Operai bloccano la fabbrica di Vencorex de Pont-de-Claix della
Global Chemical PTT
“La promessa di reindustrializzare il Paese non è stata mantenuta e le fabbriche chiudono”, “Duecento piani di licenziamento”, apre così un lungo articolo di Affari&Finanza di lunedì 18 novembre.
E l’elenco delle aziende in
crisi, e che hanno prospettato ristrutturazioni e licenziamenti, tra cui alcuni
colossi mondiali, è lungo e incompleto: “Michelin ha annunciato la
serrata di due stabilimenti, uno a Cholet e l’altro a Vannes, che davano lavoro
a 1.235 persone. Il gruppo Auchan sta per tagliare una decina di
punti vendita, mandando in fumo 2.389 posti di lavoro. Il settore
dell’automobile, particolarmente sotto la pressione della concorrenza
internazionale, ha registrato dall’inizio dell’anno diciotto impianti
chiusi a fronte di undici aperture. Valeo ha già annunciato di
essere alla ricerca di acquirenti per tre dei suoi stabilimenti in Francia,
mentre Forvia, altro colosso francese, ha annunciato la riduzione di
10 mila posti di lavoro in Europa nei prossimi cinque anni. E non va meglio
nel settore della siderurgia dove la Federazione del settore prevede
fino al 10% di posti di lavoro in meno nei prossimi tre anni.”
Il ministro dell’Industria Marc
Ferracci “ammette che bisogna prepararsi a un «periodo molto difficile»
e che «Probabilmente ci saranno altri annunci di chiusura di stabilimenti
nelle prossime settimane e nei prossimi mesi», mentre il sindacato Cgt
“ha contato quasi 200 piani di licenziamento, per un totale di 150 mila
posti di lavoro a rischio”.
Ma cos’è che causa questa ondata
di crisi industriale… “«Le imprese francesi hanno beneficiato di un sostegno
estremamente forte durante la pandemia», ricorda l’economista Mathieu
Plane” adesso “Il sistema di aiuti e prestiti garantiti dello Stato” che
“è rimasto in vigore fino all’anno scorso” viene “gradualmente ridotto, e in
alcuni casi del tutto cancellato.”
“«Fino al 2022, i fallimenti
erano pochissimi. Ora, con la fine dei sostegni pubblici, si registra un
forte aumento delle perdite di posti di lavoro ed entriamo in un nuovo ciclo
economico».” E un altro economista aggiunge: “… la Francia affronta «una crisi
profonda e strutturale degli stili di vita, dei modelli di consumo e delle
pratiche lavorative …Queste trasformazioni — prosegue — riguardano quasi
tutti i settori: commercio, automobile, edile, immobiliare, hi tech».”
Uno dei risvolti è che “Il
tasso di disoccupazione ha ricominciato ad aumentare … salirà fino
all’8% alla fine del 2025, rispetto al 7,3% di giugno scorso”, si tratta di
oltre 5 milioni di persone.
Come si vede c’è l’ammissione
senza fronzoli che senza il sostegno dello Stato, senza quelli che gli
economisti chiamano “aiuti di stato”, che significano miliardi a fondo
perduto ogni anno, il capitalismo-imperialismo non è in grado di reggersi, in
Francia come in Italia…
E nonostante gli aiuti di Stato i
padroni di tutto il mondo, dalla Germania agli USA, dall’Italia all’Australia,
fanno ricorso alle ristrutturazioni e ai licenziamenti, adesso perfino nelle fabbriche ad altissima tecnologia, per far fronte ad una
concorrenza internazionale ai massimi livelli, soprattutto da parte di quei
paesi come la Cina che secondo gli americani invadono i mercati di merci a
basso costo.
La concorrenza dei paesi
imperialisti su questo piano è diventata sempre più difficile, è per questo che
le ristrutturazioni che sono necessarie per riposizionarsi sui mercati mondiali
prevedono l’introduzione di nuovi macchinari tecnologicamente più avanzati e
nel sistema capitalista-imperialista ciò significa che la popolazione
operaia diventa sovrabbondante come dice Marx, aumenta la disoccupazione, e
visti i legami tra tutti i paesi, ogni crisi si ripercuote necessariamente
sugli altri; anche la crisi della Francia, quindi, come quella della Germania,
avrà ripercussioni sulla classe operaia in Italia e si aggiunge a quella già in
corso che tocca la Stellantis, la ex Ilva, la Beko, Gkn, ecc. ecc.
Nel sistema
capitalista-imperialista non c’è via d’uscita per gli operai di tutto il mondo
e tocca a loro, se non vogliono continuare a vivere nella eterna schiavitù
salariale, rovesciare questo sistema sociale.