverse occasioni a Parigi e in tante altre città, con la polizia, dato che anche lì lo Stato imperialista francese - il governo Macron - ha risposto con la repressione.

Questo movimento di scioperi, che ha testimoniato la forza dei lavoratori quando riescono a mobilitarsi uniti, ha indicato la strada anche agli altri paesi che non hanno trovato, nelle condizioni dei lavoratori,

nelle condizioni di organizzazione, nella posizione dei sindacati maggioritari, quelli confederali, la stessa forza per opporsi alle politiche dei governi e dei padroni.

Questo sciopero, purtroppo a giugno non ha raggiunto il suo risultato, perché non ha trovato la possibilità di estendere ulteriormente la sua forza, in particolare paralizzando le fabbriche e la produzione, che durante tutto il movimento di lotta sono state protagoniste in misura minore rispetto ad altri settori lavoratori che hanno riempito le piazze in quelle giornate di lotta.

Il governo Macron ha risposto utilizzando tutti gli espedienti delle procedure parlamentari per imporre comunque l'approvazione della sua riforma delle pensioni, nonostante vi fosse anche all'interno del Parlamento una corposa opposizione.

Questo ha mostrato agli stessi lavoratori come, purtroppo, la sola lotta generale non è in grado di piegare i governi, perchè il sistema nel suo insieme - parlamentare e istituzionale e la forza dello Stato usata come repressione - richiede che i lavoratori siano in grado di sviluppare un livello più alto di lotta politica e di lotta contro lo Stato del Capitale.

Appena finito il movimento di scioperi contro la riforma delle pensioni nelle banlieues - nei quartieri proletari e popolari caratteristici che circondano Parigi e le altre città importanti della Francia - è scoppiata una rivolta forte e possente, a fronte dell'ennesimo omicidio poliziesco che ha visto la morte di un giovane a Nanterre, Nahel.

Questa rivolta ha scosso la Francia in maniera imponente, in cui per giorni si sono sviluppate vere e proprie battaglie tra i giovani - e non solo i giovani che protestavano contro questo ennesimo omicidio poliziesco, peraltro di stampo razzista – e le forze di polizia e tutte le forze della repressione che lo Stato del “democratico” Macron ha messo in campo, dimostrando come la faccia democratica dei governi e degli Stati, quando ci sono le lotte dei lavoratori e le rivolte, risulta essere una maschera che copre la dittatura dei padroni, dei ricchi a difesa del loro sistema e che alle masse regala disoccupazione, condizioni sempre peggiori di vita e mancanza di futuro.

La rivolta delle banlieues, che ha visto protagonisti migliaia e migliaia di giovani, anch'essa ha trovato come risposta lo stato d'emergenza, leggi repressive sempre più approvate a tamburo battente, che hanno mostrato la faccia feroce degli Stati, democratici a parole, reazionari, repressivi, fascisti, nei fatti.

Sia le proteste dei lavoratori contro la riforma delle pensioni e di tutti quei settori delle masse giovanili che sono scesi in campo in quell'occasione, sia la rivolta delle banlieues che ha attraversato fino al mese di luglio la Francia, hanno lasciato in campo l'accentuarsi dell'odio delle masse popolari nei confronti dello Stato francese, paradigma di tutti gli Stati imperialisti e capitalisti di come rispondono alle masse quando si ribellano, con una catena infinita di processi repressivi che hanno portato decine di migliaia di persone ad essere processate nei tribunali francesi e condannate, trattate come criminali, per la “colpa” di essersi ribellati ai soprusi polizieschi, alla violenza quotidiana da parte delle forze di polizia dello Stato francese.

I tribunali francesi hanno emesso a tamburo battente 1278 condanne, di cui quasi 750 a pene detentive. In un quadro in cui - è bene ricordarsi – che la polizia si era resa protagonista di una repressione efferata usando tutti i mezzi necessari. E si tratta di una polizia che, sulla scorta della "madre" di tutte le polizie assassine, quella degli Stati Uniti, si è resa protagonista nel 2020 di 40 uccisioni, 52 nel 2021, 39 nel 2022, con aumento delle persone uccise dal fuoco della polizia: 18 e 26 persone nel ‘21 e nel ‘22.

Tutto il sistema ha reagito non colpendo affatto - come a volte dice di voler fare - poliziotti che sono andati oltre i loro cosiddetti “limiti”, bensì mettendo sotto accusa non solo i giovani protagonisti della protesta, ma le organizzazioni politiche e sociali che li hanno sostenuti, dando ancora più strumenti alla polizia per potere reprimere le manifestazioni, con la libertà di usare le armi da fuoco rispetto, ad esempio, a veicoli che rifiutano di fermarsi, e così via.

