ORA E SEMPRE MORTE ALLA FAMIGLIA BORGHESE
MORTE AL SISTEMA E AI GOVERNI DEL CAPITALE!
Malgrado l’aumento esponenziale dei femminicidi e della violenza sulle donne in tutto il mondo, consumatisi nella maggior parte dei casi proprio in ambito familiare, così come accade anche in Italia, dal 29 al 31 marzo scorso, a Verona, le forze più oscurantiste e reazionarie della borghesia imperialista italiana e internazionale, grazie al pieno appoggio delle istituzioni italiane,hanno organizzato il congresso mondiale in difesa della famiglia tradizionale. Il fine è stato quello dell’elaborazione a tavolino di una strategia politica comune per affermare la famiglia “naturale” come “la sola unità stabile e basilare della società”.
Lo slogan della manifestazione, tenutasi guarda caso in vista delle elezioni europee, era: “Il vento del
cambiamento: l’Europa e il movimento globale profamily”.
Tra i clerico-fascisti che hanno organizzato tale manifestazione, oltre a Tony Brandi di ProVita, Massimo Gandolfini di “Difendiamo i nostri figli”, vi è stato anche Brian Brown, amico di Donald Trump e presidente dell’organizzazione internazionale per la famiglia. Inoltre, erano presenti la ministra ungherese della famiglia Katalin Novak, il segretario francese del Rassemblement National Nicolas Bay; poi, Maximilian Krah del partito tedesco Afd, l’arciprete ortodosso russo Dimitri Smirnov,l’imprenditore russo Alexei Komonov, il parlamentare della duma Viktor Zubarev e Ignacio Arsuaga, fondatore e presidente di CitizenGo.
A questi si sono aggiunti i movimenti e comitati prolife nostrani unitamente agli integralisti cattolici, gli omofobi, Alleanza cattolica e i Giuristi per la vita,i parlamentari della Lega, di Forza Italia, di Fratelli d’Italia, del M5S, oltreché amministratori locali, ministri, leader religiosi, imprenditori. E dulcis in fundo, i leghisti fascio-razzisti-sessisti Salvini, Fontana, Pillon, e il movimento ultracattolico Militia Christi, legato a FN, e i nazifascisti di CasaPound e FN.
Tra i relatori del congresso vi è stato anche l’americano Brian Brown, che dopo avere urlato alla platea : “Alziamoci in piedi, battiamoci per la famiglia,noi siamo qui per dirvi che non siete soli”, con fare altrettanto esaltato ha sostenuto che “i prolife e i pro family sono come dei “soldati morali che devono combattere una guerra contro i nemici della famiglia “naturale”, e che perciò le famiglie di tutte le culture devono unirsi e portare avanti questa guerra.
Ma uno di quelli che, come fanno rilevare i giornali, ha fatto maggiormente discutere è stato Ignacio Arsuaga, fondatore e presidente di CitizenGo associazione spagnola di estremisti prolife, presente in 50 paesi del mondo,compreso l’Italia; organizzazione avversa ai matrimoni gay, all’aborto, considerato un assassinio e un genocidio di stato, e alla teoria del gender.
La stampa riporta che Arsuaga abbia affermato che : “I nemici della famiglia sono dappertutto, nelle istituzioni, nelle strutture di potere. Controllano la stampa, i partiti di sinistra, ma anche i partiti di destra, le fondazioni, gestiscono anche molte organizzazioni internazionali, multilaterali come le Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa, L’unione europea”.
Inoltre ha aggiunto che i nemici della famiglia sono gli eredi di Antonio Gramsci, nonché le femministe radicali, l’aborto, i teorici del gender e finanche i liberali che impedirebbero ai provita di avere un ruolo pubblico nella società.
Infine Arsuaga ha prospettato il piano ideologico, politico e pratico articolato su cinque punti, per condurre una battaglia che, a suo dire, “nei prossimi anni potrebbe ribaltare il tavolo” : 1) ogni organizzazione deve lavorare non solo nella propria nazione, ma anche a livello globale; 2)fare rete proprio come è avvenuto al Congresso della famiglia; 3) avere una strategia per le proprie campagne; 4) non rispettare i canoni del politicamente corretto; 5) provare a rompere il sistema, senza distruggerlo.
