venerdì 20 luglio 2018

pc 20 luglio - 1948 - attentato a Togliatti/Insurrezione - Ripartire dalla memoria storica per un giudizio storico oggi - 2

Lo sciopero del 14 Luglio
Pietro Secchia | Secchia, Lo sciopero del 14 Luglio, CDS, Roma, 1948
da Resistenze.org

prima parte su proletari comunisti 18 luglio
L'attentato e lo sciopero generale - http://proletaricomunisti.blogspot.com/2018/07/pc-18-luglio-1948-attentato-togliatti.html


I. Una grande battaglia.

Nella storia del movimento operaio italiano non c'è mai stato uno sciopero generale così spontaneo così compatto, così esteso come quello del 14-16 luglio 1948.
Sono stati ricordati nei giorni passati, altri scioperi generali: quello del 1900, del 1904 , del 1914. Ma lo sciopero di Genova del 1900 fu si generale, ma limitato a quella provincia, quello del 1904 fu proclamato per tutta Italia, ma riuscì solo in alcuni grandi centri industriali. Lo sciopero generale, così detto della "settimana rossa" del 1914, per quanto abbia toccato molte località della Penisola,

ebbe il suo epicentro nelle Romagne e nelle Marche e, comunque, occorre tener conto che quel movimento fu preparato da due anni di lavoro organizzativo e di scioperi parziali. Se guardiamo agli stessi scioperi generali del 1919, 1920 non ne troviamo nessuno che per ampiezza, slancio e spontaneità eguagli quello del 14-16 luglio 1948.

Ne tanto meno può farsi un confronto con lo sciopero generale dell'Italia del Nord del marzo 1944, il quale pur essendo stato il più grande movimento di massa che si sia avuto durante l'ultima guerra nei paesi occupati dai nazisti, abbracciò solo le regioni dell'Italia del Nord e riuscì in pieno solo a Milano, a Torino, a Bologna, a Firenze e parzialmente nelle altre province.

Occorre soprattutto tener conto che lo sciopero generale del 14-16 luglio non fu preparato, non fu preceduto da alcun lavoro di organizzazione.
Fu lo scoppio immediato, spontaneo e unanime dello sdegno popolare contro i responsabili, diretti e indiretti della politica di odio, di provocazione e di violenza che il Governo democristiano va conducendo. Politica che ha portato all'attentato criminoso contro il compagno Togliatti e che minaccia di trascinare il Paese a nuove avventure imperialiste e alla guerra civile.

Per questo è giusto dire che lo sciopero generale del 14 luglio è stato il più imponente, il più spontaneo e il più forte che la storia del movimento operaio italiano ricordi. Fu il primo sciopero generale al quale parteciparono compatte tutte le categorie di lavoratori compresi i ferrovieri e i postelegrafonici, compresi i negozianti, i bottegai, commercianti, artigiani, ecc.
Per queste sue caratteristiche lo sciopero generale del 14 luglio, acquista nel quadro della situazione politica nazionale e internazionale il valore di una grande battaglia data in difesa della democrazia e della pace.
L'importanza nazionale e internazionale di questo grandioso movimento al quale hanno partecipato tutte le forze vitali del Paese, dev'essere giudicata soprattutto in rapporto alle lotte di domani.
Esso indica la strada da seguire, la strada della lotta, nel momento in cui si annunciano nell'Italia e nel mondo dure battaglie per la difesa della pace, del pane e della libertà.
Lo sciopero generale del 14-16 luglio è stato un colpo inferto alle forze della guerra. Di qui la sua importanza internazionale.

Gli imperialisti d'oltre oceano hanno "sentito" che essi non potranno facilmente fare dell'Italia una loro colonia, e che il popolo italiano non si lascerà facilmente trascinare alla guerra per servire gli interessi del grande capitalismo italiano e straniero.
La miserevole polemica ora melliflua, ora minacciosa degli uomini del governo democristiano e della stampa da essi pagata, non riesce a mascherare la loro rabbia, il loro furore per l'ampiezza del movimento che ha dimostrato da quale parte sia il popolo italiano. L'ampiezza di questo sciopero generale ha dimostrato meglio di cento discorsi parlamentari, meglio di qualsiasi inchiesta, che le elezioni del 18 aprile sono il risultato di brogli, della corruzione, del terrorismo politico e religioso, dell'intervento straniero.