Passata l'estate è ripreso in Francia il movimento sia sociale sia contro la repressione dello Stato. Sono cominciate iniziative di lotta in diverse città francesi e, in particolare, vi è stata una giornata grande di mobilitazione nella giornata di sabato 23 settembre contro il razzismo del sistema, le violenze della polizia, per la giustizia sociale e le libertà pubbliche.

Lo slogan “senza giustizia, nessuna pace”, nato negli Stati Uniti d'America e dilagato molte volte nelle manifestazioni in tutto il mondo, è stato ripreso in questa giornata di lotta in Francia. 80.000 persone sono scese in piazza in circa 120 città e in particolare a Parigi, dove sono state 15.000. Anche qui lo Stato ha risposto con una fortissima mobilitazione e con la messa in campo di tutto il suo apparato repressivo e poliziesco.

Ma anche questa volta vi sono state reazioni da parte dei manifestanti e immagini e video dimostrano quello che è l'odio verso la polizia e la volontà che hanno settori della manifestazione - non certo tutti - di rispondere non solo difendendosi dalla repressione ma attaccando le stesse forze della polizia. Una volante della polizia, rimasta imbottigliata, è stata accerchiata. Anche qui il poliziotto, in una scena che ricorda Genova 2001 in occasione dell'uccisione di Carlo Giuliani, è uscito con la pistola, minacciando di sparare sui manifestanti.

Questo dimostra come tutte le grandi città imperialiste in Europa siano un brodo di coltura della ribellione, come tutti i posti di lavoro siano un “campo minato” del potere dei padroni che temono che prima o poi i lavoratori si ribellino ai governi che, in nome della guerra, della depressione, dello scaricamento della crisi economica, stanno attaccando i lavoratori nel cuore degli stessi paesi che vengono definiti ricchi.

Abbasso lo Stato di polizia!” “Denunciamo la polizia che protegge i ricchi e attacca i poveri!” : queste sono state alcune delle parole d'ordini a cui il governo ha risposto con arroganza, rivendicando la repressione.

Anzi, il governo francese sta facendo di più, dando un esempio di cosa siano in grado di fare i governi se le masse si ribellino. Il Giornale raccontava come negli stessi giorni in cui sono riprese le proteste e le violenze della polizia in Francia, c'è stata la visita del Re d'Inghilterra. Una cosa abbastanza normale ed attesa. Non va dimenticato che le proteste in corso in Francia, compreso i tempi della rivolta delle banlieues, avevano spinto i due Stati, i due governi, Macron e il governo inglese, a rinviare la visita del re.

In questo caso è stata realizzata, ma, scrivono i giornali, i livelli di militarizzazione e di mobilitazione delle forze dell'ordine in occasione della visita del re sono state organizzate come prova generale di come il governo intende affrontare le lotte, i tumulti sociali, le proteste, perché la Francia guarda già a un avvenimento importante, come sono le Olimpiadi del prossimo anno, e già la Francia dice come questo non sia il più grande evento sportivo atteso anche da tutti, ma diventerà occasione per mettere in mostra i livelli di dittatura poliziesca che i paesi utilizzano in quest'occasione.

Le "Olimpiadi della polizia, della repressione, della militarizzazione".

Noi dovremo guardare a questo evento delle Olimpiadi in Francia, come dovremo guardare a quello che sarà il G7 che si annuncia in Italia, in Puglia, nel 2024.

Contro questo mondo internazionalizzato - in cui i padroni del mondo si danno la mano e fanno a gara a chi dimostra di più come reprime le masse, come trasforma i grandi eventi in grandi parate che arricchiscono padroni, ricchi, speculatori, e trasformano le città, le gentrificano e le trasformano a servizio di eventi e turismo, che poi sono profitti, affari, ricchezze per pochi, mentre tutto intorno dilagano la miseria, il degrado, l'assenza di diritti alimentari, perfino sul piano dell'abitazione e dei servizi sociali, della sanità, della scuola e così via. Contro questo sistema bisogna rispondere unitariamente.

Come i padroni e i loro Stati fanno a gara per imparare uno dall'altro come reprimere, è importante che i proletari e le masse popolari imparino uno dall'altro come lottare e respingere. Imparare dalla rivolta delle banlieues, da come i giovani in Francia mettono in scacco per settimane la polizia terrorizzando l'intera società borghese e tutto quel sistema sociale rappresentata dalla stampa, dal perbenismo che viene diffuso naturalmente innanzitutto dalle classi dominanti, ma che vede poi, come veicolo tra le masse, i settori della media borghesia, della piccola borghesia, degli stessi cosiddetti operai che stanno bene, quella parte degli operai che nei paesi imperialisti va definita "aristocrazia operaia", aristocrazia del lavoro, che fa da puntello del sistema.