In sintesi, questa feccia dell’umanità insieme all’altra feccia che ha pilotato il congresso, vorrebbe prendere il potere, dice attraverso le elezioni, entrando nei partiti e nelle istituzioni (come se già non vi fosse), o influenzando e controllando direttamente il potere e chi lo gestisce (come se già non lo facesse), al fine di cambiare in peggio il sistema, rendendolo ancora più fascista, misogino e barbaro. In pratica preme per un’ulteriore accelerazione verso un regime totalitario e di moderno medioevo per le donne.
A rafforzare le tesi di Arsuaga è intervenuto Tony Brandi, mostrando finanche un libricino che riportava tutta una serie di aberranti e spudorate menzogne sulla famiglia tradizionale, smentite dai fatti quotidiani e di cronaca: “Gli indicatori di benessere sono correlati alla famiglia, da questi studi risulta che nelle famiglie tradizionali ci sono meno violenze contro i bambini, migliori indicatori di salute, meno problemi psicologici, meno disoccupazione, meno consumo di alcool e di droga, meno criminalità…”.
A questo punto, viene da sé chiedergli : “ma su quale pineta hai vissuto finora?”. Le famiglie del “Mulino Bianco” esistono solo in tv! La verità, come spesso è stata costretta a scrivere anche la stampa, è che in Italia, LA FAMIGLIA UCCIDE PIU’ DELLA MAFIA!!! Il 72% dei femminicdi e della violenza sulle donne si consuma nel tanto osannato “focolare domestico tradizionale”, dove mariti, compagni, fidanzati, ex, fanno scempio delle donne e spesso uccidono anche i propri figli.
Altresì, riguardo ai problemi psicologici, Brandi finge di non sapere che è proprio nelle famiglie considerate “naturali”, a cominciare da quelle proletarie, quelle più povere,che la gente va sempre più fuori di testa, e che la maggioranza delle donne, grazie al doppio sfruttamento e alla doppia oppressione, soffre di depressione oltreché di tutta una serie di patologie correlate, che ne devastano la vita. Per non parlare dell’alcool e della droga, il cui consumo e spaccio divengono sempre più la normalità in un numero sempre più crescente di famiglie tradizionali. E della criminalità, che dire? Violentare, massacrare di botte o uccidere la propria consorte, compagna, fidanzata, e spesso anche i propri figli, non è forse un crimine? E poi, è risaputo che le carceri sono affollate di gente proveniente da famiglie “naturali”e di certo non gay.
Infine, sulla disoccupazione, è noto che essa investe la maggioranza delle famiglie, soprattutto quelle proletarie, costrette ad una esistenza sempre più misera e avvilente. E si potrebbe continuare all’infinito….
A plaudire alle deliranti dichiarazioni di Brandi e dei vari relatori, non poteva naturalmente mancare il ministro dell’interno Salvini, il “nuovo duce”, l’altra melma, che ha rincarato la dose sostenendo addirittura che “la crisi più grande per l’Italia sono le culle vuote”, esortando ancora una volta le donne italiane a fare da incubatrici, a sfornare più figli, in concorrenza con le immigrate, in nome del bisogno della nazione e della razza, proprio come fece Mussolini.
Del resto,il fatto che questo convegno si sia tenuto in Italia e, guarda caso, proprio a Verona, con il sostegno di governo,Comune,Provincia e Regione, non è stato di certo causale. I feroci attacchi sferrati all’insieme dei diritti delle donne,a cominciare dall’aborto, da parte del governo NERO Lega-M5S, e soprattutto da Salvini, nonché dal ministro leghista della famiglia e da Pillon, oltreché dalla Chiesa, hanno fatto del nostro Paese il luogo “ideale” da cui rilanciare una più forte campagna di santificazione della cosiddetta ”famiglia naturale” e del ruolo riproduttivo e subalterno delle donne, in nome della salvaguardia del sistema, di cui la famiglia costituisce la “cellula base”.
Il perché la famiglia, la sua unità e stabilità siano sempre stati così importanti per la società capitalistica e la borghesia, soprattutto in tempi di crisi, non è affatto un mistero. Il capitalismo attraverso la famiglia si assicura la riproduzione di forza lavoro, di manovalanza a basso costo e del cosiddetto esercito di riserva. Riproduzione non solo della specie, ma anche di tutta una serie di bisogni della vita materiale e spirituale. Bisogni che vuol dire: consumo; il consumo necessario all’economia capitalistica.
Inoltre, l’istituzione familiare funge anche da ammortizzatore sociale; in effetti è su di essa ed essenzialmente sulla donna, schiava del focolare domestico, che lo stato scarica l’onere dei servizi sociali: sanità, assistenza, infanzia etc., oltreché le frustrazioni, soprattutto degli uomini proletari, abbrutiti sempre più dalla condizione sociale in cui questo sistema di sfruttamento e miseria li relega. L’enorme aumento, in famiglia, della violenza sulle donne e dei femminicidi, ne sono ampia conferma.
