15 novembre: Cerignola (Foggia),
durante una manifestazione contadina, la polizia apre il fuoco uccidendo
Domenico Angelini e Onofrio Perrone. Per reazione, i dimostranti danneggiano il
palazzo di un agrario e le sedi di alcuni partiti. Negli scontri muoiono anche
due agenti. Denunciati 114 lavoratori.
18 novembre: Corato
(Bari), nel corso di uno sciopero generale, la polizia apre il fuoco contro i
contadini uccidendo Diego Masciavè, sindacalista Cgil, il bracciante Pietrino
Neri e la contadina Anna Raimondi. Altri 10 manifestanti rimangono feriti.
Anche a Trani la polizia
carica i manifestanti, ferendone due.
A Bisceglie la polizia
apre il fuoco su una manifestazione di disoccupati che chiedono lavoro.
20 novembre: Campisalentino
(Lecce) nel corso di una manifestazione di contadini, i carabinieri
sparano contro per proteggere alcuni crumiri, uccidendo Antonio
Augusti e Santo ....
l’Unità del 18 novembre 1947
l’Unità del 18 novembre 1947
Ho visto la collera di Cerignola affamata
dal nostro inviato speciale
dal nostro inviato speciale
Cerignola 17 – Alle 18 di venerdì scorso [14 novembre 1947]
un corteo di lavoratori sfilava per il corso di Cerignola in segno di
giusta protesta contro gli assassini dei sindacalisti siciliani e contro
i delitti fascisti del nord. Davanti alla sede della D.C. [Democrazia
Cristiana] si ebbe un tafferuglio breve, senza seguito, provocato da
alcuni frequentatori di quella sezione che insolentivano i dimostranti.
Alla notte gruppi di braccianti disoccupati si rimettevano in movimento
per organizzare, in vista di uno sciopero di protesta, i posti blocco
intorno alla città.
Vita difficile
Molte cose erano in discussione a
Cerignola in quei giorni. Prima di tutto, come sempre, i problemi
contadini, esasperati dalla nuova protervia degli agrari: il problema
ricorrente ed eterno della grande miseria pugliese, che affama ed
esaspera le donne, che travia i giovani, che uccide i bambini.
Uno dei più grossi agrari del luogo, proprietario insieme ai fratelli di ben oltre mille ettari di terra, Marcello Cirillo, da mesi e mesi rifiutava ogni miglioramento alle condizioni dei suoi mezzadri. Poi, da qualche tempo si verificavano in città nuovi fatti preoccupanti. Sotto l’insegna dell’inesistente partito della Democrazia del Lavoro si radunavano i vecchi e nuovi fascisti qualunquisti e membri semiclandestini del M.S.I.; a reggere nascostamente le fila della D. C. ormai un vecchio fascista, l’avvocato Meterangelis: nella sede del C.I.F. si radunavano a tarda ora, con lo squadrista Frascolli, tutti gli elementi di dubbia fede democratica, Mimì Rosa, Luigi Paladini, i fratelli Corradi, gli squadristi, i vecchi arnesi del fascismo agrario rialzavano la testa. Non è una vita facile quella dei lavoratori di Cerignola. Troppa miseria, troppi sacrifici da una parte troppa protervia dall’altra, e questo da secoli, da sempre, generazione su generazione. Una stragrande maggioranza di lavoratori onesti reagisce organizzandosi, lottando coscientemente sul piano sindacale e politico. Una minoranza, al contrario, è facile preda di uno scoppio d’ira subitaneo e violento, tipico delle plebi meridionali, dell’esplosione incontrollabile, distruggitrice, cieca, passionale con la quale periodicamente il Meridione contadino ha pensato di poter risolvere i suoi problemi. Anche provocazione? Non è facile stabilirlo. Certo quando il compagno Di Vittorio domenica sera parlò ai suoi contadini, fu facile accorgersi che se non ci fosse il partito comunista, a Cerignolani sarebbero state nuove stragi e nuovi lutti.
