dal Manifesto di ieri
Tutti i numeri della grande piaga del caporalato
Agricoltura. L’European House Ambrosetti stima circa 80
distretti agricoli gestiti da «caporali» con oltre 400 mila operai coinvolti
(l’80% stranieri), a 25 - 30 euro per12 ore di lavoro
Presente nell’edilizia e nei trasporti, nella logistica e
nei servizi di cura, l’intermediazione illegale di manodopera si è radicata con
particolare virulenza e pervasività nelle attività agroalimentari
caratterizzate da rapporti di lavoro di breve durata in luoghi isolati dai
centri abitati, in grado di sfuggire ai controlli.
Il documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sul
fenomeno del «caporalato» in agricoltura condotta dalle Commissioni Riunite
Lavoro e Agricoltura della Camera dei Deputati (Doc. XVII, n.9) sottolinea la
gravità di un fenomeno parte integrante della rete criminale delle agromafie e
l’urgenza di una più decisa azione di contrasto e di prevenzione. pdf qui
Pressati dalla concorrenza internazionale e dall’incertezza delle «aste a doppio ribasso», per rendersi più competitive e accrescere i profitti, anziché puntare sull’innovazione tecnologica,
numerose aziende agricole hanno preferito comprimere al massimo i costi del lavoro attraverso il ricorso a forme criminose di reclutamento e organizzazione della manodopera.Lo sfruttamento lavorativo avviene su persone in stato di
bisogno costrette ad accettare condizioni di vita degradanti che il Covid
ha peggiorato. I trattamenti vessatori e umilianti ai quali sono sottoposte
provocano completa dipendenza dai caporali: una vera e propria servitù, fino a
casi di schiavitù per i provenienti da operazioni di tratta di esseri umani.
La normativa vigente offre importanti strumenti di contrasto. Il Parlamento ha in gran parte rispettato le convenzioni internazionali sui diritti umani e le Direttive europee che obbligano gli Stati a legiferare contro il commercio di esseri umani e le varie forme di coercizione lavorativa.
Le modifiche apportate al Codice Penale nel 2016 dalla legge
199, con l’ampliamento degli strumenti investigativi, l’aggravamento delle pene
per i caporali, le sanzioni a carico dei datori di lavoro coinvolti e le
confische in caso condanna (art. 603 bis) sono risultati efficaci anche se non
risolutive. Hanno consentito di moltiplicare gli accessi ispettivi (5.806 nel
2019) e le sospensioni di attività imprenditoriali illecite.
Dai dati sulle operazione di polizia giudiziaria svolte dal
Comando dei Carabinieri per la Tutela del Lavoro emerge come nel 2019 siano
state denunciate 324 persone, di cui 99 in stato di arresto, con 1488
lavoratori coinvolti, di cui 751 in nero. Ma andrebbe meglio se si attivassero
apposite task force con l’ausilio di droni.
Gli esiti della politica di prevenzione sono deludenti. Si
registra il persistere di una tipologia di tratta finalizzata alla cattura di
operai da impiegare forzatamente nelle filiere agroalimentari e il diffondersi
del caporalato in quasi tutto il territorio nazionale con il sistematico
sfruttamento di migranti extracomunitari privi di permesso di soggiorno, e la
sempre più frequente presenza di criminalità organizzata.
L’European House Ambrosetti stima in almeno 80 i distretti
agricoli gestiti da “caporali” con oltre 400 mila operai coinvolti (l’80%
stranieri), pagati 25 – 30 euro al giorno per 12 ore di lavoro.
La «Rete di lavoro agricolo di qualità» non ha avuto il
successo sperato. Istituita sin dal 2014 presso l’Inps, valorizza le aziende
che impiegano manodopera con modalità trasparenti e conformi alle leggi sul
lavoro sottraendole alla vigilanza ispettiva. Alla fine di gennaio 2021 però
gli iscritti alla Rete erano appena 4506 su un potenziale di 120 mila aziende e
oltre 200 mila coltivatori.
Il suo rilancio richiederebbe di aprire le «Sezioni
territoriali della Rete» in grado di assicurare ai lavoratori adeguati servizi
alloggiativi e di trasporto e offrire sedi di incontro tra domanda e offerta di
lavoro favorendo l’emersione di «lavoro nero» e «lavoro grigio» alla base delle
pratiche commerciali sleali vietate dalla Direttiva Europea 633 del 2019.
Resta cruciale il ruolo etico dei consumatori che dovrebbero
preferire i prodotti delle imprese virtuose aderenti alla Rete che operano in
regime di legalità richiedendo alle catene di distribuzione commerciale di
indicare nelle etichette il prezzo di origine pagato al produttore per
evidenziare il peso delle successive intermediazioni.
Il Governo punta sulle «azioni prioritarie» che il Piano
Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al
caporalato (2020-22) prevede per le aree più critiche. Ma il vero deterrente
potrebbe rivelarsi l’introduzione della «Clausola sociale di condizionalità»
nella nuova disciplina della Politica Agricola Comunitaria (Pac). Prevista in
un emendamento approvato dal Parlamento europeo il 23 ottobre 2020: la clausola
stabilisce che i sostanziosi contributi europei possano essere concessi e
mantenuti solo ad aziende in linea con i contratti collettivi di lavoro e la
normativa nazionale ed europea.
È da augurarsi che l’intreccio di interventi pubblici e
comportamenti individuali sensibili al rispetto dei diritti umani e della
dignità della persona sia proficuo, in grado di incidere profondamente su una
piaga sociale inaccettabile per una comunità civile.
* Alessandro Monti Ordinario di Teoria e politica dello
sviluppo, Camerino
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