In questo quindicesimo
capitolo Marx elenca i casi che si possono verificare quando cambia la
grandezza nei prezzi della forza lavoro e la grandezza del plusvalore. Sono
quei modi “normali” di esistenza del capitalismo, entro i quali si sviluppa la
lotta tra il padrone che cerca sempre di estrarre più profitto e l’operaio che
resiste a questa pressione. E smonta le falsità e i luoghi comuni usati dai
padroni, e da tutta la sfilza dei loro lacchè, dai politici ai sindacalisti,
per “convincere” gli operai che la produttività è una cosa buona, che aumentare la produzione e le ore di lavoro
fa aumentare anche i salari, che gli interessi degli operai e dei padroni è lo
stesso, ecc. ecc.
A fine capitolo Marx fa l’esempio, invece, di cosa
succede alla giornata lavorativa in una società non capitalistica.
VARIAZIONE DI GRANDEZZA
NEI PREZZI DELLA FORZA LAVORO E NEL PLUSVALORE
Marx ribadisce che “Il
valore della forza-lavoro è determinato dal valore dei mezzi di sussistenza che
per consuetudine sono necessari all’operaio medio.” E che “In un’epoca
determinata di una società determinata, la massa di questi mezzi di sussistenza
è data, benché la sua forma possa variare, e va quindi trattata come grandezza
costante. Quello che varia è il valore
di questa massa.”
“Noi presupponiamo,” dice
Marx:
“1 - che le merci vengano vendute al loro valore,
“2 - che il prezzo della forza-lavoro possa certo
salire talvolta al di sopra del suo valore, ma non scenda mai al di sotto di
esso.
E “Dati questi
presupposti, si è trovato che le grandezze relative del prezzo della
forza-lavoro e del plusvalore sono determinate da tre circostanze:
“1 - La durata della giornata lavorativa;
“2 - l’intensità normale del lavoro;
“3 - infine la forza produttiva del lavoro,
cosicché una stessa quantità di lavoro fornisca, a seconda del grado di
sviluppo delle condizioni di produzione, una maggiore o minore quantità di
prodotti entro lo stesso tempo.
Delle “possibili
combinazioni diversissime … a seconda che l’uno dei tre fattori sia costante e
due variabili oppure due fattori siano costanti e uno variabile o infine tutti
e tre siano contemporaneamente variabili” Marx presenta le principali:
“I. Grandezza della giornata lavorativa e intensità del lavoro costanti
(date), forza produttiva del lavoro variabile.
“Dato questo presupposto
il valore della forza-lavoro e il plusvalore sono determinati da tre leggi.
“Primo: La giornata lavorativa di grandezza data si rappresenta
sempre nello stesso prodotto di valore, in qualunque modo vari la
produttività del lavoro e con essa la massa dei prodotti e quindi il prezzo della
merce singola.”
Cioè, se in una giornata
di otto ore si è prodotto un valore complessivo in merci di 100 euro, ma grazie
alla forza produttiva si sono prodotte più merci, il valore rimane di 100 euro
ma si distribuisce su una massa più grande di merci e quindi il prezzo della
merce singola diminuisce.
“Secondo: valore della forza-lavoro e plusvalore variano in
direzione inversa l’uno nei confronti dell’altro. Una variazione nella
forza produttiva del lavoro, il suo aumento o la sua diminuzione, agisce in direzione
inversa sul valore della forza-lavoro, e nella stessa direzione sul plusvalore.”
Cioè se aumenta il
plusvalore, la parte che spetta al capitalista, deve diminuire il valore della
forza-lavoro, e se invece aumenta il valore della forza-lavoro deve diminuire
il plusvalore. “È impossibile che
diminuiscano o aumentino allo stesso tempo.” Si capisce bene, già così, che
l’interesse del capitalista è per forza opposto a quello del lavoratore, e
viceversa.
Ma se cambia la forza
produttiva, allora, dice Marx: “l’aumento
nella produttività del lavoro abbassa
il valore della forza-lavoro e con ciò aumenta
il plusvalore, mentre, viceversa, la diminuzione della produttività aumenta
il valore della forza-lavoro e diminuisce il plusvalore.”
“Terzo: Aumento o diminuzione del plusvalore sono sempre conseguenza
e mai causa della corrispondente diminuzione e del corrispondente aumento del
valore della forza-lavoro.”
Dunque, se la parte del
tempo di lavoro necessario per la riproduzione della forza lavoro diminuisce
grazie per esempio alla forza produttiva, allora diminuisce anche il valore
della forza lavoro, cioè ci vuole meno tempo per la sua riproduzione, ma fino ad un certo limite, che diventa il nuovo limite di valore della forza
lavoro oltre il quale, dati i presupposti iniziali, il capitalista non può
andare. E appunto: “Il grado della diminuzione, il cui limite minimo è
costituito da 3 scellini, dipende dal
peso relativo che la pressione del capitale da un lato e la resistenza degli
operai dall’altro gettano sulla bilancia.”
