sabato 24 luglio 2021

pc 24 luglio - L’Italia supporta l’esercito e la polizia della Somalia, accusati dall’Onu di aver commesso gravissime violazioni dei diritti umani

Il ministro italiano della difesa Lorenzo Guerini in visita in Somalia

Nell’ex colonia sono presenti oltre settecento militari italiani, nell’ambito di alcune missioni. Tre di queste sono missioni dell’Unione Europea: Eutm Somalia, con lo scopo di formare i soldati di Mogadiscio, comandata da un generale italiano con circa 150 soldati italiani e con un costo annuo di circa 14 milioni di euro; EuAtalanta che combatte la pirateria nelle acque antistanti il paese africano con oltre quattrocento marinai, due navi e due aerei, e con un costo nel 2020 di 27 milioni di euro; Eucap Somalia, per il rafforzamento della sicurezza marittima, che schiera 15 connazionali con un costo di mezzo milione di euro.

Ci sono poi le altre missioni: la missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e

gibutiane (Miadit), operata da una cinquantina di carabinieri con un costo di 2,5 milioni di euro, che ha formato quasi duemila poliziotti. I migliori tra questi vengono inviati al Center of excellence for stability police units (Coespu) di Vicenza, dove vengono formati per diventare a loro volta addestratori.

C’è poi la base di Gibuti, l’unica fuori dal territorio nazionale, realizzata nel 2012 con un costo di 24 milioni di euro. La base, che svolge da centro logistico per le predette missioni, si affaccia sullo strategico stretto di Bab el Mandeb, tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano.

Con un costo complessivo nel 2020 per l’Italia, di oltre 50 milioni di euro.

Il nostro paese ha speso, nel tempo, per sostenere le forze di sicurezza somale, alcune  centinaia di milioni di euro, mentre alla cooperazione sono andate cifre ben più magre. La Farnesina ha anche finanziato la polizia somala mediante la ristrutturazione dell’Accademia e la fornitura di veicoli.

Con un paese che è ricco solo di armi, abbiamo stipulato anche un Accordo di cooperazione militare (ratificato dal parlamento con la legge 19.4.2016, n.64) per favorire l’export dell’industria della difesa “made in Italy”. L’Accordo prevede anche, “l’approvvigionamento di apparecchiature militari rientranti nell’ambito di programmi comuni e produzione, ordinate da una delle parti, conformemente alle rispettive leggi nazionali in materia di importazione ed esportazione di materiali militari, e il supporto alle industrie di difesa e agli enti governativi al fine di avviare la cooperazione nel campo della produzione dei materiali militari”.

Il Movimento 5 Stelle, allora all’opposizione, votò contro la ratifica, in particolare fino a quando “non verranno fornite le necessarie e irrinunciabili garanzie del rispetto dei diritti umani, con particolare riferimento soprattutto al fenomeno dei bambini soldato”.

Da quando il M5S è al governo, invece, non si è più opposto a tale accordo e alle missioni militari in quel paese. A differenza delle esportazioni di armi, regolamentate dalla legge 185 del 1990, non è previsto alcun rapporto al parlamento sulle attività svolte in base al predetto Accordo di cooperazione e, quindi, non è possibile sapere ufficialmente se e quali armamenti sono stati forniti alla Somalia.

Tali armi e munizioni rischierebbero, oltretutto, di essere utilizzate per distruggere quanto realizzato con i fondi italiani della cooperazione allo sviluppo, di cui la Somalia è uno dei principali beneficiari.

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