In più la famiglia ha il compito fondamentale di tramandare e perpetuare le idee, i valori e i costumi della borghesia, della classe dominante. Valori che, come si diceva prima, inchiodano le donne alla subalternità, alla schiavitù familiare e sociale.
A tal proposito, K.Marx e F. Engels - supportati dalle decennali ricerche e dalle scoperte dell’etnologo e antropologo statunitense Morgan- ci hanno svelato come non sia vero che l’istituzione familiare sia sempre esistita, ma che essa nasce, si sviluppa e si trasforma storicamente in base agli sviluppi e alle trasformazioni sociali. Nella sostanza, essa è il riflesso della base economica di una determinata epoca storica.
In particolare Engels, nell’Origine della famiglia, della proprietà e dello stato, ci insegna che la famiglia borghese è un caposaldo del sistema capitalistico, l’unità economica della società capitalistica. E come in tutte le società divise in classi il matrimonio è di classe e di convenienza; esso è legato alle condizioni di classe degli interessati, un matrimonio una unione in cui, sostanzialmente, prevalgono gli interessi economici della coppia e della famiglia di provenienza.
Egli ci spiega anche come la schiavitù e l’oppressione della donna nella famiglia e nella società non siano esistite sempre, ma che esse coincidono con l’avvento della famiglia moderna - fondata sul matrimonio monogamico- e che la schiavitù domestica della donna, nasce e si sviluppa con l’avvento della proprietà privata e della divisioni in classi della società. Mentre la storia primitiva è stata caratterizzata dalla famiglia di gruppo e di coppia e da un’amministrazione domestica comunista.
Engels inoltre aggiunge che : “L’origine della monogamia, così come possiamo seguirla nel popolo più civile e di più alto sviluppo dell’antichità, non fu, in alcun modo, un frutto dell’amore sessuale individuale, col quale non aveva assolutamente nulla a che vedere, giacché i matrimoni, dopo come prima, rimasero matrimoni di convenienza. Fu la prima forma di famiglia che non fosse fondata su condizioni naturali, ma economiche,precisamente sulla vittoria della proprietà privata sulla originaria e spontanea proprietà comune. La dominazione dell’uomo nella famiglia e la procreazione di figli incontestabilmente suoi destinati ad ereditare le sue ricchezze: ecco quali furono i soli ed esclusivi fini del matrimonio monogamico”.
In seguito, lo stesso sottolinea quanto segue: “La monogamia non appare in nessun modo, nella storia, come la riconciliazione di uomo e donna, e tanto meno come la forma più elevata di questa riconciliazione. Al contrario, essa appare come soggiogamento di un sesso da parte dell’altro, come proclamazione di un conflitto tra i sessi sin qui sconosciuto in tutta la preistoria. In un vecchio manoscritto inedito, elaborato da Marx e da me nel 1846, trovo scritto: “La prima divisione del lavoro è quella tra l’uomo e la donna per la procreazione dei figli”. Ed oggi posso aggiungere: il primo contrasto di classe che compare nella storia coincide con lo sviluppo dell’antagonismo tra uomo e donna nel matrimonio monogamico, e la prima oppressione di classe coincide con quella del sesso femminile da parte di quello maschile”. “La moderna famiglia singola è fondata sulla schiavitù domestica della donna, aperta o mascherata, e la società moderna è una massa composta nella sua struttura molecolare da un complesso di famiglie singole. …Nella famiglia l’uomo è il borghese, la donna rappresenta il proletario”.
Il tema della famiglia, pertanto, non è affatto una questione neutrale, al di sopra delle classi e delle parti. Nella società capitalistica la famiglia, ripetiamo,cellula base del sistema, è divenuta via via negli anni sempre più strumento e puntello dello sfruttamento,controllo e oppressione delle masse femminili.
In tal senso, è bene ricordare che, in Italia, fin dai tempi del fascismo di Mussolini, l’istituzione familiare è stata posta al centro della politica sociale, inchiodando le donne all’esclusivo ruolo di incubatrice-madre-casalinga-moglie- serva del focolare domestico e della società, esaltando il ruolo della maternità in funzione nazionalista ( fare i figli per la patria).
