Ma innanzitutto, a
livello demografico, che peso ha la componente degli over 65 in Italia?
Se
andiamo a vedere gli ultimi dati pubblicati sul sito dell’ISTAT, su
un totale di 60 milioni, questa fascia di popolazione rappresenta il
22,3 %. 13783580 persone. Già solo questo dato secco parla per sé.
E’
una tendenza diffusa quella di considerare con sufficienza e fastidio
la figura dell’anziano, e sono molte le cause che sono ipotizzabili per
spiegare questo comportamento. Si potrebbe sostenere, che tra le
generazioni più giovani e quelle più vecchie ci sia una grande
differenza, in termini di riferimenti culturali e stili di vita. Per
fare un esempio: le zone delle città con una vivace vita notturna
vedono
spesso la presenza di gruppi di residenti con una forte componente di
anziani, che protestano per il rumore e per i comportamenti di chi va in
giro fuori a bere.
E’ un fenomeno
quest’ultimo molto comune, che viene spesso utilizzato strumentalmente
dai quotidiani locali, che sono ben contenti di poter dedicare ampie
prime pagine al sempreverde (e redditizio) tema della dissoluzione dei
costumi e della necessità di politiche per la sicurezza. La questione
comunque riguarda in senso più ampio il tema della vivibilità delle
città, che sono sempre più stritolate tra socialità consumistica e
mancanza di spazi. Dall’altra parte i discorsi tipici dei residenti
portano anche a riflettere, su come in larga parte della società ci sia
una concezione quasi proprietaria dello spazio pubblico, che viene
inteso come una semplice estensione di quello domestico, dove la gente
che passa per strada debba quindi essere beneducata e stare al suo
posto.
Sempre sui motivi della
scarsa considerazione dell’anziano nella società, un altro aspetto
potrebbe essere lo sviluppo tecnologico repentino degli ultimi anni, con
la comparsa nel mercato dei beni di consumo di computer e smartphone,
con funzioni sempre più avanzate e a prezzi sempre più accessibili alla
grande maggioranza della popolazione. Quest’ultimo è un elemento non
secondario da un punto di vista sociale e culturale. Le nuove tecnologie
hanno portato, infatti, a valori d’uso radicalmente differenti nelle
diverse fasce di età. Ad esempio, se i social network costituiscono il
nuovo modo di comunicare e stare assieme, è evidente che gli anziani
“social” li utilizzano in maniera assai diversa dai giovani “social”.
Questo, da un punto di vista culturale e comunicativo, sostanzia una
differenza marcata a livello generazionale, di cui, tra l’altro, c’è una
consapevolezza diffusa nella società. Anche qui si può trovare un
esempio molto chiaro: le pagine facebook in cui i “giovani” sfottono
allegramente il modo di usare i social dei “Cinquantenni sul web”.
Di
riflessioni di questo tipo se ne potrebbero fare molte, un elemento per
inquadrare materialmente la condizione senile è però sicuramente la
questione sanitaria. Nei paesi occidentali, le politiche in campo di
salute pubblica hanno comportato dei cambiamenti significativi: primo,
un aumento della aspettativa di vita, secondo, la sempre maggiore
rilevanza delle malattie che hanno un decorso cronico rispetto a quelle
che hanno un decorso acuto, come quelle infettive. Quest’ultimo aspetto
caratterizza in maniera distintiva la popolazione over65, con un aumento
progressivo dell’incidenza di queste patologie mano a mano che si va
avanti con l’età.
Tutto ciò cosa
comporta nei fatti? Che gli anziani sono sempre di più e hanno bisogni
di salute sempre più complessi, con la necessità di una assistenza
costante e multidisciplinare. In questi tempi di tagli al welfare,
questo costituisce un problema sempre più rilevante per i sistemi
sanitari. Un recente documento prodotto dalla Fondazione Gimbe, che
analizza a livello economico il definanziamento del Servizio Sanitario
Nazionale (SSN), fa vedere come il finanziamento pubblico dell’SSN sia
aumentato di 8,8 miliardi nel periodo 2010-2019, con una crescita annua
dello 0.9 %. Il problema è che dal 2010 al 2019 il tasso medio di
inflazione annua è stato dell’ 1,07%. L’inflazione è un indice che
fondamentalmente registra l’aumento del livello medio dei prezzi.
Quindi,
per ricapitolare, un aumento annuo dello 0,9 % della spesa per l’SSN, a
fronte di una inflazione all’1,07 %, non basta neanche per coprire la
diminuzione del potere d’acquisto della moneta. In aggiunta a questa
vergogna, il documento fa vedere come nello stesso periodo, se si
prendono in considerazione le previsioni di adeguamento spesa, e quindi
sostanzialmente gli stanziamenti in potenza per la sanità, c’è stato un
taglio complessivo di 37 miliardi perché, al di là delle chiacchiere
nebulose dei governi, la sanità è stata considerata, molto
materialmente, come il portafoglio a cui attingere per risolvere le
crisi di bilancio.
Se i soldi non
ci stanno, è chiaro quindi che il problema del welfare che manca viene
scaricato sulle spalle delle famiglie e delle persone singole.
Ciò rappresenta un tema importante dal punto di vista politico.
