La frase "è responsabilità storica della sinistra non lasciare il campo aperto all’estrema destra”, di fatto dichiara che esiste una opzione di destra dei Gilets jaunes e ricorda i discorsi di Grillo "se non ci fossimo noi ci sarebbe Alba Dorada", e sappiamo come è andata a finire in Italia Salvini e i fascio razzisti al potere!
Più
di 250 accademici, intellettuali e artisti esprimono la loro
solidarietà al movimento dei Gilets Jaunes, ritenendo che “è
responsabilità storica della sinistra non lasciare il campo aperto
all’estrema destra”. L’appello è poi stato sottoscritto da molte altre personalità e al momento si contano 4.000 firme.
Chi avrebbe mai pensato che un giubbotto sarebbe bastato a scuotere lo Stato?
Da
due mesi assistiamo a un movimento popolare di grande portata sostenuto
da gran parte del popolo francese. Questo movimento ha preso il
giubbotto giallo come simbolo. Questo giubbotto di salvataggio, che
segnala il pericolo, è diventato un grido di battaglia contro la
distruzione sociale in corso: “non schiacciateci”! Permette di rendere
visibili quelli che di solito rimangono invisibili. Occupando
pacificamente le rotatorie, i Gilets Jaunes si ispirano a modo loro
dalle occupazioni delle fabbriche del Giugno 1936 e del Maggio 1968, e
da movimenti di protesta più recenti come le Primavere arabe, gli Indignados spagnoli o Occupy negli Stati Uniti.
Il
movimento dei Giubbotti gialli ha dimostrato ancora una volta che, di
fronte ad una
potenza pronta a tutto per imporre le sue “riforme”, solo la lotta può vincere: occupare, bloccare, dimostrare, toccare i luoghi sensibili dello Stato, dell’economia e della finanza. Tessere legami, inventare la solidarietà, organizzarsi per resistere, federare la collera, cercare delle convergenze, creare nuove forme di resistenza, pensare a nuovi modi di fare politica.
potenza pronta a tutto per imporre le sue “riforme”, solo la lotta può vincere: occupare, bloccare, dimostrare, toccare i luoghi sensibili dello Stato, dell’economia e della finanza. Tessere legami, inventare la solidarietà, organizzarsi per resistere, federare la collera, cercare delle convergenze, creare nuove forme di resistenza, pensare a nuovi modi di fare politica.
Di
fronte a questo movimento, lo Stato ha scelto la strada della
repressione della polizia e giudiziaria. Ora sta pianificando di
schedare i manifestanti per poter effettuare arresti preventivi. Mentre
le armi utilizzate dalla polizia hanno già causato ferite e mutilazioni
tra decine di manifestanti, nuove istruzioni di “estrema fermezza” sono
state appena impartite a prefetti e procuratori.
Per
giustificare questa politica di brutale scontro, le autorità stanno
facendo tutto il possibile per screditare i Gilets Jaunes. Così,
Emmanuel Macron li ha stigmatizzati come una “folla odiosa” che sarebbe
xenofoba, omofoba e antisemita allo stesso tempo… Lo Stato può contare
sulla complicità di alcuni media che mettono in evidenza il minimo
incidente per far apparire i Gilets Jaunes come razzisti e fascisti. Può
contare anche sui suoi cani da guardia, quegli intellettuali mediatici
che si sono affrettati a denunciarli come “barbari” e “gilet bruni”. Uno
di loro si è appena congratulato con la polizia per aver “salvato la
Repubblica”!
Molti
accademici, intellettuali (insegnanti, ricercatori, ecc.) e artisti
sono finora rimasti cautamente silenziosi, compresi quelli che mostrano
simpatia per la sinistra e l’estrema sinistra. Indubbiamente perché
questo movimento sfugge alle consuete categorie di giudizio politico –
imprevedibile, inclassificabile, come il Maggio 68 a suo tempo, come
qualsiasi evento storico degno di questo nome. Alcuni hanno preso
posizione a favore di questo movimento popolare, ma le loro parole sono
ignorate dai media mainstream. È questo silenzio che noi vogliamo
contribuire a rompere, affermando pubblicamente la nostra solidarietà
con i Gilets Jaunes e invitando intellettuali, accademici e artisti ad
unirsi a loro.