La forza produttiva,
quindi, permette il variare del valore della forza-lavoro, cioè dei mezzi di
sussistenza ma non la massa di
questi mezzi, perché questa massa può “crescere
contemporaneamente e nella stessa proporzione per l’operaio e per il
capitalista, senza che si abbia una variazione di grandezza fra prezzo della
forza-lavoro e plusvalore.” E questa sembra una cosa buona. Ma se si guarda al
rapporto tra pulsvalore e forza-lavoro, si vede che il valore della forza
lavoro scenderebbe in proporzione, “scenderebbe
costantemente e così si allargherebbe l’abisso fra le condizioni di vita
dell’operaio e quelle del capitalista.”
“II.
Giornata lavorativa costante, forza produttiva del lavoro costante, intensità
del lavoro variabile.
“Intensità crescente del
lavoro presuppone aumento del dispendio di lavoro entro uno stesso periodo di
tempo. La giornata di lavoro più intensa s’incarna quindi in più prodotti che
la giornata meno intensa d’eguale numero di ore, … s’incarna in un più alto prodotto di valore, e
quindi, invariato rimanendo il valore del denaro, in più denaro.” Anche oggi
ciò si traduce, per citare solo qualche esempio, in una catena di montaggio
sempre più veloce e nel tentativo di abolire definitivamente le pause.
“Se l’intensità del
lavoro aumentasse contemporaneamente e uniformemente in tutti i rami d’industria,
il nuovo grado d’intensità più elevato diventerebbe il grado normale sociale e
comune e cesserebbe con ciò di contare come grandezza estensiva. Tuttavia,
anche allora i gradi d’intensità medi rimarrebbero differenti nelle differenti
nazioni, e modificherebbero perciò l’applicazione della legge del valore alle
differenti giornate lavorative nazionali. La
giornata lavorativa più intensa di una nazione si rappresenta in una
espressione monetaria più alta che non quella meno intensa di un’altra nazione.”
“III.
Forza produttiva e intensità del lavoro costanti, giornata lavorativa
variabile.
“La
giornata lavorativa può variare in due direzioni. Può essere abbreviata o
prolungata.”
1.
Se la giornata lavorativa viene abbreviata, dice Marx, eguali rimanendo
la forza produttiva e l’intensità del lavoro, allora il valore della
forza-lavoro e quindi il tempo di lavoro necessario rimane uguale. Ciò che si
abbrevia dunque è il lavoro in più, il pluslavoro e con esso diminuisce il plusvalore.
È per questo che è
giusta la battaglia senza fine dei lavoratori per abbreviare la giornata di
lavoro. E a questa situazione i padroni rispondono provando ad abbassare il
prezzo della forza-lavoro “al di sotto del suo valore” è solo così che “il
capitalista potrebbe evitare una perdita.”
2. Con il prolungamento
della giornata lavorativa, ammettiamo di due ore, afferma Marx, cresce il
plusvalore anche se il valore della forza-lavoro rimane uguale. E in questo
caso non solo aumenta il plusvalore in senso assoluto, ma anche relativamente
al valore della forza lavoro.
Inoltre con la giornata
lavorativa prolungata “il prezzo della forza-lavoro può scendere al di sotto
del suo valore, benché nominalmente rimanda invariato o anzi salga. Il valore
giornaliero della forza-lavoro è infatti valutato, come si ricorderà, in base
alla durata media normale ossia al periodo di vita normale dell’operaio” che in
queste ore in più di lavoro naturalmente si logora e questo sforzo maggiore deve
essere compensato. Ma, aggiunge Marx: “Fino
a un certo punto il maggiore logoramento della forza-lavoro, inseparabile
dal prolungamento della giornata lavorativa,
può essere compensato da maggiore reintegrazione. Al di là di questo punto il logoramento cresce in progressione
geometrica, e insieme vengono distrutte
tutte le condizioni normali di riproduzione e attività della forza-lavoro. Il
prezzo della forza-lavoro e il grado del suo sfruttamento cessano di essere
grandezze commensurabili tra di loro.”
“IV.
Variazioni contemporanee nella durata, forza produttiva e intensità del lavoro.
Qui il numero delle combinazioni,
dice Marx, può essere grande dato che i vari fattori possono variare in diversi
modi, e le analisi precedenti aiutano. Per cui adesso “prenderemo ancora nota
brevemente solo di due casi importanti.”
1.