Lo sciopero generale del 14 luglio ha dato la prova più schiacciante che la maggioranza carpita dalla Democrazia Cristiana il 18 aprile non rispecchia la volontà del Paese, non rappresenta le forze vitali della Nazione.
Ha dimostrato soprattutto che dietro agli otto milioni che hanno votato per il Fronte Democratico popolare, vi sono altri milioni di lavoratori italiani i quali, qualunque sia stato il loro voto il 18 aprile, sono decisi a lottare per difendere la pace, la libertà e l'indipendenza del nostro Paese.

Tutto questo premesso, noi dobbiamo ricavare ora da questo grande movimento le esperienze e gli insegnamenti per l'avvenire. E ancora presto per delle conclusioni definitive. Lo studio del modo come in ogni centro industriale e agricolo lo sciopero sì è sviluppato ed è stato diretto deve essere condotto località per località, da ogni singola organizzazione. Deve essere uno studio attento serio, collettivo. Si tratta di raccogliere dei dati sicuri, obbiettivi e non solo "impressioni", si tratta di lavorare sui fatti e non sui "si dice" e sulla fantasia. Si tratta di raccogliere il giudizio e le esperienze non solo di una parte della classe operaia, sia pure la più avanzata, ma di tutte le categorie, di tutti gli strati di lavoratori.
Esaminare pezzo per pezzo gli ingranaggi delle nostre organizzazioni come hanno funzionato durante lo sciopero e cioè come gli organismi di Partito e di massa hanno orientato o diretto il movimento . Quali forme di lotta e di protesta si sono dimostrate essere le più efficaci e quindi le più giuste, quali invece quelle che avrebbero potuto snaturare il movimento, imprimergli il carattere di "avventura".

Si tratta di rilevare le nostre deficienze, i nostri punti deboli per porvi riparo al più presto.
Queste nostre osservazioni non vogliono essere che prime considerazioni preliminari ad un esame, a uno studio serio e approfondito che dev'essere continuato da tutto il Partito.
Perché non dobbiamo neppure in questo campo abbandonarci alla spontaneità e alla improvvisazione. Non siamo dei mestieranti, né dei dilettanti di politica. Nostro compito è quello di fare tutto quanto sta in noi per guidare con successo le lotte dei lavoratori contro i loro oppressori.

L'organizzazione è cosa viva, fondata sulla divisione delle funzioni e ha organi prensili e centri nervosi per l'inibizione, per la previsione e per il calcolo. La lotta operaia è fatta di difensiva e di offensiva, di prudenza e di audacia, di rapidi attacchi e di accorgimenti sagaci, di pazienza e di risolutezza. Dev'essere il frutto dello studio generale e locale e che non piove "bell'e fatto dal cielo".

II. Sciopero generale e insurrezione.
Lo sciopero generale politico di protesta del 14 luglio è stato così spontaneo, deciso e imponente che gli uomini del governo nero lo hanno scambiato, od hanno finto di scambiarlo per un movimento insurrezionale
De Gasperi e Scelba accusano i comunisti di aver voluto fare l'insurrezione e di non esserci riusciti , di avere rivelato i loro piani innanzi tempo e così via.
Se costoro non fossero in mala fede, se non si trattasse di una volgare manovra provocatoria, noi dovremmo dire a questi signori che essi sono politicamente così ignoranti da non saper neppure scorgere la differenza che passa tra uno sciopero generale politico e l'insurrezione. Né De Gasperi, né Scelba, né alcuno dei loro tirapiedi sono stati capaci di trovare negli appelli lanciati dal Partito e dalla Confederazione Generale del Lavoro, subito dopo l'attentato al compagno Togliatti, una sola parola che suonasse appello all'insurrezione o che desse alla lotta l'obbiettivo insurrezionale.

Qualcuno ha detto «ma voi avete scritto in testa giornali: "dimissioni del governo"!». Verissimo, ma che questa è un'altra dimostrazione che non si trattava di un movimento insurrezionale.
C'è forse nella storia un solo movimento insurrezionale cominciato col chiedere le dimissioni del governo, e con la presentazione al Parlamento di una mozione di sfiducia?
Si sono mai viste delle insurrezioni divampare mentre le due Camere continuano tranquillamente i loro lavori con la partecipazione dell'opposizione e di coloro che dovrebbero essere i dirigenti dell'insurrezione?

