mercoledì 16 giugno 2021

pc 16 giugno - Gli interessi dell'imperialismo italiano in Azerbaigian nella ricostruzione e per il petrolio (TAP/ENI)

Dopo la cessazione del conflitto nel Nagorno Karabakh, con l’accordo dello scorso 9 novembre, conclusosi, di fatto, con il ritiro delle forze armene dai territori occupati che circondano il Nagorno-Karabakh dell’Azerbaigian, e l’invio di una forza di mantenimento della pace russa composta da 1.960 unità lungo il corridoio di Laçın/Berzdor, che si trova tra l’Armenia e la regione del Nagorno-Karabakh, il Governo azero ha annunciato l’inizio della fase di ricostruzione.




Marco Santopadre da  pagineesteri

Baku ha deciso di selezionare attentamente i paesi e le aziende che potranno collaborare alla ricostruzione del Nagorno-Karabakh, privilegiando ovviamente la Turchia – alla quale è stata affidata la realizzazione di un parco tecnologico – e i paesi del “Consiglio di cooperazione dei Paesi turcofoni” (o Consiglio Turco). 

Ma tra i paesi che Aliyev considera amici e che quindi meritano una corsia preferenziale figura, oltre alla Cina e a Israele, anche l’Italia. Dopo il conflitto i rappresentanti italiani sono stati i primi occidentali a visitare Baku e i distretti strappati agli armeni, prima con una delegazione parlamentare e poi con una governativa. 

Le imprese francesi, invece – Parigi ha, seppur debolmente, sostenuto Erevan durante la “guerra dei 44 giorni” – hanno dovuto fare non poca anticamera e per ora si sono aggiudicate le briciole. L’Italia, invece, è ormai da anni un partner strategico dell’Azerbaigian e l’atteggiamento “equidistante” dei governi italiani in merito alla contesa con l’Armenia ha rafforzato il legame col regime di Baku. Il ministro azero degli Esteri, Ceyhun Bayramov, ha esplicitamente lodato le posizioni assunte dal governo italiano e in particolare il contenuto di una risoluzione adottata il 2 marzo dalla Commissione Affari Esteri della Camera in quanto mostrerebbe “un atteggiamento equilibrato” utile a permettere la riconciliazione tra i due contendenti.

Ormai dal 2013 l’Azerbaigian è il primo fornitore di petrolio dell’Italia insieme all’Iraq, con importazioni medie annuali per circa 5,5 miliardi di euro. L’inaugurazione del Tap lo scorso 31 dicembre ha poi permesso all’Italia di diventare un vero e proprio hub europeo del gas azero, che esporta attualmente in Francia e Svizzera. 

L’Italia è anche il primo partner commerciale del paese centroasiatico; dal 2016 al 2020 le importazioni sono più che raddoppiate arrivando a 6 miliardi annuali. Secondo il Ministero degli Esteri sono ben 3000 le imprese nostrane operative sul suolo azero, comprese l’Eni e l’Unicredit, per un investimento totale di circa 600 milioni di dollari. 

Il 3 febbraio l’italiana Maire Tecnimont, già coinvolta in progetti sul suolo azero per un valore complessivo di 1,6 miliardi di euro, ha vinto due importanti contratti con la Heydar Aliyev Oil Refinery (controllata della compagnia petrolifera statale azera Socar) per un valore di 160 milioni di dollari. L’azienda dovrà ricostruire l’unico impianto per la raffinazione del greggio presente a Baku, città nella quale proseguono i lavori per la realizzazione dell’Università Italiana, che gli imprenditori e i politici nostrani sperano possa presto sfornare futuri dirigenti interessati a moltiplicare le occasioni di business per Roma.