E’ necessario che i comunisti, le avanguardie proletarie, si colleghino tra di loro a livello internazionale, si incontrino, conoscano obiettivi e forme di lotta, si considerino parte di una stessa classe, di uno stesso movimento, che colpiti dagli stessi padroni sotto diverse bandiere, possano unirsi sotto l'unica bandiera, la bandiera della lotta, della ribellione, la bandiera rossa della rivolta proletaria, della Rivoluzione. Perché la Rivoluzione è l'unica soluzione, oltre che una necessità, un'emergenza, per rispondere al potere, alla dittatura dei padroni, al modo di produzione capitalista e imperialista.

Proletari comunisti, i lavoratori che fanno parte dello Slai Cobas per il sindacato di classe, sanno questo da sempre e lo inseriscono nella loro azione quotidiana, a fronte di una possibile ripresa della lotta generale in Francia sia sul fronte dei posti di lavoro sia della gioventù ribelle, sia dei quartieri proletari.

Stiamo lavorando proprio in questi giorni per unire, conoscere, costruire le condizioni per un movimento comune non solo tra Italia e Francia, ma nell'intera Europa capitalista, con un occhio importante alla ripresa della lotta operaia negli Stati Uniti, con il grande sciopero degli operai dell'auto che, a fronte delle prime risposte negative da parte dei padroni, si sta estendendo a tutti gli stabilimenti automobilistici.

In questi giorni e proprio in questi ore, è sotto attacco la Stellantis, la multinazionale dell'auto che è presente in Italia e che ha visto anche in Italia, negli stabilimenti di Melfi e Pomigliano in particolare - e aspettiamo Mirafiori - la ripresa delle lotte dei lavoratori.

Il movimento di lotta degli operai e delle masse popolari all'interno dei paesi imperialisti e delle sue cittadelle, delle sue fabbriche e dei suoi territori, rappresenta “l'altro polo” rispetto a ciò che si muove nel mondo, le ribellioni di masse di lavoratori, di diseredati e contadini che dall'India all'America Latina, in tanti altri paesi, si ribellano all'imperialismo, ai loro governi reazionari al suo servizio che li riducono alla fame, alla miseria, che li trascinano in guerre senza fine e che peraltro originano il gigantesco moto di immigrazione per sfuggire a queste condizioni, e che vede proprio nell'area del Mediterraneo uno degli epicentri di cui tutti oggi, in particolare nel nostro paese, possiamo vedere gli effetti sia dal punto di vista dell'arrivo di migliaia e migliaia di migranti sulle nostre coste, sia dal fronte della feroce politica di non accoglienza che i governi mettono in campo, scaricando la responsabilità l'uno sull'altro.

La Francia indica la strada della lotta generale, della rivolta nei quartieri proletari. Dagli Stati Uniti viene un gigantesco movimento di scioperi e una piattaforma di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi, che potrebbe essere la base di un'effettiva ripresa dei movimenti di scioperi, e non del falso movimento di finta opposizione dell'attuale politica dei sindacati confederali, con Landini in testa, e non della passività o del dilagare di una situazione in cui le masse non trovano lo sbocco necessario, come è quella dei quartieri disgregati delle nostre città - pensate a tutto quello che avviene ed è avvenuto a Caivano.

Su questa strada occorre unire le forze, le forze dei comunisti, dei rivoluzionari, di tutti coloro che si vogliono opporre a questo stato di cose esistente, così come bisogna unire i lavoratori, le loro organizzazioni sindacali e sociali in un fronte unito che possa rendere più forte la lotta, perché da soli nessun settore è in grado effettivamente di scontrarsi contro i governi.

E, soprattutto, sia il movimento operaio sia il fronte unito che occorre realizzare, occorre che assumano l'obiettivo chiaro di combattere padroni, governo e Stato del Capitale, nella convinzione che in questa fase storica i governi, i padroni, lo Stato del Capitale, rispondono con la violenza, con la militarizzazione ai bisogni sociali. E questo richiede inevitabilmente che il movimento operaio, il fronte unito delle masse si armi innanzitutto di forza sociale, di unità, di organizzazioni adatte per rovesciare, per opporre alla violenza dello Stato dei padroni la giusta violenza proletaria per modificare lo stato di cose esistenti.

Padroni, governo e Stato e ci fanno la guerra, una guerra di classe. Occorre che le masse popolari, la classe operaia, le loro organizzazioni si pongano all'altezza di questo scontro da cui dipende il destino non solo dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, dei giovani, ma il destino dell'intera società, dell'intera umanità, a fronte di ciò che succede nel mondo, la guerra, i disastri climatici.

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