lunedì 9 febbraio 2015

pc 9 febbraio - Per approfondire la questione Charlie Hebdo occorre tornare indietro - 3a parte

Seconda parte della relazione del La Nuova Bandiera - PCm al meeting internazionale "dalla rivolta delle banleues alla rivoluzione proletaria" svoltosi a Parigi nell'aprile 2006.


I comunisti non mitizzano le rivolte delle banlieues, ma hanno chiaro che ovunque vive, lavora la gioventù proletaria, il proletariato, oggi ci sono le condizioni della ribellione e della sua trasformazione attraverso la guerra rivoluzionaria di lunga durata in rivoluzione proletaria.

Per coloro che vogliono fare la rivoluzione nei paesi imperialisti, per i comunisti che ne dovrebbero costituire il reparto d’avanguardia la rivolta è ricca di insegnamenti e da questo bisogna partire.
Mao dice: “Essere attaccati dal nemico è un bene non un male. Dobbiamo sostenere tutto ciò che il nemico combatte e combattere tutto ciò che il nemico sostiene”. Quindi, essere dalla parte della rivolta è stata una discriminate fondamentale. Le forme con cui lo Stato e il sistema l’ha combattuta sono più che sufficienti per scegliere da che parte stare. Ma definire da che parte stare è condizione necessaria ma non sufficiente.
Mao sostiene: “Chiunque stia dalla parte del popolo rivoluzionario non solo a parole ma anche con le azioni è un autentico rivoluzionario”. Non tutto nella rivolta della gioventù proletaria va considerato giusto e corretto, non tutte le azioni militanti che si sono sviluppate negli scontri erano quelle necessarie, ma questo è stato preso a pretesto non solo da borghesi e riformisti, ma anche da gruppi di opportunisti e falsi rivoluzionari per prendere le distanze dalla rivolta. Mao dice: “I difetti del popolo vanno criticati, ma nel farlo bisogna essere sulle posizioni del popolo e la nostra critica deve partire dal desiderio ardente di proteggere ed educare”.
Opportunisti e falsi rivoluzionari non vogliono comprendere che le masse attraverso l’esperienza apprendono e sono in grado di superare difetti e limiti delle loro precedenti iniziative. Ma questo avviene con l’arma della guerra non al posto della guerra. Mao dice: “La guerra rivoluzionaria è un antitossico che non solo elimina il veleno del nemico ma libera anche noi da ogni impurità”.
Ciò che la rivolta ha riproposto nel cuore dei paesi imperialisti è appunto la necessità e attualità della violenza rivoluzionaria, la necessità e attualità della guerra rivoluzionaria.
Come dice Mao: “la rivoluzione è un’insurrezione, un atto di violenza con cui una classe ne rovescia un’altra”.
Chi prende le distanze dalla rivolta, chi lo fa attraverso mille distinguo, è a questa verità che si afferma e al suo movimento reale che si oppone.
La guerra rivoluzionaria del proletariato nasce dalla considerazione di fondo che la rivolta ha messo bene in luce che, come dice Mao, “Le loro persecuzioni contro il popolo rivoluzionario non possono che spingere ad estendere ed intensificare le rivoluzioni”.
La gioventù ribelle ha messo chiaramente in campo le affermazioni maoiste che “è giusto ribellarsi” e che “non dobbiamo per nessuna ragione farci intimorire dall’aspetto terribile dei reazionari”. Né, tantomeno, la conclusione della rivolta può essere motivo di pessimismo. “Tutti i punti di vista – dice ancora Mao - che sopravvalutano la forza del nemico e sottovalutano la forza del popolo sono errati”.
Per questo, la rivolta della gioventù proletaria pone sul tappeto migliori condizioni per la questione della costruzione del partito per la rivoluzione. E’, infatti, la questione del partito l’anello chiave che il nostro Rencontre pone nell’affermare “Dalla rivolta delle banlieues alla rivoluzione proletaria”.
Mao sostiene: “Se si vuol fare la rivoluzione ci deve essere un partito rivoluzionario.
Perché la rivolta ci pone il compito - sempre come dice Mao – di “dare a questo movimento (rivoluzionario, socialista) una guida attiva, entusiastica e sistematica”.