Uno dei più grossi agrari del luogo, proprietario insieme ai fratelli di ben oltre mille ettari di terra, Marcello Cirillo, da mesi e mesi rifiutava ogni miglioramento alle condizioni dei suoi mezzadri. Poi, da qualche tempo si verificavano in città nuovi fatti preoccupanti. Sotto l’insegna dell’inesistente partito della Democrazia del Lavoro si radunavano i vecchi e nuovi fascisti qualunquisti e membri semiclandestini del M.S.I.; a reggere nascostamente le fila della D. C. ormai un vecchio fascista, l’avvocato Meterangelis: nella sede del C.I.F. si radunavano a tarda ora, con lo squadrista Frascolli, tutti gli elementi di dubbia fede democratica, Mimì Rosa, Luigi Paladini, i fratelli Corradi, gli squadristi, i vecchi arnesi del fascismo agrario rialzavano la testa. Non è una vita facile quella dei lavoratori di Cerignola. Troppa miseria, troppi sacrifici da una parte troppa protervia dall’altra, e questo da secoli, da sempre, generazione su generazione. Una stragrande maggioranza di lavoratori onesti reagisce organizzandosi, lottando coscientemente sul piano sindacale e politico. Una minoranza, al contrario, è facile preda di uno scoppio d’ira subitaneo e violento, tipico delle plebi meridionali, dell’esplosione incontrollabile, distruggitrice, cieca, passionale con la quale periodicamente il Meridione contadino ha pensato di poter risolvere i suoi problemi. Anche provocazione? Non è facile stabilirlo. Certo quando il compagno Di Vittorio domenica sera parlò ai suoi contadini, fu facile accorgersi che se non ci fosse il partito comunista, a Cerignolani sarebbero state nuove stragi e nuovi lutti.
Conflitto breve
La notte sul sabato, comunque, passò
tranquilla. La mattina seguente un assembramento di donne a porta Foggia
fu sciolto con sistemi brutali dal commissario Brienzo, quello stesso
che venne successivamente ferito nel conflitto davanti a palazzo
Cirillo. É il primo atto grave, provocatorio data la situazione
generale, determinante. Il gruppo delle donne si ingrossa di lavoratori
esasperati dalle provocazioni continue, dall’eco dei delitti fascisti.
Per prima viene distrutta la sede del qualunquismo e del neo-fascismo
locale, che passava sotto le insegne della Democrazia del Lavoro. Viene
assalita anche la sede della D. C. , retta da vecchi legionari di
Spagna, poi gli altri luoghi di raduno della reazione locale: il C.I.F. e
la sede del “Goliardo”. Per tutto questo periodo inesplicabilmente
Brienzo e i suoi carabinieri restano assenti. Nel frattempo le
organizzazioni dei partiti riescono per conto loro ad impedire che la
violenza si rivolga anche contro gli uffici comunali e il Dazio, nei
quali i contadini meridionali vedono da secoli materializzato il nemico
più terribile, lo Stato oppressore e sfruttatore. I carabinieri
intervengono solo quando è ormai impossibile frenare la manifestazione,
quando il gruppo di donne e disoccupati si volgono contro il centro
dell’odio, contro il palazzo di Marcello Cirillo,
l’uomo che a Cerignola si è fatto più nemici personali, che ha contro i
singoli oltre che la massa. Il conflitto è breve. Pochi minuti: basta
perché il commissario, perso evidentemente il controllo di se stesso,
che aveva detto che era ora di finirla a quelli che gli si fecero
incontro proponendogli di rendersi pacieri – ed erano nostri compagni –
estragga la pistola e dia ordine di sparare. Forse spara lui stesso
insieme con due o tre carabinieri: due lavoratori cadono morti sul colpo
Onofrio Perrone e Domenico Angelino.
Cade lui stesso. La sparatoria senza preavviso della polizia esaspera
completamente i manifestanti. Numerosi sono gli agenti e i popolani
feriti. Un agente in modo particolarmente grave. La folla invade e
distrugge la casa dell’agrario. I carabinieri si ritirano in caserma.
Nel corso del pomeriggio e nella serata torna la calma. La mattina dopo
giunge il compagno Di Vittorio. Di Vittorio ha parlato alla folla di
Cerignola con parole di pace, di serenità, di forza, Nel pomeriggio di
domenica hanno luogo i funerali delle due vittime, imponente
manifestazione di rinnovata coscienza politica di tutto un popolo, che
ha ritrovato la pace e la serenità. La serie degli incidenti e delle
provocazioni è stata troncata di colpo. Anche lo sciopero agricolo,
entro ieri sera, si compone con l’inizio di regolari trattative. Questa è
la cronaca dei fatti di Cerignola dove due figli del popolo hanno
pagato con la loro vita le colpe della provocazione nuova ed antica.
Marco
1947 – ASSALTO AL PALAZZO CIRILLO da la Stampa di Torino e da l’Unità di Roma
A Cerignola la folla assalta la caserma dei carabinieri
L’attacco respinto: parecchie vittime – 42 detenuti liberati
L’attacco respinto: parecchie vittime – 42 detenuti liberati
Foggia, 15 novembre. Il
fermento che da ieri agita le Puglie ha trovato il suo epicentro nella
Capitanata. Disordini e violenze hanno avuto luogo in tutto il Foggiano,
ma ove gli scontri sono stati più cruenti è a Cerignola. Qui, già nel
pomeriggio di ieri un diffuso senso di paura aveva rese deserte le
strade e molti negozi al tramonto avevano chiusi i battenti. Squadre di
giovani sostavano ai crocicchi come nell’attesa di un’ora prestabilita.