Si
tratta certamente di un movimento eterogeneo, attraversato da molte
contraddizioni, e che è oggetto di tentativi di infiltrazione e recupero
da parte dell’estrema destra. È importante rimanere vigili di fronte a
qualsiasi deriva complottista, razzista o omofoba. Ma questi slittamenti
rimangono opera di una piccola minoranza e non possono in nessun caso
essere usati come pretesto per screditare tutti i Gilets Jaunes. Pur
condannando senza riserve le minacce di morte contro funzionari eletti o
Gilets Jaunes accusati di “tradimento”, contestiamo l’uso
indiscriminato del termine violenza, che confonde la violenza
fisica contro le persone, che è inaccettabile, con i danni alle
proprietà (auto bruciate, vetrine rotte o porte del ministero forzate…)
che accompagna sempre le rivolte popolari. Senza contare che, come ha
scritto Brecht, “Dicono che un fiume che porta via tutto è violento / Ma non dicono mai nulla della violenza / Delle rive che lo circondano“.
Il
movimento dei Gilets Jaunes è nato da una esigenza di uguaglianza e
giustizia, una protesta contro la distruzione del “modello sociale
francese” e la precarizzazione di ampie fasce della popolazione, ancora
accelerata dalle riforme neoliberali portate avanti a ritmo sostenuto e
senza concertazione da Emmanuel Macron. Questo movimento riflette una
richiesta di riconoscimento, un desiderio di essere ascoltato e
rispettato, di fronte alla sprezzante arroganza di un governo di
tecnocrati che si considerano “troppo intelligenti, troppo fini” per
essere compresi da un popolo di “analfabeti”, di persone “che non sono
niente”.
Partendo
da una rivolta antifiscale, il movimento dei Gilets Jaunes ha vissuto
una rapida politicizzazione che ha avuto luogo al di fuori di tutti i
partiti. Si è assistito all’emergere di rivendicazioni radicali sulle
istituzioni e sull’esercizio del potere. Facendo riferimento alle
tradizioni storiche della Rivoluzione francese (cahiers de doléances,
appello agli Stati Generali, “marcia delle donne”…), i Gilets Jaunes
hanno risvegliato l’idea di una cittadinanza attiva basata sulla
competenza del popolo. Sarebbe un grave errore condannare come
“populisti” o reazionari la loro rivendicazione di un “referendum
d’iniziativa popolare” o l’appello dei Gilets Jaunes de Commercy a
creare “comitati popolari” di cittadini ovunque e a federarli in una
“assemblea di assemblee”.
L’esigenza
di un’espressione diretta della volontà popolare, la rivendicazione di
controllo dei rappresentanti eletti dai loro elettori, che li
sottoporrebbe a un mandato imperativo e revocabile: tutto questo
appartiene alla tradizione democratica e rivoluzionaria, dai Sanculotti,
la Rivoluzione del 1848 e i Comunardi fino ai Consigli operai del XX
secolo. Il rifiuto di qualsiasi delega di potere che caratterizza la
maggior parte dei Gilets Jaunes si inscrive nella stessa tradizione,
quella della democrazia radicale e libertaria, rianimata dalla memoria
delle rivolte tradite.
Oggi,
il movimento dei Gilets Jaunes si trova ad un bivio. Anche se non deve
essere sopravvalutato, c’è il rischio che l’estrema destra possa
riuscire a imporgli il suo orientamento autoritario, odioso e xenofobo. È
responsabilità storica della sinistra non lasciarle il campo libero.
Per
tutte queste ragioni, ci rivolgiamo ad accademici, intellettuali e
artisti fedeli agli ideali di emancipazione per sostenere attivamente i
Gilets Jaunes, per trasmettere le loro richieste e unirsi a loro nella
lotta.
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Questo testo è una petizione aperta, per firmarlo clicca qui
Elenco dei primi firmatari:
Naïm Aïm Aït-Sidhoum, regista
Karen Akoka, docente di scienze politiche, Università di Parigi Nanterre
Michel Andrieu, regista
Armelle Andro, professore di demografia
Hervé Amiot, dottorando in geografia, Parigi
Jean-Loup Amselle, direttore degli studi presso l’Ecole des Hautes Études en Sciences Sociales, Parigi.
Fabien Archambault, Università di Limoges
Valerie Arnhold, dottoranda in sociologia e ATER presso l’Università di Parigi Dauphine.
Stéphane Arnoux, regista
Nicolas Aude, ATER in Letteratura comparativa, Università di Lille
Michel Barthélémy, Sociologo, CNRS, Parigi
Yves Baumgarten, insegnante di filosofia del liceo
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