La scelta della costruzione del partito in funzione della guerra rivoluzionaria definisce il compito, ma anche la forma del partito necessario oggi in Francia e nei paesi imperialisti. La scelta di integrarsi nella rivolta, di legarsi alla gioventù proletaria che si è ribellata, è basata sulla piena comprensione che “la guerra rivoluzionaria è la guerra delle masse, è possibile condurla soltanto mobilitando le masse e facendo affidamento su di esse”, e che “un gruppo dirigente veramente unito e legato alle masse può formarsi gradualmente solo nel processo delle lotte di massa e non separatamente da esso”.
I comunisti e le forze rivoluzionarie in Francia, a fronte della rivolta si sono dimostrate manifestatamene inadeguate. Anche coloro che l’hanno appoggiata e condivisa hanno agito come coloro che descrive Mao: “coloro che in periodo rivoluzionario sanno solo seguire le vecchie abitudini sono assolutamente incapaci di vedere questo entusiasmo (delle masse) sono dei ciechi e tutto è nero davanti a loro. A volte arrivano a confondere il giusto con l’errato, il nero col bianco. Di persone di questo tipo non ne abbiamo forse incontrate abbastanza?... Basta che appaia qualcosa di nuovo essi subito lo disapprovano o si affrettano ad avversarlo. Più tardi devono ammettere la loro sconfitta e fanno una piccola autocritica. Ma in seguito quando appare una cosa nuova, ripercorrono l’intero processo. Questo è il loro tipico comportamento verso qualunque cosa nuova. Tali persone sono sempre passive e non avanzano mai nel momento critico. Hanno sempre bisogno di una violenta spinta prima di muovere un passo”.
La rivolta della gioventù proletaria chiama i comunisti mlm a un nuovo inizio, nell’applicazione del marxismo-leninismo-maoismo alla realtà concreta, nell’integrazione con le masse proletarie, nell’avviare la guerra rivoluzionaria. Mao insegna: “il nostro metodo principale è imparare a fare la guerra, facendola”, “una guerra rivoluzionaria è un’impresa di massa. Spesso non si tratta di imparare prima e di agire poi, ma al contrario, di agire e poi imparare, perchè agire è imparare”, “Dobbiamo bandire dalle nostre fila ogni ideologia fiacca e sterile”.
La costruzione del partito e la trasformazione della rivolta in rivoluzione richiede un’integrazione e uno spirito di dura lotta nelle fila della gioventù proletaria. Occorre aiutare a fare un’analisi giusta e corretta della rivolta, a partire dall’analisi corretta della natura del nemico. Sempre Mao sostiene: “L’imperialismo e tutti i reazionari hanno una duplice natura, sono al tempo stesso tigri vere e tigri di carta. Le tigri vere divorano gli uomini, li divorano a milioni, a decine di milioni, ma alla fine si sono trasformate in tigri di carta. Valutate nella loro essenza con criterio lungimirante e da un punto di vista strategico, devono essere visti per ciò che sono, tigri di carta. Su questo si basa il nostro pensiero strategico. D’altra parte essi sono anche tigri vive, tigri di ferro, vere tigri che possono divorare gli uomini. Su questo si basa il nostro pensiero tattico”, “Disprezzare i nostri nemici dal punto di vista strategico, ma dal punto di vista tattico li dobbiamo considerare seriamente” .
Il bilancio proletario della rivolta deve legare dialetticamente due elementi segnalati da Mao: “Lottare, fallire, lottare ancora, fallire ancora, lottare ancora... fino alla vittoria.
Questa è la logica del popolo... questa è una legge marxista”, “ogni guerra giusta rivoluzionaria è dotata di una forza enorme, può trasformare molte cose o aprire la strada alla loro trasformazione”.
Occorre fare insieme alla gioventù proletaria un bilancio della rivolta che tenga conto di questo insegnamento di Mao: “nei ranghi della rivoluzione è necessario fare una chiara distinzione tra giusto ed errato, tra successi e deficienze e inoltre stabilire quale dei due sia al primo posto, quale al secondo. Nell’esaminare i problemi non dobbiamo mai dimenticare di tracciare queste due linee di demarcazione, tra rivoluzione e controrivoluzione, tra successi e deficienze. Per fare bene queste distinzioni sono necessari uno studio e un’analisi accurata”. Nella convinzione che – lo abbiamo affermato in questo Rencontre - in Francia e nei paesi imperialisti per noi comunisti è l’ora, come dice Mao di “ affrontare il mondo e sfidare la tempesta, il grande mondo e la violenta tempesta delle lotte di massa”.

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