Col calar della notte le squadre s’ingrossarono, ed alcune centinaia
d’individui si diressero, tra canti e frasi ostili al Governo, verso la
sede della democrazia cristiana. I dimostranti ebbero subito ragione dei
pochi agenti che presidiavano i locali, vi fecero irruzione e
distrussero quanto trovarono. La serata si concludeva senza altri
incidenti, ma gli animi non erano placati. A giorno, infatti, gli stessi
crocchi, gli stessi capannelli lungo le vie che stentavano a riprendere
il loro ritmo normale. Un’aria di fronda consigliava la prudenza. Molti
avevano disertato in anticipo il lavoro in attesa degli eventi e poco
dopo le 10 veniva proclamato lo sciopero generale. I dimostranti fecero
massa e si diressero agli uffici della UCSEA [UFFICIO COMUNALE STATISTICO ECONOMICO DELL’AGRICOLTURA ndr] che
in breve vennero devastati. Contemporaneamente, altri raggiungevano la
sede dell’Associazione universitaria distruggendo quanto vi trovavano e
lo stesso avveniva della sede delle donne cattoliche, dell’associazione
agraria, del partito demolaburista e dell’ufficio del lavoro. Mancando
la sede dell’U.Q. [ U. Q. è la sigla del partito Fronte dell’uomo qualunque ] —
che a Cerignola non fu più riaperta dopo gl’incidenti dello scorso anno
in cui trovarono la morte ben cinque iscritti — gli scioperanti si
limitarono ad inveire contro i qualunquisti. Di tutti i
mobili distrutti, compresi quelli della sera precedente, veniva fatto
nella piazza un gran mucchio dal quale alte crepitarono le fiamme.
Quando già la vampa languiva su un immenso bracere, qualcuno urlò che
occorreva alimentare il fuoco. Si fece il nome dei nobili Cirillo, e la
massa tumultuante si diresse al palazzo gentilizio imprecando e tendendo
i pugni. Il massiccio portone resistette ai primi urti, ma era tale la
veemenza degli assalti che i chiavistelli cedettero ed il palazzo venne
invaso. Tutto ciò cha era nelle stanze, abbandonate dai padroni, veniva
buttato nella strada. Tra la folla si fece strada la notizia che erano
stati chiamati rinforzi di polizia da Foggia, e da prima furono poche
voci isolate, poi un urlo pauroso: «Alla caserma dei carabinieri! ».
Sospinti da quelli che seguivano, i primi si avviarono a quella volta e
l’edificio venne in breve circondato. In una pausa di silenzio parve
raccogliersi tutta la gravità della situazione. Esplose un colpo di arma
da fuoco e fu il segno del conflitto. Il crepitio delle armi
automatiche incrociò tra le due parti, punteggiato dagli scoppi delle
bombe a mano. Un vecchio, Pietro Angelini, si abbattè ferito e morì poco
dopo. Le notizie che circolano sono incerte perciò non è possibile dare
il tragico bilancio della giornata. Mentre infatti le cifre ufficiali
registrano solo 8 feriti, di cui uno grave, tra la forza pubblica, e un
morto e tre feriti tra gli assedianti, qui si parla persino di 4 morti
tra questi ultimi. Secondo quanto ai dice, il vice-questore di Foggia,
dott. Brienza, ed il maresciallo dei carabinieri sarebbero feriti
gravemente e due carabinieri morti. Le strade intanto venivano bloccate
da squadre di scioperanti e nessuno poteva circolare. Anche sulla
nazionale non era possibile il transito. Solo una grande auto con
bandiera bianca percorreva le vie deserte per trasportare i feriti
all’ospedale. Gruppi di facinorosi hanno liberato 42 detenuti dalle
carceri. La situazione accennava a migliorare nel tardo pomeriggio e la
forza pubblica ne assumeva il controllo con l’intervento di reparti di
carabinieri e truppe celeri giunte da Foggia, Napoli e Bari scortate da
due autoblinde. Corre voce però che da mezzanotte in tutta la Capitanata
sarà proclamato lo sciopero generale dei lavoratori agricoli, per cui
si temono altri incidenti.
La Stampa 16/11/1947 – numero 269 pagina 1
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