La
cura e assistenza dell’anziano è un lavoro che ricade tipicamente sulla
donna, con anche la presenza di figure professionali specifiche, come
le badanti; inevitabilmente, quindi, il problema della condizione senile
interessa necessariamente le lotte femministe. Ancora, il sopracitato
sfaldamento tra le generazioni ha portato ad una esclusione degli
anziani dai contesti familiari, per cui i bisogni di salute, tra cui
anche quelli di socializzazione, vengono presi in carico da istituzioni
esterne. Le principali di queste ultime sono: i Centri diurni per
anziani, che forniscono attività ricreative e di socializzazione, ma che
sono chiusi durante la notte, le Case di Riposo, nelle quali gli
anziani autosufficienti dormono e vivono durante il giorno e le
Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), nelle quali invece vivono gli
anziani non autosufficienti e con particolari bisogni sanitari.
Per
non cadere in una interpretazione scioccamente culturalista, è bene
porre l’accento sul fatto che questo fenomeno di “esternalizzazione”
della cura è ovviamente legato alle condizioni materiali della vita,
che, nella intensità della odierna quotidianità lavorativa, non
consentono di avere il tempo materiale di dedicarsi all’assistenza degli
anziani; a dire la verità questa è una spiegazione che vale di più per
le RSA, che prendono in carico le situazioni più complesse da un punto
di vista strettamente sanitario. Per le loro caratteristiche invece, le
Case di Riposo servono per un altro aspetto, che è quella della
solitudine degli anziani, la cui spiegazione come problema sociale, deve
sicuramente ricondursi a problemi di ordine anche culturale (che
sicuramente avranno una base anche storica ed economica).
Il
problema è ambivalente: da una parte la presa in carico da parte di
queste strutture è un servizio che risponde a un bisogno genuino nella
moderna condizione proletaria (come possono esserlo allo stesso modo gli
asili nido e le scuole), dall’altra questa stessa presa in carico è
espressione di un modello problematico di approccio alla marginalità,
che vede una sua gestione esterna e separata dalla società.
La
questione assume un carattere esplicitamente di classe, se andiamo a
considerare quello che è l’aspetto economico: ogni tipologia di
struttura assistenziale citata in precedenza, è presente sui territori
sia in forma pubblica, sia in forma privata. Senza entrare nei dettagli,
una parte della retta mensile nelle strutture pubbliche è pagata dallo
stato, mentre la parte restante deve essere pagata dall’utente, secondo
un criterio proporzionale che prende in considerazione l’indice ISEE.
Nel 2015, la modificazione in senso restrittivo del calcolo di
quest’ultimo, è stato un evento che ha compromesso l’accesso di vasti
strati della popolazione ai servizi di welfare (vedi la questione dei
contributi statali per gli studenti universitari). Per capirci, se non
si rientra nelle soglie ISEE, il prezzo mensile della permanenza in una
Casa di Riposo pubblica si aggira intorno ai 1500 euro, e, a tutto
questo, si aggiunge la carenza cronica di posti letto nel territorio. La
questione assume caratteri di iniquità ancora più marcati, se si
considera il semplice fatto che, chi ha i soldi, può andare in strutture
decisamente più vivibili di chi non ce li ha, essendo disponibile una
ampia rete di strutture private.
E’
chiaro quindi il carattere classista dell’organizzazione
dell’assistenza agli anziani, e l’enorme peso economico e sociale
relativo ad esso, che viene scaricato sulle famiglie e ovviamente anche
sulle persone singole. Una rivendicazione politica coerente però, non si
può fermare esclusivamente alla richiesta di un aumento del
finanziamento statale, destinato all’accesso alle strutture di
assistenza. Chi ha mai fatto l’esperienza di entrare in una casa di
riposo pubblica, sa bene le condizioni spesso desolanti in cui ci vivono
gli anziani e conosce l’uso estensivo di psicofarmaci di varia natura
che viene fatto al loro interno. Senza aprire un capitolo troppo ampio, è
sostanzialmente il problema della infantilizzazione degli utenti, nelle
istituzioni che prendono in carico la marginalità.
L’anziano
vive quindi una situazione complessivamente molto difficile, che assume
in molti casi toni drammatici. Chi non ha un compagno o una compagna di
vita, chi non ha figli o vive lontano da loro, chi non ha avuto la
forza di coltivarsi una rete di amicizie nella quotidianità alienante
del lavoro. Tutti questi, e sono tanti nelle periferie, vivono nella
solitudine più dolorosa e straziante, aggravata dallo stigma sociale di
essere considerati come un peso inutile e improduttivo e dalla
condizione esistenziale di vicinanza alla morte. Per ritornare al
discorso di partenza: è bene immaginabile il surplus di angoscia
generale e il peso psicologico e emotivo delle misure di quarantena,
sulla popolazione anziana in relazione alla emergenza Coronavirus.
Da
una parte la condizione di isolamento in cui viveva già precedentemente
larga parte di queste persone, dall’altra l’utilizzo prevalente ed
eccessivo della televisione, da parte degli anziani, come supporto nella
solitudine e come mezzo di informazione, con il suo correlato
martellante di narrazioni da si salvi chi può. La condizione della
popolazione senile in Italia è insomma una questione che riguarda piani
multiformi e complessi, e, alla luce di quanto detto, risulta essere un
ambito di assoluto interesse per le realtà politiche che affrontano le
contraddizioni di classe nel terreno del sociale e che si vogliono
misurare oggi sui problemi posti dall’emergenza Coronavirus.
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