In occasione di un Business Forum tra le delegazioni dei due paesi – con la partecipazione del presidente azero e del direttore generale di Confindustria Marcella Panucci – organizzato alla Farnesina nel febbraio 2020, Ilham Aliyev aveva già definito l’Italia «un partner strategico in Europa, il partner numero uno». Davanti ad una platea composta dai rappresentanti di 90 enti, aziende e associazioni azere e di 170 imprese italiane, Aliyev aveva rilanciato la collaborazione nei settori dei trasporti, dell’agro-alimentare, dell’energia, del turismo, delle reti idriche. Il nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, era andato oltre, definendo l’Italia «un ponte nel Mediterraneo così come l’Azerbaigian è un ponte tra Europa e Asia. Siamo paesi amici accomunati da scambi basati sul dialogo tra culture, religioni, lingue ed etnie».

La torta del Nagorno-Karabakh

Ovviamente la decisione da parte del regime azero di convogliare importanti risorse sulla ricostruzione, il ripopolamento e la modernizzazione delle province recuperate dopo 30 anni di controllo armeno ha aumentato le opportunità a disposizione delle imprese italiane.

A seguito della missione realizzata nel dicembre scorso in Azerbaigian, il 21 aprile il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano ha inaugurato una “web mission”, con la partecipazione del ministro dell’Energia azero Parviz Shahbazov. nel settore della pianificazione urbana allo scopo di far incontrare imprenditori italiani e committenti azeri; allo scopo gli esecutivi dei due paesi hanno costituito una commissione economica intergovernativa bilaterale, presieduta proprio da Di Stefano e Shahbazov. 

Già il 26 aprile è stato presentato in Azerbaigian un progetto di ricostruzione nel quale alcune aziende italiane svolgeranno un ruolo importante. Durante la sua visita nei distretti di Jabrayil e Zangilan, Aliyev ha infatti annunciato la costruzione a breve dei primi “smart village” (villaggi intelligenti), che verranno realizzati da imprese turche, israeliane, cinesi e appunto italiane. Il progetto pilota riguarda la realizzazione di tre “smart village” ad Aghali, con l’edificazione di 200 edifici residenziali più alcuni di servizio – scuole, ambulatori, ecc – da costruire con materiale isolante, dotati di reti di comunicazione di ultima generazione e in possesso di sistemi di riscaldamento all’avanguardia, con una particolare attenzione a sostituire i combustibili fossili con tecnologie basate sulle energie rinnovabili e a basso impatto ambientale. Annessi agli “smart village” sono stati lanciati anche dei progetti di cosiddetta “agricoltura intelligente” e la realizzazione di infrastrutture di tipo turistico. 

Della digitalizzazione verrà incaricata la filiale locale del gigante cinese Huawei, mentre una ditta italiana si occuperà di dotare un caseificio, realizzato da una impresa israeliana, della tecnologia e delle competenze necessarie alla produzione di mozzarella e burrata con latte di bufala. L’Azerbaigian, già quarto esportatore di formaggi a livello mondiale, vuole incrementare e differenziare la produzione casearia.

Ansaldo Energia, invece, ha vinto l’appalto per la costruzione di quattro sottostazioni elettriche insieme all’azienda locale Azerenerji, e si è già aperto il capitolo del restauro del patrimonio archeologico ed artistico, anche in questo caso con varie imprese e istituzioni culturali italiane in prima fila. 

«L’Azerbaigian si aspetta una grande partecipazione delle aziende italiane» ha affermato in un’intervista all’Agenzia Nova l’assistente del primo vice presidente azero Elchin Amirbayov nel corso di una visita a Roma.

«Dopo la guerra dei 44 giorni (…) l’Azerbaigian ha ripristinato la sua integrità territoriale» ha detto Amirbayov parlando del ripristino della “giustizia storica” in linea con il diritto internazionale e con le quattro risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu del 1993 «che chiedono il completo, immediato e incondizionato ritiro delle forze dell’Armenia dal territorio azerbaigiano».

Per Amirbayov – che ovviamente ha taciuto sulla distruzione del patrimonio storico e religioso armeno attualmente in corso nei territori rioccupati – l’Italia può dare un grande contributo alla ricostruzione di un territorio di circa 10 mila km quadrati in cui intere città, paesi ed edifici storici sono stati distrutti o gravemente danneggiati. «Si tratta di una sfida importante per cui abbiamo bisogno di partner, e l’Italia è certamente tra questi» ha sottolineato il dirigente azero.

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