Il compagno Togliatti ha avuto occasione di spiegare ripetutamente e l'ultima volta alla Camera nel suo discorso del 10 luglio che «quando un Partito Comunista ritiene che le circostanze oggettive e soggettive pongono all'ordine del giorno la necessità per le forze popolari avanzanti di prendere il potere con le armi, cioè con una insurrezione, esso proclama questa necessità, lo dice apertamente. Così fecero i bolscevici nel 1917 e marciarono alla insurrezione a vele spiegate, così abbiamo fatto noi comunisti italiani a partire dal settembre 1943, senza nascondere a nessuno la via che avevamo presa e proponevamo al popolo».

«Non si portano - ha detto giustamente il compagno Longo nel forte discorso alla Camera - milioni di uomini alla battaglia e alla vittoria con circolari segrete e ridicoli piani K». Per mobilitare e portare alla lotta armata milioni e milioni di uomini, anche quando le circostanze oggettive e soggettive pongono all'ordine del giorno tale necessità, occorre che l'appello alle armi sia lanciato apertamente a tutto il popolo.

Orbene, nell'appello lanciato dal Partito il 14 Luglio non c'è una sola parola che inviti gli operai, i contadini, i lavoratori a prendere le armi. Facciamo un solo confronto con un'altra data, presa dalla storia più recente del nostro paese: l'aprile del 1945. Il 10 aprile 1945, cioè 15 giorni prima della Liberazione dell'Italia del nord, il Partito Comunista italiano lanciava un manifesto, diffuso con tutti i mezzi a centinaia di migliaia di copie, col quale chiamava apertamente i lavoratori, i partigiani e il popolo italiano a insorgere.

Ecco alcuni brani di quello storico manifesto:
«È giunta l'ora dell'offensiva generale su tutto il fronte. Con lo sciopero generale ed insurrezionale e con l'azione armata bisogna attaccare e sconvolgere le retrovie del nemico in ritirata. Operai, tecnici, impiegati: scioperate, cacciate dalle fabbriche i tedeschi e i fascisti. Fate di ogni fabbrica un fortilizio della Patria. Arruolatevi in massa nelle Squadre d'Azione Patriottica: armatevi disarmando il nemico.
Chi ha un'arma combatta chi non ce l'ha se la procuri. Dalle vallate alpine alle campagne della valle Padana, dal più piccolo villaggio alla grande città, risuoni un grido solo: alle armi al combattimento per la salvezza e la libertà della Patria».

E più oltre il manifesto continua rivolgendosi ai giovani:
«Gioventù eroica delle montagne e delle città, partigiani, gappisti, sappisti: attaccate su tutto il fronte. Ponete ai tedeschi e ai fascisti il dilemma: arrendersi o perire. Spezzate con la forza del vostro braccio armato l'apparato di oppressione fascista.
Viva lo sciopero generale insurrezionale! Viva l'insurrezione nazionale popolare! Cacciate fuori dal l'Italia l'odiato tedesco». (Vedi "Nostra Lotta" del 10 aprile 1945).

Questo appello lanciato apertamente a tutto il popolo era naturalmente accompagnato da direttive politiche ed organizzative a tutti i Comandi Partigiani, a tutti i Comandi Gap e Sap, a tutte le organizzazioni del Partito.

Orbene, i manifesti lanciati dal Partito e dalla Confederazione del Lavoro il 14 luglio 1948 hanno tutt'altro carattere. In essi non si chiama il popolo alle armi, in essi non si parla di sciopero insurrezionale, in essi non si invitano i cittadini ad armarsi disarmando il nemico, in essi non si dice di occupare gli edifici pubblici, le ferrovie, la radio, le centrali telefoniche, le caserme, i campi di aviazione, ecc. Nulla di tutto questo.
Nel manifesto lanciato dal Partito il 14 Luglio si dice: «Si levi in tutto il Paese la indignata protesta dei lavoratori e di tutti gli uomini liberi».

È chiaro dunque che si trattava di uno sciopero generale politico di protesta. L'On. Scelba - bontà sua - ha riconosciuto che dall'alto non sono partiti ordini insurrezionali, ma che il movimento insurrezionale stava sviluppando dal basso sulla base di piani prestabiliti, ecc. ecc..
Questa ridicola concezione di una insurrezione che si sviluppa sulla base di piani prestabiliti chissà quando, un anno o due prima, in condizioni del tutto diverse partendo da uno sciopero generale di protesta, il quale dovrebbe svilupparsi gradatamente sino a sboccare nella lotta armata insurrezionale, è semplicemente ridicola, assurda e degna della mentalità dell'On. Scelba!
Un movimento insurrezionale per essere vittorioso deve tra l'altro (si tratta dell'a.b.c.) contare sul massimo slancio iniziale, deve immobilizzare sin dal primo momento il Governo ed i suoi organi, sin dalle prime ore non deve dargli la possibilità di orientarsi e di prendere fiato, deve infliggere al nemico i colpi più forti fin dalle prime ore.

