I
giovani delle banlieues nella rivolta hanno agitato le istanze di libertà,
trasformazione, socialità, riappropriazione, rifiuto del modo ordinario di
vivere, vestire, pensare, che anima la gioventù di Francia, come la gioventù
dei paesi imperialisti, qualunque sia il colore della pelle, il paese d’origine.
La gioventù proletaria ha posto in forme radicali, ultimative, perfino
simbolicamente, l’attualità della legge scientifica che senza distruzione non c’è
costruzione. Fa ancora più paura alla borghesia la ribellione proletaria se è la
gioventù a prendere il posto in prima fila perché mostra che non con un fuoco
di paglia si deve misurare ma con una nuova possibile ondata della lotta
rivoluzionaria del proletariato.
Sempre la gioventù ha anticipato il più
generale movimento rivoluzionario del proletariato e delle masse.
La rivolta della gioventù proletaria nelle
banlieues ha mostrato come tutti gli aspetti, tutti i fermenti che animano il
movimento giovanile possono rivolgersi contro lo Stato.
La colonna sonora rap, l’organizzazione delle
tifoserie, i fermenti di costume, che nelle forme abitudinarie si presentano
pur sempre ambigue tra adeguamento alla società esistente e trasgressione da
essa, quando si fondono con le condizioni economiche e sociali, sciolgono la
loro ambiguità e i giovani le rivoltano contro il sistema del capitale, le sue
leggi, la sua faccia concentrata dello Stato di polizia che vuole imporre
questo sistema e queste leggi come intoccabili.
e figli di immigrati e subisce sulla sua
pelle questa doppia oppressione di essere nello stesso tempo proletaria e
immigrata, di subire quindi la discriminazione, di essere considerata cittadino
di serie B, straniera in casa propria, straniera nei luoghi in cui è nata, di “razza
non bianca”, emarginata ed emarginabile in qualsiasi momento della propria
esistenza.
Ma questo è il frutto del carattere
imperialista del paese in cui vive, del fatto di nascere, vivere o essere
giunta nei paesi in cui è concentrata la ricchezza di pochi basata sulla rapina
dei molti. Le leggi del sistema imperialista e dell’attuale divisione del mondo
producono giganteschi flussi di immigrati che sfuggono dalla miseria, dalla
fame, dalle malattie, dalle guerre, ecc., e producono, come sempre finchè c’è l’imperialismo,
la trasformazione di questi immigrati e dei loro figli nati nei paesi
imperialisti in proletariato più sfruttato. Questo incide nella composizione e
nella coscienza del proletariato che porta nella sua lotta le istanze di
trasformazione delle due facce del pianeta del sistema imperialista attuale:
del paese d’origine oppresso dall’imperialismo e del paese imperialista.
Nella coscienza di questo nuovo proletariato
si fondono, come ricchezze e limiti, retaggi feudali dei paesi oppressi e
rifiuto della putrefazione dei paesi imperialisti. Questo è un carattere di
moderna diversità dei paesi imperialisti, e questa diversità può e deve trasformarsi
in ricchezza perché concentra nella lotta del proletariato le aspirazioni trasformative
delle due facce del pianeta.
Il proletariato giovane immigrato e figlio di
immigrati con la sua rivolta “esclusiva” dà voce agli “esclusi”, agli sfruttati
di tutto il sistema imperialista.
La gioventù proletaria è oggi composta
essenzialmente di giovani disoccupati, di senza- lavoro, di lavoratori precari,
di figli di operai, di lavoratori divenuti anch’essi disoccupati e precari. E’
chiaro quindi che non ha spesso gli stessi luoghi di aggregazione, la fabbrica,
il posto di lavoro, gli stessi strumenti sindacali e politici su cui cresce la
lotta e imperialiste essa è multinazionale,
multirazziale, riempita com’è di giovani figli di immigrati o immigrati essi
stessi, ed è concentrata in quartieri ghetto, espulsa dal centro città, dai quartieri
residenziali. La rivolta ha concentrato tutti questi aspetti ed è anch’essa
figlia della concentrazione di tutti questi aspetti.
Questi aspetti certo non si presentano nelle
stesse forme in tutti paesi imperialisti – ad esempio in Italia dove la
presenza nei quartieri dell’immigrazione è ancora bassa e gli immigrati stessi
sono appena o poco più che alla prima generazione, e la seconda generazione è
presente solo a ‘macchia di leopardo’ - ma i fattori di differenza vengono utilizzati
dagli analisti borghesi e riformisti per isolare la rivolta della Francia,
esorcizzarne il contagio e per far leva sulle differenze rispetto alla
condizione delle banlieues, per considerarlo un evento episodico, “francese”,
irripetibile.