Forza produttiva del lavoro in diminuzione con prolungamento contemporaneo
della giornata lavorativa:
“Quando parliamo di forza
produttiva del lavoro in diminuzione – chiarisce Marx - si tratta di rami di
lavoro i cui prodotti determinano il
valore della forza-lavoro, dunque per esempio di forza produttiva del
lavoro in diminuzione a causa di un’aumentata sterilità del terreno e di un
corrispondente rincaro dei prodotti del terreno.”
“Quindi, diminuendo la forza produttiva del lavoro
e prolungandosi contemporaneamente la
giornata lavorativa la grandezza assoluta del plusvalore può rimanere
invariata, mentre diminuirà la sua grandezza proporzionale; la sua grandezza
proporzionale può rimanere invariata, mentre la sua grandezza assoluta aumenta;
e, a seconda del grado di prolungamento, possono aumentare entrambe.”
Un esempio concreto ci
dice che “Nel periodo dal 1799 al
1815 l’aumento dei prezzi dei mezzi di
sussistenza provocò in Inghilterra un aumento nominale dei salari, benché i salari reali, espressi in
mezzi di sussistenza, diminuissero.”
Anche in questo caso, dice Marx, gli economisti classici non compresero il
fenomeno e quindi gli effetti nella realtà della condizione delle classi che
descrive così: “Ma grazie all’aumento
dell’intensità del lavoro e al forzato prolungamento del tempo di lavoro,
allora il plusvalore era cresciuto, tanto in assoluto che relativamente. Fu
quello il periodo in cui il prolungamento smisurato della giornata lavorativa
acquistò il diritto di cittadinanza, fu
il periodo caratterizzato specificamente da un aumento accelerato qua del
capitale, là del pauperismo.”
2.
Intensità e forza produttiva del lavoro in aumento e contemporaneo
abbreviamento della giornata lavorativa:
Si tratta di due fattori
che aumentano la massa dei prodotti
in ciascun periodo di tempo e accorciano
quindi la parte della giornata
lavorativa che serve all’operaio per la produzione dei propri mezzi di
sussistenza. La diminuzione di
questa parte della giornata lavorativa che Marx definisce costitutiva ma contrattile,
ha però un limite assoluto, si può
accorciare solo fino ad un certo punto, infatti: “Se tutta la giornata lavorativa si riducesse a quella parte” che
serve all’operaio a riprodurre i propri mezzi di sostentamento “il pluslavoro scomparirebbe, il che è impossibile sotto il regime del capitale.”
A
questo punto per differenza Marx fa l’esempio di cosa
sarebbe la giornata lavorativa se non esistesse il capitalismo.
sarebbe la giornata lavorativa se non esistesse il capitalismo.
“L’eliminazione della forma di
produzione capitalistica permette di limitare
la giornata lavorativa al lavoro necessario. Tuttavia quest’ultimo, invariate rimanendo le altre circostanze, estenderebbe la sua parte: da un lato,
perché le condizioni di vita dell’operaio si farebbero più ricche e le esigenze
della sua vita maggiori. Dall’altro lato, una parte dell’attuale pluslavoro
rientrerebbe allora nel lavoro necessario, cioè nel lavoro necessario per
ottenere un fondo sociale di riserva e di accumulazione.”
E ancora: “Quanto più cresce la forza produttiva del
lavoro, tanto più può essere abbreviata la giornata lavorativa, e quanto
più viene abbreviata la giornata lavorativa, tanto più potrà crescere
l’intensità del lavoro. Da un punto di
vista sociale la produttività del lavoro cresce anche con la sua economia.
Quest’ultima comprende non soltanto il risparmio
nei mezzi di produzione, ma l’esclusione
di ogni lavoro senza utilità. Mentre il modo di produzione capitalistico
impone risparmio in ogni azienda individuale, il suo anarchico sistema della
concorrenza determina lo sperpero più
smisurato dei mezzi di produzione sociali e delle forze-lavoro sociali
oltre a un numero stragrande di funzioni attualmente indispensabili, ma in sé e
per sé superflue.
“Date l’intensità e la
forza produttiva del lavoro, la parte
della giornata lavorativa sociale necessaria per la produzione materiale sarà
tanto più breve, e la parte di tempo
conquistata per la libera attività mentale e sociale degli individui sarà
quindi tanto maggiore, quanto più il
lavoro sarà distribuito proporzionalmente su tutti i membri della società
capaci di lavorare, e quanto meno
uno strato della società potrà allontanare da sé la necessità naturale del
lavoro e addossarla ad un altro strato. Il limite assoluto
dell’abbreviamento della giornata lavorativa è sotto questo aspetto l’obbligo generale del lavoro. Nella società capitalistica si produce
tempo libero per una classe mediante la trasformazione in tempo di lavoro di
tutto il tempo di vita delle masse.”
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