mercoledì 10 novembre 2021

Imperialismo e immigrazione - Il contesto in cui si muove la guerra dei migranti

Riportiamo stralci da una denuncia di Alex Zanotelli, missionario comboniano rispetto alle politiche razziste dei governi europei e italiani e un articolo di approfondimento da Limes, per mettere a fuoco il contesto e gli interessi in cui si muovono i vari governi nello scontro inter imperialista dei paesi dell'area. 

È mai possibile che oltre l’80 per cento degli 82 milioni di profughi nel mondo, siano accolti dai paesi impoveriti, mentre il ricco Occidente costruisce solo muri? 

...ben dodici paesi europei hanno chiesto all’Unione Europea di finanziare la costruzione di muri anti-migranti. Si tratta di Estonia, Austria, Bulgaria,Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Grecia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia. Ma nonostante il diniego della UE a realizzare questa loro richiesta, sia la Lituania che la Polonia stanno costruendo muri ai confini con la Bielorussia. La Grecia, oltre alla barriera marittima lungo il fiume Evros, al confine con la Turchia, ha annunciato la costruzione di una nuova barriera marittima lunga 2,7 chilometri tra la Turchia e l’isola di Lesbo .La Slovenia ha costruito un muro ai confini con la Croazia e l’Austria con la Slovenia. La Bulgaria costruirà un muro di 235 chilometri per bloccare gli arrivi dalla Turchia. È l’Unione dei fili spinati, altro che Unione Europea!

...da quasi un mese, a Tripoli, davanti alla sede Nazioni uniti dei rifugiati, per chiedere la loro evacuazione dalla Libia verso paesi vicini. E noi vogliamo dare voce al loro grido di enorme sofferenza. Perché il dramma dei rifugiati in Libia è in gran parte responsabilità dell’Italia. Questo grazie al Memorandum Italia-Libia e al nostro finanziamento della Guardia costiera libica che in quest’anno ha riportato in Libia oltre 26.000 profughi che hanno tentato la fuga via mare.

I migranti fra Polonia e Bielorussia, il confine Italia-Grecia e altre notizie interessanti

LA BATTAGLIA DEI MIGRANTI [di Mirko Mussetti]

Il governo polacco ha annunciato di aver elevato a 12 mila il numero dei militari a presidio del confine orientale, per fronteggiare l’ingresso di centinaia di migranti dalla Bielorussia.

L’artificiosa crisi migratoria concertata dal regime di Aljaksandr Lukašėnka raggiunge nuovi livelli. L’esercito di Minsk scorta con armi automatiche colonne di migranti – 4 mila secondo le autorità di

Varsavia – verso il confine polacco e intima loro di abbattere le barriere anche con l’impiego di arieti improvvisati (tronchi d’albero). Il dispiegamento in linea delle truppe bielorusse impedisce ai migranti di arretrare, spronandoli altresì a proseguire in direzione del loro vero obiettivo: la Germania.

Quella dei flussi migratori eterodiretti è una forma di guerra ibrida particolarmente insidiosa per la Polonia, il cui esecutivo è soggetto a frequenti accuse a Bruxelles di violare i diritti umani. Il respingimento coatto non favorirebbe l’appianamento dei dissidi. Per tale ragione non sussiste alcuna missione di supporto Frontex in Polonia, nonostante l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera abbia sede proprio a Varsavia.

Tuttavia, la preoccupazione della Germania per un’immigrazione ingente e destabilizzante spinge gli organi comunitari ad approntare nuove iniziative sanzionatorie verso la Bielorussia. Ma tali azioni penalizzerebbero l’industria tedesca, impossibilitata a operare triangolazioni mercantili su territorio bielorusso per aggirare le sanzioni alla Russia. Ecco perché, rispetto alle misure economiche del passato, il ministro dell’Interno della Bundesrepublik propende ora per una «sicurezza strutturale delle frontiere», «naturalmente non con l’uso delle armi da fuoco, bensì con altre opzioni disponibili». Parole vuote per le autorità di Minsk, che sta facendo ampio uso di raffiche di avvertimento verso la Guardia di frontiera polacca e i migranti più titubanti. Gli accordi sull’Unione statale tra Russia e Bielorussia (e la nuova dottrina militare congiunta) hanno reso Lukašėnka ancor più temerario.

Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha difeso apertamente le posizioni del paese fratello, citando la situazione dell’Italia: «È inammissibile che Bruxelles utilizzi standard diversi tra Polonia e Italia in merito alla condotta sui flussi migratori. È inoltre necessario evitare doppi standard in relazione ai paesi da cui provengono i rifugiati».

Per approfondire: Stato d’emergenza in Polonia

CONFINE ITALIA-GRECIA [Lorenzo Noto]

I ministri degli Esteri di Grecia e Italia, Nikos Dendias e Luigi Di Maio, hanno proceduto allo scambio degli strumenti di ratifica sull’accordo di delimitazione dei confini marittimi, facendolo entrare definitivamente in vigore.

Formalizzare la conclusione dell’iter negoziale per il confine marittimo italo-ellenico ha un effetto simbolico profondo sul piano geopolitico, per quattro ragioni.

Innanzitutto, risolve un contenzioso dormiente da 45 anni e dunque segnala la fase proattiva con cui oggi i paesi mediterranei (persino l’Italia) guardano alla definizione dei confini marittimi.

Secondo, si riflette sull’applicazione della legge approvata in via definitiva a giugno per l’istituzione di una Zona economica esclusiva italiana. Il caso del confine italo-greco era il più semplice da cui partire per porre in essere la nuova legge, visto l’accordo pre-esistente del 1977 sul quale era stato di fatto ridisegnato quello raggiunto il 9 giugno 2020.

Terzo, può risultare schema di riferimento lungo l’asse Adriatico-Ionio per intavolare prossime trattative con Montenegro e Albania e risolvere più a nord quelle in corso con Croazia e Slovenia.

Ultimo punto, decisivo sul piano geopolitico: contribuisce a definire il posto dell’Italia al fianco di un blocco di alleati.

I problemi marittimi italiani non giungono infatti dal quadrante orientale. Le questioni confinarie più complesse riguardano le frontiere libica, maltese e algerina. Nell’impossibilità di imporre la nostra agenda, impedire che il caos intorno allo Stretto di Sicilia superi la soglia di casa è l’unico campo in cui possiamo operare. La Zee, oltre a implementare il controllo delle vie marittime da cui dipendiamo, serve a definirci anelli essenziali per evitare che le sponde est e sud del Mediterraneo diventino ventre molle per Ue e Nato.

Aver portato a termine un negoziato con la Grecia, percepito da Atene come anti-turco al pari di quello stipulato con l’Egitto, contribuisce a definire il posto dell’Italia al fianco degli alleati occidentali, Francia in testa. Parigi, in quanto sostenitrice anche militare dei diritti greco-ciprioti tra Egeo e Mediterraneo orientale, è sempre più punto di riferimento per Roma nelle varie crisi che puntellano il Medioceano. L’accordo con la Grecia potrebbe riflettersi sulla nostra intesa con i francesi, con i quali condividiamo percezioni simili. E su come sfruttarci a vicenda nel quadrante sud dello spazio mediterraneo, anche in vista del Trattato del Quirinale.

Una volta definite le specifiche aree di competenza l’Italia sarà costretta a presidiarle fisicamente, per sostanziarne la giurisdizione. Senza contare sui mari, la cartografia resta fine a se stessa.

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