Ricordiamo pure che, al fine di incrementare le nascite, Mussolini, oltre ad elargire i famosi premi di natalità, vietò per legge l’aborto e l’uso degli anticoncezionali. Inoltre, durante il fascismo, la donna poteva essere licenziata qualora si sposasse o rimanesse incinta, e non aveva accesso a tutte le professioni, alla carriera e alla parità salariale e previdenziale. Altresì, negli uffici pubblici il personale femminile non poteva superare il 10% di quello complessivo. Anche all’intero della famiglia la donna non aveva pari diritti nemmeno riguardo all’educazione dei figli.
Per non parlare, infine, della mostruosa legge sul “delitto d’onore”, che condannava a pene ultra irrisorie (da 3 a 7 anni) chi uccidesse la propria moglie o sorella, considerate libertine o fedifraghe, che mostra la cruda e orrenda realtà subita dalle donne negli anni, in nome della “sacra famiglia” e della sua funzione economica e sociale nel barbaro sistema del capitale.
Ma non possiamo neppure dimenticare che questo moderno medioevo fu ripreso e portato avanti nella famosa era berlusconiana, iniziata negli anni ’90 e durata quasi un ventennio, in cui cominciò la marcia verso un moderno fascismo, che riportò indietro di cinquant’anni le masse femminili.
La restaurazione del trinomio mussoliniano dio-patria-famiglia, l’istituzione del ministero della famiglia e la politica economico-sociale- culturale messa in atto da Berlusconi e dal suo governo MODERNO FASCISTA FI-Lega Nord-AN, di estremo attacco alle condizioni delle donne (a partire dall’attacco all’aborto, al divorzio, al diritto di famiglia; mediante i licenziamenti facili da parte dei padroni, la precarietà permanente, il sottosalario, la disoccupazione, i tagli persistenti ai servizi sociali e la spinta a restare o a tornare a casa, per occuparsi esclusivamente della “sacra famiglia”; con appelli e incentivi a fare più figli etc.) rimisero in discussione l’emancipazione delle donne e i diritti dalle stesse conquistati con lunghi e duri anni di lotta, a partire dalla gloriosa Resistenza, di cui furono protagoniste decine di migliaia di donne.
La cosa altrettanto grave è che tale processo reazionario non sia stato affatto contrastato dalla “sinistra” istituzionale, anzi, esso è stato favorito e pienamente sostenuto anche dai governi di centrosinistra che si sono succeduti, i quali hanno rilanciato la “centralità della famiglia” e le conseguenti politiche misogine, partecipando e supportando finanche le campagne oscurantiste, clerico-fasciste lanciate dalla Chiesa periodicamente.
Non v’è dubbio che oggi, il moderno fascismo venga incarnato ed accelerato ancor più da Salvini-Di Maio, dall’ennesimo governo fascio-razzista-sessista del capitale, che sta di fatto peggiorando massimamente l’esistenza, la vita delle donne in ogni ambito.
Alla luce di ciò e di tutto quanto sopra, non si può che ribadire che non potrà mai esservi alcuna reale liberazione delle donne, senza rivoluzione,senza che vengano meno le basi economico-politico-sociali-culturali su cui si fonda e poggia la subalternità delle donne; senza che i governi del capitale, come pure quello Lega-M5S, e il sistema, che è alla base della barbarie verso le donne, siano rovesciati e spazzati via. Perché come la storia ha inconfutabilmente dimostrato,l’oppressione e la schiavitù delle donne non è assolutamente risolvibile all’interno di questo sistema capitalistico, di questa società borghese che ne è la causa fondamentale.
Pertanto, la vera soluzione dell’oppressione delle donne non può essere affatto data dalle “ricette” propinate dalla borghesia “illuminata” e dalle femministe borghesi e piccolo borghesi, come la parità giuridica (solo sulla carta) tra donne e uomini, oppure una maggiore partecipazione “democratica” delle donne alla vita politica (quote rosa) e sociale, o ancora, l’educazione dei maschi al rispetto delle donne etc. .
La concezione marxista, materialistico-dialettica (che ha scoperto l’origine, le vere cause materiali e storiche dell’oppressione delle donne nella società capitalistica, che di certo non stanno “nell’egoismo innato” dei maschi, che avrebbe portato al “patriarcato”, come sostiene essenzialmente il femminismo idealista e reazionario, borghese e piccolo borghese), come abbiamo detto prima, ha svelato che la sottomissione e la servitù delle donne nasce nel corso dello sviluppo delle forze produttive che ad un dato livello comporta il passaggio dal comunismo primitivo alla società classista.