Vi è qualcuno che può pensare seriamente che (con la grande e recente esperienza che noi abbiamo dalla guerra di liberazione e dalla insurrezione nazionale contro i tedeschi e i fascisti) se ci fossimo trovati nella necessità e nelle condizioni di dover guidare una insurrezione vittoriosa, avremmo prima proclamato uno sciopero generale di protesta per poi passare dopo un giorno o due a delle forme di lotta più acute, per scatenare infine, come atto finale - proprio come al teatro - l'insurrezione? Si può cioè seriamente pensare che noi avremmo eseguito una tattica così idiota e tale da dare la possibilità tempo al governo di spostare le sue forze, di prendere tutte le misure atte a reprimere e a battere le forze popolari prima ancora che queste avessero iniziato la lotta decisiva?

Troppo lungo, seppure non inutile sarebbe ripetere qui le note tesi di Marx e di Lenin sull'insurrezione, nonché i problemi di strategia e di tattica sviluppati dal compagno Stalin nelle "Questioni del Leninismo".

La questione è importante perché il tentativo provocatorio del governo di attribuire allo sciopero generale politico un carattere insurrezionale non solo può far cadere in certi momenti in errori di valutazione anche alcuni strati di operai ma serve a De Gasperi e compari per creare un'atmosfera più favorevole al varo delle leggi reazionarie e fasciste contro gli scioperi.

Difatti gli on. De Gasperi e Scelba sanno molto bene che non sono i comunisti a fabbricare le rivoluzioni, sanno molto bene che nessun uomo, nessun partito per quanto forte può fare le rivoluzioni a piacimento, sanno molto bene che i comunisti non sono degli avventurieri e non considerano l'insurrezione come un giuoco da cospiratori.
Ma i Ministri e i dirigenti della Democrazia Cristiana hanno bisogno di far credere che i comunisti non fanno altro notte e giorno che preparare insurrezioni, armare sommosse, elaborare piani K.
Hanno bisogno di far credere che lo sciopero generale del 14 Luglio ha avuto carattere insurrezionale per poter giustificare i loro propositi e le loro misure contro la libertà di sciopero.
Hanno bisogno di far credere che lo sciopero generale del 14-16 luglio ha avuto carattere insurrezionale per giustificare le migliaia di arresti arbitrari, le violenze della polizia, gli illegalismi del governo, le scandalose circolari segrete dei ministri Scelba e Grassi, le pressioni sulla magistratura. Hanno bisogno di far credere che i comunisti hanno sempre pronti dei piani insurrezionali per poter giustificare le loro sfacciate violazioni della Costituzione repubblicana ai danni della libertà e della democrazia.

Gli on. De Gasperi e Scelba e i loro compari hanno bisogno di far credere che per fare l'insurrezione basta occupare qualche fabbrica, erigere un blocco stradale o manifestare davanti alla caserma dei carabinieri, hanno bisogno di far credere che l'insurrezione è un giuoco che i comunisti possono fare quando vogliono per spingere degli ingenui e degli illusi a atti inconsulti, per potere poi avere il pretesto di scatenare le rappresaglie, la violenza e le persecuzioni contro i lavoratori, contro gli organizzatori sindacali, contro il Partito Comunista e le organizzazioni democratiche.

III. Concezione marxista e illusioni miracolistiche
La scarsa esperienza di questa forma di lotta "dello sciopero generale", dopo 23 anni di dittatura fascista, può aver portato un certo numero di lavoratori a considerare lo sciopero generale come un'arma taumaturgica capace di trasformare di colpo - quasi per effetto magico - una situazione ed i rapporti tra le forze operanti nella situazione stessa.
Sarebbe pure grossolano errore pensare che non vi può essere uno sciopero generale politico vittorioso senza che questo sbocchi, nell'insurrezione.

Lo sciopero generale è uno dei mezzi di lotta più antichi del movimento operaio moderno. Ma col nome di "sciopero generale" si comprendono forme di lotta del tutto diverse. Non vi è cioè un solo tipo di sciopero generale. Vi sono degli scioperi generali a carattere economico-rivendicativo, vi sono degli scioperi generali politici, vi è lo sciopero generale di un'intera categoria di lavoratori e lo sciopero generale di numerose o di tutte le categorie. Vi sono stati nel passato in ogni paese degli scioperi generali nazionali e degli scioperi generali internazionali.

