Il terribile disastro ambientale che ha colpito la Germania
con circa 150 morti (in Belgio circa 30) e attualmente migliaia di dispersi e
la distruzione di interi villaggi riporta con forza al centro dell’attenzione
di tutti la discussione sulla forza distruttiva per l’intera umanità e il suo
ambiente di questo sistema sociale.
Cercare il colpevole di tutto questo tra le “lobby” come fa l’articolo
che in parte riportiamo sotto, o nei "cambiamenti climatici" come fanno tutti i politici, vuol dire spostare l’attenzione della cosiddetta
opinione pubblica verso un obbiettivo errato, significa dare ad intendere che c’è
qualcuno più o meno cattivo che ostacolerebbe un capitalismo “normale” che al
massimo avrebbe bisogno di qualche rattoppo, di qualche altra “riforma”.
In genere non si dice perché sembra ridicolo: “Ve l’avevamo
detto”! una frase che si alza come un coro gigantesco da tutte le parti del
mondo, innanzi tutto da parte delle masse popolari che di questi disastri sono
le prime a farne le spese, e poi da parte di migliaia di organizzazioni,
perfino a livello istituzionale come quelle dell’Onu! Ma “ridicolo” è il modo
in cui si comportano i rappresentanti di questo sistema sociale, davanti ai disastri
oramai secolari che non può fermare la catastrofe, nonostante tutte le chiacchiere,
i convegni, gli “studi”, le promesse (come quelle che si faranno al prossimo
G20 di Napoli!), perché il loro obbiettivo sono i profitti, un obbiettivo da
perseguire ad ogni costo, appunto: disastri e guerre. Le vite umane sono considerate
effetti collaterali.
La domanda alla “fine” di ogni “disastro” sembra sempre la
stessa: perché?
La risposta in questo caso è la seguente: c’è il
riscaldamento globale e bisogna abbassare il livello di inquinamento che lo
produce prima possibile; l’Unione europea, per esempio ha finalmente deciso un “piano
verde” sulle emissioni di gas serra, ma c’è qualcuno che si oppone come le
lobby… tra le quali in questo caso ci sarebbero “i produttori tedeschi di
automobili” e la Lufthansa… come la Exxon negli Stati Uniti ecc. ecc.
Ma le “lobby”, oramai lo sanno anche i bambini, sono la corruzione
istituzionalizzata e regolamentata, persone o gruppi che “spingono” deputati e
senatori a fare o ritirare una certa legge che ostacola il normale cammino dell’accumulazione
dei profitti.
La risposta non è mai quella più semplice e vera, e cioè che questo sistema sociale, che si chiama capitalismo-imperialismo, fondato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, per la ricerca dei profitti e la sopravvivenza di una classe, la borghesia, a scapito di un’altra, il proletariato, e a scapito della terra stessa, ha fatto il suo tempo oramai da qualche centinaio di anni ed è ora di rovesciarlo.
***
Clima, le lobby che lottano contro il piano verde dell’Ue
sulle emissioni: dalle auto agli aerei al cemento: “Misure
anti-innovazione”
Mentre la Germania è colpita da eventi atmosferici estremi, proprio i produttori tedeschi di
automobili (tranne Volkswagen) guidano la lotta contro "Fit for 55", il pacchetto con cui Bruxelles mira ad abbattere le emissioni entro il 2030. Protesta anche Lufthansa, Iata parla di "autogol". Ma proprio la Corte costituzionale federale - ricorda Greenpeace - ha bocciato la legislazione di Berlino che non tutela "i diritti delle nuove generazioni"Alluvione Germania e Belgio, almeno 118 vittime e oltre mille dispersi: ‘Ruscelli diventati fiumi in piena’. Seehofer: ‘Colpa della crisi climatica’
Germania, il paese simbolo della manutenzione del paesaggio
è vittima dei cambiamenti climatici: ecco perché accade
Alluvioni in Germania e Belgio, von der Leyen: “La
scienza ci dice che serve un’azione urgente contro il cambiamento climatico”
Alluvione in Germania, l’impressionante ripresa aerea sul
fiume Inde: “Deviato nel 2005 per la miniera. Oggi si è ripreso il suo corso”
Nuova frenata di Cingolani sulla transizione energetica:
questa volta va contro l’elettrico per le supercar. “Così chiudiamo Motor
Valley”
L’Europa si ritrova faccia a faccia con gli effetti della
crisi climatica. E accade non solo a ridosso della presentazione da parte della
Commissione Ue del pacchetto ‘Fit for 55’ che dovrebbe portarci a
ridurre entro il 2030 le emissioni del 55% rispetto al 1990, per poi
raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Accade, soprattutto, che il
nostro continente debba contare oltre cento morti e circa 1300 dispersi,
proprio mentre le lobby di mezza Unione (Germania in prima fila) si
preparano a fare pressione sui governi affinché rifiutino il piano di Bruxelles,
principale strumento di mitigazione climatica mai messo nero su bianco (anche
se ritenuto poco ambizioso rispetto alla gravità della crisi).
