Che rapporto c’è tra i lavoratori e l’ambiente, anzi, con la sua distruzione, dovremmo dire adesso visto che questa distruzione è diventata “normale”? Bisogna dire che non è sempre facile mettere le due cose in relazione. Il caso di un pescatore (e di tanti altri come lui) dell’Honduras emigrato negli Stati Uniti, riportato dalla rivista online Linkiesta è emblematico.
“…la siccità legata ai cambiamenti climatici ha colpito il suo lavoro. Per cui ha deciso di emigrare negli Stati Uniti. E il paradosso è che quegli stessi disastri climatici che nel suo Paese d’origine hanno distrutto il suo unico mezzo di sostentamento, in un altro Paese sono diventati invece quello che gli dà da mangiare.” Sì ma come e a che prezzo?
“Alvarado – questo è il nome del pescatore - è uno dei sempre più numerosi addetti, principalmente migranti, che seguono le catastrofi naturali negli Stati Uniti, dagli incendi agli uragani, lavorando nella pulizia e nella ricostruzione dei territori. Sono coloro che si guadagnano da vivere dragando i fanghi e ripulendo gli edifici colpiti dalle fiamme. Una fetta del mercato del lavoro in piena espansione, perché – mentre si attendono risposte concrete dalla Cop26 – i disastri diventano sempre più frequenti…”
La giornalista Sarah Stillman “ha trascorso l’ultimo anno seguendo persone come Alvarado per il suo ultimo reportage pubblicato sul New Yorker, scoprendo le condizioni più che precarie di questi lavoratori, spesso privi di documenti e con livelli di sicurezza e paghe molto basse.”
«Sono scivolato dal tetto di una casa e sono caduto sul vialetto», ha raccontato Mariano Alvarado, che ha lavorato negli interventi di ricostruzione in Florida dopo l’uragano Michael. «La società non si è
presa alcuna responsabilità. Mi hanno a malapena portato in ospedale. Ero in coma e i dottori non sapevano nemmeno chi fossi». “Sarah Stillman alla Npr ha spiegato che Alvarado, quando è caduto, non aveva neanche la cintura di sicurezza. Sono lavoratori che operano spesso in subappalto per grandi aziende, ha detto. Spesso vengono promessi loro documenti di soggiorno regolare, ma in molti casi poi questa promessa non viene mantenuta.”Naturalmente sulle promesse non c’è da meravigliarsi. Perché si tratta di un “Business miliardario”, come dice l’articolo: “Intanto, sulle ricostruzioni post disastri, negli Stati Uniti si fanno enormi profitti. Prima erano le piccole aziende locali che si occupavano di riparare tetti e finestre. Poi queste aziende hanno cominciato a seguire i disastri in tutto il Paese, allargandosi oltre i confini cittadini. Finché sono diventate giganti economici da miliardi di dollari di fatturato e sono state acquisite dai fondi di private equity.” Tipo il fondo Melrose, la proprietaria della GKN!
«Le persone in cima stanno facendo un sacco di soldi con il cambiamento climatico», spiega Stillman. «Quelle in fondo alla catena invece guadagnano pochissimo, fanno lavori molto pericolosi, e sono soggette a ogni tipo di abuso».
La distruzione ambientale si riflette sulla vita delle persone, soprattutto sulla stragrande maggioranza delle persone a livello mondiale, e cioè su lavoratrici, operai, insomma sul proletariato e le masse popolari in genere, mentre la borghesia finanziaria e industriale, grande e media (la piccola è sempre più in bilico tra il “salvarsi” o il cadere nel proletariato) usa soldi e privilegi per cercare di sottrarsi agli effetti più immediati e negativi.
“Mondo del lavoro” e “mondo” possono
apparire “mondi separati” e i vari vertici mondiali che la borghesia organizza,
come la Cop26 di quest’anno, confermano questa visione illusoria...
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