Concepire lo sciopero generale politico come la soluzione magica, come il mezzo per risolvere tutto, per rovesciare un regime, per fare la rivoluzione significa avere dello sciopero generale una concezione utopistica quale avevano sessant'anni or sono gli anarchici i quali pensavano che "uno sciopero generale compatto sarebbe sufficiente a realizzare la rivoluzione socialista". I panettieri, essi dicevano, non fabbricano più il pane, i treni non circolano più, la luce viene a mancare, tutta la vita si ferma: tutto questo crea una situazione catastrofica la cui soluzione non può essere altra che la rivoluzione sociale.

Concezione veramente schematica e semplicista che troviamo ancora ribadita in una risoluzione approvata dal Congresso di Bordeaux dei sindacati francesi nel 1888 nella quale si dice: «Solo lo sciopero generale o la rivoluzione potrà realizzare l'emancipazione della classe operaia».

Di fronte a questa concezione miracolistica sta la concezione marxista dello sciopero generale politico di massa concepito non come il toccasanae la bacchetta magica, ma come una delle forme della lotta di classe come un mezzo di protesta, di lotta o di pressione per ottenere determinati risultati economici o politici.
L'efficacia di quest'arma di lotta è provata dalla storia del movimento proletario, da decenni di lotte e di esperienze non solo dei lavoratori italiani, ma dei lavoratori di tutti i paesi.

Uno sciopero generale politico non dev'essere giudicato dal risaltato immediato o contingente, ma dall'influenza che esso ha avuto nello sviluppo del movimento. Raramente uno sciopero generale politico ha avuto un risultato immediato nel senso di aver soddisfatto ad una rivendicazione concreta (come è il caso per gli scioperi a carattere economico) ma sempre ha rappresentato un grande passo avanti per il movimento proletario e per le forze progressive.
Tutta la storia moderna dei paesi capitalisti e non solo dell'Italia è il risultato delle lotte delle masse lavoratrici guidate dalla classe operaia.

Le riforme politiche e sociali, i miglioramenti economici, le libertà democratiche, gli stessi diritti più elementari dei lavoratori e del cittadino sono stati conquistati per mezzo di grandi lotte, di scioperi parziali, di scioperi generali, anche se il risultato non seguiva immediatamente all'azione. Basti anche in questo caso un esempio. Il grande sciopero generale del marzo 1944 nell'Italia del Nord occupata dai tedeschi fu un serio colpo inferto ai nazifascisti; tuttavia quello sciopero si concluse senza ottenere il riconoscimento di una sola delle rivendicazioni poste dal movimento.
I Tedeschi vollero ostentare una grande forza negando qualsiasi concessione. In realtà dimostrarono di essere deboli.
Se fossero stati forti, se avessero avuto margini di manovra avrebbero fatte alcune, sia pure piccole concessioni economiche ai lavoratori per togliere il carattere politico al movimento e per indurre gli operai a riprendere il lavoro.

Così oggi un governo veramente forte avrebbe preso almeno qualche misura contro il sorgere del banditismo fascista, avrebbe preso qualche misura per dimostrare che la Costituzione democratica e repubblicana e la vita e la libertà dei cittadini sono difese dallo Stato.

Anche nel marzo 1944 per il fatto che lo sciopero generale durato cinque sei giorni si concluse senza un risultato immediato, in certi strati della popolazione vi fu una certa disillusione e qualcuno parlo di sconfitta. Scrivevamo allora sul n. 5-6 di "Nostra Lotta"', marzo 1944:
«... uno dei difetti venuto alla luce nel corso dello sciopero fu l'opinione abbastanza diffusa tra le masse operaie e la popolazione dei grandi centri industriali che lo sciopero generale aveva carattere insurrezionale, che era giunta l'ora di farla finita con i tedeschi e con i fascisti. Non sempre i compagni hanno sufficientemente reagito a queste "aspettative", non sempre si e fatto un necessario lavoro di chiarificazione. Queste idee sbagliate hanno poi creato una certa delusione in quegli strati di operai che avevano creduto che lo sciopero generale dovesse sboccare nell' insurrezione armata».

Anche allora vi fu chi non avendo saputo valutare giustamente il carattere e i limiti dello sciopero generale fu poi al momento della conclusione della lotta disilluso e parlò di sconfitta.
Un anno dopo, il 25 aprile 1945, i tedeschi e i fascisti furono definitivamente battuti e allora risultò chiaro a tutti il grande valore dello sciopero generale del marzo 1944.

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