Sembra un paradosso, ma è la prova di un conflitto
epocale. E la lezione più dura arriva proprio dalla Germania, il paese
icona della manutenzione del paesaggio e dal servizio meteo impeccabile che,
però, non ha potuto evitare la catastrofe. “Nemmeno Berlino, che da anni ha
avviato politiche per ridare spazio ai fiumi, è al sicuro dalle conseguenze peggiori
del cambiamento climatico” ricorda il Wwf, sottolineando che “non c’è più
tempo” e che “l’azione climatica va accelerata a ritmi esponenziali se
vogliamo evitare le conseguenze più pericolose e ingestibili. L’azzeramento
delle emissioni (mitigazione) – ricorda l’associazione – va attuato nel più
breve tempo possibile, ben prima del 2050 e, nel contempo, vanno messe in campo
davvero le politiche di adattamento”. In Italia, per esempio, il Piano di
adattamento è ancora fermo e non è mai passato alla fase attuativa. Anche
in questo caso si agisce come se non avessimo sulla testa una spada di Damocle.
LA PRESSIONE DELLE LOBBY – E mentre, dall’altra parte
dell’Atlantico, il Wall Street Journal vede nel piano europeo il tentativo
di mettere Washington con le spalle al muro sul fronte degli impegni climatici,
il Financial Times racconta delle critiche che proprio in queste ore sono
rivolte al piano di Bruxelles proprio dall’Europa. Le più dure arrivano
dall’industria automobilistica e riguardano l’introduzione di regole più
stringenti sulle emissioni, incluso l’obbligo di azzerarle entro il 2030 per i
nuovi modelli. La lobby tedesca dei produttori di auto ha detto che le
misure sono “anti-innovazione” e “quasi impossibili da raggiungere”, anche
se Volkswagen, che sta investendo 35 miliardi di dollari in auto elettriche, ha
accolto con favore il piano. Ma protestano anche le compagnie aeree
(compresa la tedesca Lufthansa), per cui arrivano importanti novità:
l’inclusione nel sistema Ets, una quota obbligatoria di combustibile verde e
una nuova tassa sul kerosene. Secondo A4E, l’associazione delle compagnie
europee l’effetto sarà l’aumento dei prezzi dei biglietti. Per il
presidente di Iata, l’Associazione del trasporto aereo internazionale il piano
rappresenta “un autogol”. E poi c’è l’industria (cemento, acciaio,
fertilizzanti e alluminio) preoccupata per l’eliminazione graduale entro il
2036 delle quote gratis sulle emissioni di carbonio.