Ma questo tipo di rivolta non si è presentata
solo in Francia ma anche in altri paesi imperialisti, da Los Angeles a Brixton,
ecc. Ma anche se fosse vero tutto ciò che viene detto, con le lenti dialettiche
dell’analisi di classe, e non quelle meccaniche, scolastiche e metafisiche di
tanti presunti analisti o sedicenti marxisti, è possibile guardare non a ciò che
vi è di particolare ma a ciò che è generale nella rivolta della gioventù
proletaria francese.
E’ o no la gioventù proletaria in tutti i
paesi imperialisti, anche se non concentrata in banlieues, nella sua
grandissima maggioranza, precaria, sottopagata, senza voce, ghettizzata? In
Italia, non sono la gran parte delle città del sud, grandi, piccole, medie, ad essere
caratterizzate da un simile tipo di gioventù? E chi l’ha detto poi che la
mancanza di concentrazione non possa diventare un fattore espansivo in ogni
ambito delle metropoli imperialiste delle ragioni e opportunità di ribellione
della gioventù proletaria? Pur non essendo basata sul colore della pelle, sull’origine
e sulla lingua, si riproducono in forme assimilabili a quelle delle banlieues
francesi tutte le forme di discriminazione, emarginazione, rese acute dal
contrasto sociale, tra i ricchi, al cui centro sono i padroni che hanno i loro
quartieri, i loro ristoranti, i loro ambienti, i loro negozi, i loro modi di
vivere, e l’universo della gioventù proletaria con gigantesche
masse di irretiti ma esclusi.
Verso questa gioventù proletaria si vanno
concentrando le forme di repressione, controllo, persecuzione dei moderni Stati
di polizia. E in tutte le forme di aggregazione di questa gioventù, nei
quartieri, sul territorio, nella fabbrica diffusa del lavoro precario, si sviluppa
un universo a parte di legami, comunanza per gruppi, bande, comitive, in cui cresce,
insieme alla noia e all’esclusione, la rabbia e la ribellione.
Nello stesso tempo, cosa sono e cosa stanno
diventando le fabbriche di giovani operai, che certo hanno un lavoro, più soldi
in tasca, che influenza il loro modo di vivere e di pensare fuori dalla
fabbrica, ma che dentro la fabbrica vivono un senso di emarginazione, esclusione,
repressione, controllo, sfruttamento, negazione della vita, una schiavitù salariata,
una flessibilità e precarizzazione che fa maturare l’inaccettabilità di una
vita eterna da sfruttati? Albergano nella gioventù operaia gli stessi
sentimenti di rivolta. In fabbrica la faccia del poliziotto è quella del ‘capo’
che asfissia, insulta, minaccia, controlla, perché vuole costringere a fare
tutto sull’altare del plusvalore, del profitto.
Riformisti
e opportunisti, falsi comunisti non vedono la comunanza del fuoco sotto la cenere,
perché sono parte del sistema del nemico oppressore e mangiano alla sua greppia,
fossero anche travestiti da sindacalista o da “gente di sinistra”. Il
filisteismo piccolo-borghese e la sinistra di palazzo o “normativa” sono contro
la ribellione della gioventù proletaria e sono dentro il sistema politico,
culturale, ideologico della società dominante.
I comunisti
marxisti-leninisti-maoisti, i giovani che essi organizzano sono e devono essere
avanguardie coscienti e osservatori e agenti della faccia nascosta ma vera
dello scontro di classe nelle metropoli imperialiste; si alimentano dello
stesso odio, si fanno prima linea e attivi organizzatori, imparano con l’arma
del marxismo-leninismo-maoismo e costruendo l’organizzazione proletaria d’avanguardia,
la lingua del proletariato ribelle, sono con la mente e il piano, quando ancora
non riescono ad esserlo con il radicamento, dentro la dinamica della rivolta
che analizzano come guerra di classe, essi guardano alla spontaneità come
embrione di coscienza, e con la linea di massa - che non è né può essere quella
dello sviluppo di un movimento pacifico di massa, di cui si fa un’apologia
disarmante - concentrano il loro lavoro nel trasformare le istanze delle masse da
scontro con il potere borghese a scontro per il potere, nel fuoco della lotta
di classe .
Fine 2a parte - continua
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