sabato 13 aprile 2019

pc 13 aprile - Riscaldamento globale... Una nota per il dibattito

A fasi alterne il riscaldamento globale torna in auge, si fanno manifestazioni, dibattiti, convegni, ma poi tutto è dimenticato e i buoni propositi accantonati. Qualche settimana fa è stata Greta a promuovere il dibattito con le sue azioni clamorose, sfociate in una manifestazione mondiale dei giovani il 15 marzo. Adesso vi è la fase di declino d’interesse per queste problematiche, per questo voglio parlarne, in senso critico, su questo telematico, per individuare il nesso tra globalizzazione e riscaldamento climatico globale. Notizie e informazioni che difficilmente si trovano sugli organi di (dis)informazione di massa.

UN PO’ DI STORIA

La globalizzazione si è affermata alla fine del secolo scorso con la caduta del Muro di Berlino. L’imperialismo mondiale aveva la necessità di espandere su scala globale il proprio sistema produttivo, ora che tutte le barriere erano cadute. Che cosa ha permesso la globalizzazione dei mercati? Molti pensano che siano state le differenze di costo della mano d’opera a stimolare l’espansione del sistema produttivo, ma non è così.

La globalizzazione è stata possibile grazie alla rilevante riduzione dei costi del trasporto per via marittima, dovuta allo sviluppo di nuovi motori navali. A fine anni ottanta del secolo scorso sono diventati operativi sulle navi commerciali dei nuovi propulsori a Ciclo Diesel a due tempi, a bassissimo numero di giri con potenze mai ottenute, finora, con motori a combustione interna: centinaia di migliaia di c.v. per un unico blocco propulsivo. Il vantaggio principale di questi motori, però, era la loro estrema semplicità costruttiva che ha permesso di utilizzare qualsiasi tipo di carburante: questi propulsori erano sprovvisti di distribuzione e funzionavano allo stesso modo dei motorini e degli scooter, ma erano diesel. In definitiva funzionavano con gli scarti della raffinazione dei carburanti, dal costo quasi nullo! Infine la messa a punto del trasporto intermodale dei container, ha permesso di scaricare facilmente le merci da un punto all’altro del Pianeta a costi irrisori.

Sono state queste innovazioni che hanno permesso la delocalizzazione delle attività produttive e non le differenze salariali che sono sempre esistite: è convenuto pescare del merluzzo in Scandinavia, farlo lavorare in Asia, dove il lavoro costava pochissimo, e importare il prodotto lavorato, grazie al costo di trasporto irrisorio. Lo stesso discorso è valso per tutte le altre merci. Non solo, il basso costo delle derrate alimentari è servito da strumento di assoggettamento dei popoli, attraverso la distruzione delle agricolture locali che permettevano la sussistenza delle popolazioni indigene, giacché conveniva comprare grano e altre derrate alimentari piuttosto che produrle in loco. Anche la centralità della Cina, dell’India e dell’Asia in genere è dovuta allo sviluppo del commercio navale, possibile grazie alle innovazioni sopra descritte.

Nell’arco di qualche decennio si è giunti ai nostri tempi con la globalizzazione pienamente affermata, dove l’intero Pianeta è diventato, un unico sistema produttivo e ogni prodotto finito è fatto di materie prime che hanno compiuto anche più volte il giro del mondo. Si pensa che, allo stato attuale, ogni nazione abbia, al massimo, il 10% di autonomia produttiva, per il resto dipende dall’esterno. In queste condizioni è facile affamare un popolo con l’embargo, il Venezuela insegna.

DA COSA DIPENDE IL RISCALDAMENTO GLOBALE

Torniamo adesso al tema centrale di questo mio intervento il riscaldamento globale. Premesso che il nesso tra concentrazione di gas serra e innalzamento della temperatura globale è certo, bisogna comprendere perché ciò stia avvenendo con un ritmo sempre più sostenuto. Le borghesie mondiali puntano sempre più il dito sulle automobili inquinanti, vogliono cavalcare l’onda emotiva per risolvere la crisi automobilistica per imporre le auto elettriche, istallare qualche pannello solare e tutto torna a posto. Ma non è così, vediamo il perché.