Infatti, è con lo sviluppo della produzione e dei mezzi di produzione, concentrati in mano all’uomo, non solo poiché più forte fisicamente, ma soprattutto perché non dedito direttamente alla maternità e alla cura dei figli, che il lavoro domestico perde la sua grande importanza, e la posizione sociale della donna - precedentemente tenuta in altissima considerazione, tanto che si parla di matriarcato- subisce un cambiamento radicale. “La stessa causa che un tempo, aveva assicurato alla donna l’autorità nella famiglia, cioè la sua occupazione esclusiva ai lavori inerenti all’economia domestica, assicurava ora la prevalenza dell’uomo…”
In seguito, con l’avvento e lo sviluppo della società capitalistica si è avuto l’inserimento anche delle donne nella produzione, a cominciare dalle fabbriche. Ma questo, se da un lato ha rappresentato e rappresenta un progresso, un elemento di emancipazione per l’altra metà del cielo, rispetto alle società classiste precapitalistiche, nello stesso tempo, però, raffigura un ulteriore aspetto dell’oppressione femminile, mediante lo sfruttamento anche da parte del capitale, dei padroni.
E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che, nel sistema attuale, la donna subisca un doppio sfruttamento, oltreché una tripla oppressione: in famiglia, sul lavoro, nella società.
Questo fa sì che la battaglia per la liberazione delle donne, sebbene sia parte integrante della battaglia più generale contro il capitalismo, non può assolutamente essere considerata un’appendice della lotta di classe. Essa è e deve essere una “rivoluzione nella rivoluzione”, e perciò,non solo economico-politica, bensì contemporaneamente anche ideologica-culturale-sociale, affinché la cultura e la pratica maschilista abbiano fine.
Già la lotta dirompente del movimento femminista sviluppatosi nel 1968 e soprattutto negli anni ’70 (sulla scia della Grande Rivoluzione Culturale cinese) che fu il primo momento di feroce critica storica alla famiglia e alla società capitalistica, mostrò la coscienza della necessità delle donne di trasformare l’esistente, il cielo e la terra. Non a caso si trattò di una “rivolta nella rivolta”, che ha visto scendere in piazza milioni di donne che hanno alzato il tiro, andando oltre l’emancipazionismo, la rivendicazione di parità uomo-donna nella sfera economico-sociale-politica, mettendo in discussione la società nel suo complesso, tutte le relazioni sociali, a partire da quelle tra uomini e donne, all’interno e fuori la famiglia.
La lotta delle donne fu talmente lunga, dura ed incisiva che, oltre a dare vita a tutta una serie di conquiste normative e giuridiche che modificarono in maniera profonda anche la vita sociale (1970, legge sul divorzio; 1975, istituzione consultori familiari; 1977, legge parità sul lavoro; 1978, legge sull’aborto; 1981, abolizione del delitto d’onore), fu anche una vera e propria rivoluzione culturale, che investì pure il movimento rivoluzionario e i compagni di lotta.
Attraverso la pratica dell’autocoscienza le femministe affermarono che “il personale è politico” e rifiutarono di essere considerate “gli angeli del ciclostile”, rivendicando il ruolo politico e decisivo delle donne e l’autonomia del movimento e dei vari gruppi femministi costituitisi.
Le compagne portarono avanti una battaglia strenua contro il maschilismo presente pure all’interno delle organizzazioni e dei gruppi comunisti, e contro il meccanicismo m-l che pone in secondo piano la questione femminile e sostiene che la rivoluzione risolve di per sé, automaticamente la questione della contraddizione sessuale e dell’oppressione delle donne, negando la necessità della rivoluzione nella rivoluzione dell’altra metà del cielo, per trasformare da cima a fondo lo stato di cose, per spezzare le doppie catene delle donne e sradicare la cultura dell’oppressione e della violenza contro il genere femminile.
Il maschilismo dei compagni e il meccanicismo m-l contribuirono fortemente all’attecchimento nel movimento delle donne dell’ideologia e prassi del femminismo borghese e piccolo borghese (che sostanzialmente sostiene, mentendo sapendo di mentire, che la differenza sessuale è l’origine della disuguaglianza, sottomissione ed oppressione delle donne, e che, in ultima analisi, l’uomo è oppressore per natura e pertanto, la condizione della donna non potrà mai cambiare, se prima non cambiamo la testa degli uomini, la cultura maschilista. Di qui la lotta principale alla sovrastruttura, alle idee, rifiutando di vedere l’intreccio della lotta di genere con quella di classe e la necessità della rivoluzione, dell’abbattimento del sistema, della base materiale della società che produce la cultura del maschilismo e dell’oppressione in ogni ambito, delle donne), che cercò di cavalcare la tigre e deviare la lotta delle donne verso il riformismo.