LA POSIZIONE DEGLI AMBIENTALISTI – Sono tutti temi a cui la
Commissione Ue dovrà dare una risposta, ma dalla sua ha la terribile cronaca e
le proporzioni storiche del fenomeno che ha colpito Germania, ma anche Belgio,
Lussemburgo e Olanda. “Se continuiamo a questi ritmi, con una concentrazione
della CO2 in atmosfera che a giugno ha toccato le 419 parti per milione, cioè
ai livelli di 3 milioni di anni fa – spiega il Wwf – saremmo destinati ad
aumenti superiori ai 3°C”. Ed è per questo che chi, in direzione opposta a
quella delle lobby, ritiene il piano europeo insufficiente. Intervistato
da ilfattoquotidiano.it, il direttore di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio,
ricorda che proprio la Germania nel 2019 aveva approvato una legge sul clima
con un target di riduzione dei gas serra del 55% entro il 2030 (rispetto al
1990). In pratica lo stesso obiettivo di quello appena presentato in Europa.
“Quest’anno un gruppo di attivisti, tra cui Greenpeace – spiega Onufrio – ha
impugnato quel testo (il Klimatpaket) e, con una sentenza epocale, la Corte
Federale Costituzionale di Karlsruhe, basandosi su dati scientifici, ha
dichiarato che la legge sui cambiamenti climatici
tedesca non tutela ‘il diritto delle nuove generazioni’ rispetto alle
misure che lo Stato deve assumere per preservarle dagli effetti dei cambiamenti
climatici”.
E allora da un lato c’è questa sentenza, dall’altro la
levata di scudi che arriva proprio nelle ore del disastro che nessuno si
aspettava. “Arriva da parte di chi non ha mai ritenuto di dover fare qualcosa e
investire in questa trasformazione energetica – continua Onufrio – soprattutto
in alcuni settori, come quello petrolifero. In Italia, per esempio, abbiamo
portato avanti una campagna criticando il piano di Eni e denunciato più
volte i ritardi dell’industria dell’auto. Di contro, abbiamo visto come anche
negli ultimi mesi la lobby del fossile abbia cercato e stia cercando di
rallentare il percorso verso la transizione”.
COSA RESTERÀ DEL PIANO – Secondo Matteo Leonardi, esperto di
politiche e mercati energetici e fondatore del think tank sul cambiamento
climatico Ecco, è proprio questo il problema. “Il piano sul clima di Bruxelles
credo vada valutato su più livelli – spiega a Ilfattoquotidiano.it – perché se
giudichiamo solo l’allineamento all’obiettivo di rimanere sotto 1,5° di aumento
della temperatura, da quel punto di vista è insufficiente, è un fatto. È una
valutazione legittima, ma va considerato che l’Ue, in piena pandemia, ha messo
sul piatto prima della Cop 26 un piano di decarbonizzazione al 2050 con il
quale non si fa soffiare la guida delle politiche globali sul clima, neppure
dagli Usa di Biden”.
Questo basta? “Poteva certamente essere più ambizioso (ad
esempio sulle rinnovabili) e più chiaro nel definire il gas parte del problema,
ma su altri fronti, come l’automotive, credo segni un percorso ben definito.
Poco mi preoccupa se parliamo di 2030 o 2035 per la fine del motore termico,
perché credo che anche nel secondo caso, se un cittadino europeo dovrà cambiare
l’auto a questo punto sceglierà l’opzione che potrà guidare a lungo, senza poi
doverla cambiare nel giro di pochi anni. E allo stesso tempo, anche l’industria
dovrà invertire rotta e flusso di investimenti, praticamente subito”. Sempre
che il pacchetto resti questo.
“Appunto – aggiunge – ed è per questo che portarlo a casa
così com’è è la vera sfida e già non sarà facile. In primo luogo perché si
parla di due anni importanti, fondamentali per il cambiamento climatico”. E poi
per gli ostacoli, anche politici. Le pressioni e le critiche di questi giorni
potrebbero essere solo un assaggio di ciò che avverrà nei prossimi due anni.
“Nel giro di presidenze europee – aggiunge Leonardi – tanto per dirne una, c’è
anche quella della Francia, che sarà sotto elezioni. E, quindi, sotto
pressione”. D’altro canto il vice-presidente della Commissione Frans Timmermans
è stato molto chiaro: “Sarà spaventosamente difficile. Ma dobbiamo farlo, non
c’è altra scelta: altrimenti i nostri nipoti combatteranno guerre per l’acqua e
il cibo”.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/07/17/
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