  • L’INQUINAMENTO DELLE NAVI. Molti studiosi sostengono che venti navi portacontainer inquinano come tutte le auto circolanti al mondo, per via del pessimo carburante usato. Ogni anno, però, solcano i mari circa 60.000 navi di questo tipo, qual è allora il livello d’inquinamento prodotto? Difficile pensarlo. Perché in nessun incontro internazionale sui cambiamenti climatici non si pongono queste problematiche? Domanda retorica, si metterebbe in discussione il sistema, ma basterebbe fare una moratoria dell’uso dei carburanti bituminosi nelle navi portacontainer  per ridurre drasticamente  l’inquinamento globale! In questo modo, però, il trasferimento delle merci non sarebbe più conveniente e tutta la globalizzazione crollerebbe.

Il trasporto navale delle merci, però svolge altre funzioni: ogni anno, inspiegabilmente, circa 120 navi piene zeppe di container affondano con tutto l’equipaggio, nessuno conosce il contenuto dei “contenitori”; un modo elegante di smaltire i rifiuti tossici? Chi ha indagato è stato “elegantemente” neutralizzato, è la legge della (dis)informazione globale! Oppure queste navi riportano nei paesi dove hanno prelevato materie prime, rifiuti elettronici di ogni genere, sotto forma di “aiuti”. Non c’è che dire, un bel servizio! Questo immenso spostamento di navi comporta altri gravissimi problemi ecologici: quando le navi sono vuote pompano grandissime quantità di acqua di mare per essere stabilizzate, con tutte le specie ittiche in essa presenti; specie ittiche trasferite in altri porti con immensi squilibri ambientali. Infine il rumore assordante dei motori navali provoca continui spiaggiamenti di balene e cetacei, con conseguenze ecologiche facilmente immaginabili.

  • LA PRODUZIONE DI CIBO. Ebbene, questa è l’attività umana che ha il maggior impatto sul riscaldamento globale, sia direttamente che indirettamente. Chiaramente mi riferisco alla produzione di cibo così com’è attuata nel mondo globalizzato, finalizzata principalmente al profitto delle imprese del settore.

Sono due, in particolare, le attività che maggiormente incidono sull’ambiente: i concimi azotati di sintesi e l’allevamento intensivo degli animali. La sintesi dei concimi azotati richiede immense quantità di energia, mentre i grandi allevamenti di bestiame inquinano  come delle metropoli!

  • LA RIDUZIONE DELLE CAPACITA’ OMEOSTATICHE DEL PIANETA. È un aspetto mai considerato nei dibattiti sul tema: il problema non è tanto l’aumento dell’anidride carbonica globale, ma la riduzione della capacità di assorbimento di essa da parte del suolo e dei mari! La Terra nelle ere geologiche ha avuto picchi di anidride carbonica ben maggiori dell’attuale, ma i meccanismi regolatori non erano intaccati e l’equilibrio veniva facilmente ristabilito; allo stato attuale, Invece la cementificazione selvaggia, la riduzione della sostanza organica dei suoli coltivati e l’inquinamento marino dovrebbe preoccupare di più della produzione dei gas serra, invece questi aspetti vengono completamente ignorati.

CONCLUSIONI

Innanzitutto sfatiamo un mito: gli sconvolgimenti climatici non potranno mai  distruggere la vita sulla Terra, ma provocare fame, morte e sofferenza di milioni, forse miliardi di poveri cristi sacrificati sull’altare del profitto. I porconi troveranno sempre un posto sulla Terra dove stare. Allora bisogna prendere coscienza delle vere cause degli sconvolgimenti ambientali, dovuti al sistema produttivo finalizzato al profitto generato dal lavoro salariato. Non c’è soluzione, bisogna rovesciare lo stato delle cose esistenti, punto....

Pietro Demarco - da operaicontro

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