Femminismo piccolo borghese, al servizio del capitale, purtroppo ancora presente ed egemone nel movimento delle donne, e attualmente incarnato dalla direzione di NUDM che, malgrado l’avanzare del moderno medioevo, non solo cerca di illudere le masse femminili sulla loro possibile liberazione all’interno di questo stesso sistema - che ne è di fatto il carnefice- ma funge persino da pompiere, come dimostrato pure nelle varie assemblee e manifestazioni nazionali del movimento femminista, compresa quella di Verona della fine dello scorso mese di marzo, come denunciato dalle compagne del MFPR.
Ciò non fa altro che confermare come non basti essere donne per stare tutte dalla stessa parte. Come ha posto in rilievo magistralmente Mariatequi, il primo dirigente del partito comunista peruviano, “nella società classista la classe distingue più del sesso e pertanto, anche le donne, così come gli uomini, sono reazionarie, centriste o rivoluzionarie, e di conseguenza non possono combattere la stessa battaglia”.
Contro l’ideologia, teoria e prassi del femminismo borghese e piccolo borghese,ripetiamo, riformista e reazionaria, l’MFPR, forte del marxismo-leninismo-maoismo, fin dalla propria costituzione, avvenuta nel 1995 in seguito all’avvento del moderno fascismo del governo Berlusconi, ha posto una netta linea di demarcazione, chiamando le donne, le operaie, le lavoratrici, le precarie, le disoccupate,le giovani,le immigrate, ad appoggiare e costruire insieme, con una lotta a 360 gradi, il movimento femminista proletario rivoluzionario, con lo scopo di fare delle donne, soprattutto di quelle proletarie - italiane e immigrate- le più sfruttate e oppresse, forza poderosa della rivoluzione e della rivoluzione nella rivoluzione, per liberare una volta e per sempre l’altra metà del cielo dalla schiavitù familiare, dallo sfruttamento e dall’oppressione in tutte le sue forme sociali.
Il primo e storico SCIOPERO DELLE DONNE organizzato in Italia nel 2013 dal MFPR - che ha visto la partecipazione a livello nazionale di 20 mila donne, tra operaie, lavoratrici del privato e del pubblico impiego, precarie, disoccupate,giovani- e gli altri scioperi delle donne che sono seguiti, compreso quello dell’8 marzo scorso, che hanno visto crescere di volta in volta la partecipazione, dimostrano indiscutibilmente che quando le donne prendono coscienza di sé e di classe, nessuno le può fermare.
Le donne, principalmente quelle proletarie, non hanno proprio nulla da riformare e conservare di questo sistema, ma hanno, invece, le doppie catene da spezzare e un mondo da conquistare!
Un mondo dove non vi sia più sfruttamento dell’uomo sull’uomo, della borghesia sul proletariato, dell’uomo sulla donna. Una società nuova dove la guerra del genere maschile contro quello femminile non esista più; dove i rapporti uomo-donna, così come quelli genitori-figli e interpersonali non siano più basati sull’interesse economico, sull’ereditarietà della proprietà privata, ma sull’amore, quello vero, sulla solidarietà, l’aiuto e il rispetto reciproco. Una società senza omofobia e razzismo, perché l’amore, così come i diritti, non hanno sesso, età, colore, patria.
Pertanto continuiamo a fare appello - ancor più a fronte dell’avanzare del moderno fascismo e del moderno medioevo- perché la scintilla della rivoluzione, che è stata riaccesa nel 2013 dalle lavoratrici-donne del MFPR e dello SLAI Cobas sc, possa essere impugnata e fatta brillare ancora di più dall’intero movimento delle donne, per “incendiare la prateria”, per rovesciare questa società di merda, perché tutta la vita delle donne possa realmente cambiare, altro che riforme!
LOTTARE PER ROVESCIARE IL GOVERNO FASCIO-RAZZISTA-SESSISTA LEGA-M5S
E OGNI ALTRO GOVERNO DEL CAPITALE!
COMBATTERE E LIBERARE IL MOVIMENTO DELLE DONNE
DAL FEMMINISMO RIFORMISTA E PICCOLO BORGHESE!
CONTRO IL MODERNO MEDIOEVO E LA TRIPLA OPPRESSIONE,
DONNE IN LOTTA PER LA RIVOLUZIONE!
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