venerdì 18 dicembre 2015

pc 18 dicembre - Alla Smart si lavorerà fino a 39 ore pagate 37 e i padroni, finalmente felici, vedono “l’inizio di un mondo nuovo” se gli operai “decidono di lavorare di più guadagnando di meno” e “al di fuori di un accordo sindacale”!

Tutto questo sta succedendo alla fabbrica che produce la Smart ad Hambach in Francia, come riporta, in maniera entusiasta, un articolo del Sole 24 Ore di ieri, 17 dicembre, titolato, appunto “Alla Smart si lavorerà fino a 39 ore pagate 37”.

Vediamo come descrive il corrispondente da Parigi tutta la faccenda che è davvero molto importante per le implicazioni che suggerisce e che vuole servire ancor di più da spinta per le “relazioni sindacali” anche nel nostro paese. Sottolineiamo e commentiamo i vari passaggi.

Il muro delle 35 ore – che i sindacati francesi, con la connivenza di una politica sottomessa e pavida, a destra come a sinistra, cercano di puntellare in nome di un’ideologia anacronisticaperde un altro pezzo.

Come si sa nelle fabbriche francesi l’orario di lavoro settimanale è secondo la legge di 35 ore. Il giornalista, omette di dire che da diversi anni quest’orario è soltanto sulla carta dato che nel frattempo i rapporti di forza sfavorevoli alla classe operaia e favorevoli ai padroni hanno portato ad altre leggi, e a una pratica di fatto, che hanno annullato in buona parte gli effetti di quella legge. Ma al giornalista ciò che interessa è che adesso anche il simbolo stesso di quella legge possa essere attaccato, come in Italia con l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Da notare come parla della politica, definita sottomessa e paurosa, da destra a sinistra, quando dallo scontro di classe viene fuori qualcosa di positivo per i lavoratori. E infatti, continua dicendo che il muro che perde un altro pezzo non è “dei meno emblematici.(!) Gli 800 dipendenti dello stabilimento Smart di Hambach, in Mosella, hanno deciso di accettare il “patto” [le virgolette sono del giornalista!] proposto dalla società di rinunciare, per cinque anni, a quella che i socialisti hanno contrabbandato come “una grande conquista sociale” e che invece ha fatto perdere alla Francia posti su posti nella classifica mondiale della competitività. E quindi posti di lavoro.”

I padroni, quindi, nel più classico dei modi, “propongono” agli operai di allungare la giornata
lavorativa per recuperare il profitto perso con la lotta degli operai, [vedi Formazione Operaia - http://proletaricomunisti.blogspot.it/2015/12/pc-17-dicembre-formazione-operaia.html]. “Se la giornata lavorativa viene abbreviata, dice Marx, eguali rimanendo la forza produttiva e l’intensità del lavoro, allora il valore della forza-lavoro e quindi il tempo di lavoro necessario rimane uguale. Ciò che si abbrevia dunque è il lavoro in più, il pluslavoro e con esso diminuisce il plusvalore.”
“La vicenda” continua il giornalista del quotidiano dei padroni, “inizia a giugno, quando la direzione dell’azienda del gruppo Daimler – che a Hambach produce la due posti Fortwo – propone ai sindacati un accordo finalizzato a ridurre del 6% il costo nel lavoro: nel 2016 si passa a 37 ore pagate 35, poi per tre anni a 39 ore pagate 37, poi un anno di nuovo a 37 ore pagate 35 prima di tornare, nel 2021, a 35 ore. In cambio offre mille euro lordi di una tantum (da pagare in due rate), 120 euro mensili (sempre lordi) di aumento in busta paga (che rimarranno per sempre) e soprattutto la garanzia di non tagliare l’occupazione almeno fino al 2020.”

La “riduzione del costo del lavoro”, cioè, per dirla ancora con Marx, “abbassare il prezzo della forza-lavoro “al di sotto del suo valore””  è un’ossessione per i padroni e il ricatto dell’azienda che sta dietro a questa “proposta” è il solito: mantenere la produzione in Francia o portarla in Slovenia? E questa proposta, invece, non sarebbe “in nome di un’ideologia anacronistica”?

“Il vero obiettivo in realtà è quello di condizionare la scelta, che il gruppo dovrà fare nel 2018, della fabbrica in cui produrre il restyling della terza generazione della Fortwo: Hambach o l’impianto sloveno Renault (il costruttore francese ha una partnership con Daimler sulle piccole utilitarie) di Novo Mesto. Dove attualmente viene montata la quattro posti Forfour a un costo per vettura inferiore di circa 600 euro a quello dello stabilimento francese.

E, come sempre, qui viene messa in risalto la differenza salariale, che non viene spiegata con le differenze oggettive di storia e condizioni esistenti negli altri paesi, ma come “virtù” di un altro tipo di operai. Quelli, insomma, che lavorano di più per salvarsi il posto di lavoro. “I dipendenti di Hambach devono insomma decidere se vogliono lavorare il 12% in più (di cui solo la metà retribuito) per garantirsi un posto sicuro nei prossimi cinque anni. E probabile (la riduzione dei costi consente di recuperare metà del gap rispetto a Novo Mesto) nei successivi.”
Di “sicuro” nel capitalismo, come sanno tutti gli operai, c’è lo sfruttamento sempre più selvaggio, mentre la garanzia del posto è un miraggio.

“L’11 settembre l’intesa viene approvata da un referendum con il 56% di voti favorevoli, sia pure con una spaccatura tra addetti alle linee (che lo bocciano) e gli altri (che lo accettano a larga maggioranza). Ma le due organizzazioni sindacali maggioritarie, grazie al loro 53%, pongono il veto.”
Quindi gli operai alle linee, cioè quelli che fanno il lavoro vero, quello più duro, bocciano l’accordo, mentre gli “altri”, senza specificare chi, ma noi sappiamo che si tratta fondamentalmente degli impiegati e addetti ad altri servizi, hanno detto sì. Ma… “Ma le due organizzazioni sindacali maggioritarie, grazie al loro 53%, pongono il veto.” Ma… “L’azienda” non si arrende e “decide allora di rivolgersi direttamente ai dipendenti, sottoponendo a ciascuno di loro una clausola integrativa al contratto in cui accettano la proposta a titolo personale. Con l’impegno a concretizzare il patto se raccoglierà almeno il 75% delle adesioni. Il risultato provvisorio (ci sarà tempo fino a venerdì per decidere) è ben più alto: il 93% dei dipendenti ha già risposto positivamente.”

Felice di questo primo risultato, il giornalista conclude, sospirando, perché amerebbe vedere tutto questo anche in Italia: “Per la Francia si tratta di una novità assoluta: è la prima volta in cui i dipendenti decidono di lavorare di più guadagnando di meno e la prima volta in cui lo fanno al di fuori di un accordo sindacale. Chissà che sia l’inizio di un mondo nuovo.”

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