domenica 8 febbraio 2015

pc 8 febbraio - Per approfondire la questione Charlie Hebdo occorre tornare indietro - 2a parte

Seconda parte della relazione del La Nuova Bandiera - PCm al meeting internazionale "dalla rivolta delle banleues alla rivoluzione proletaria" svoltosi a Parigi nell'aprile 2006.

I giovani delle banlieues nella rivolta hanno agitato le istanze di libertà, trasformazione, socialità, riappropriazione, rifiuto del modo ordinario di vivere, vestire, pensare, che anima la gioventù di Francia, come la gioventù dei paesi imperialisti, qualunque sia il colore della pelle, il paese d’origine.
La gioventù proletaria ha posto in forme radicali, ultimative, perfino simbolicamente, l’attualità della legge scientifica che senza distruzione non c’è costruzione. Fa ancora più paura alla borghesia la ribellione proletaria se è la gioventù a prendere il posto in prima fila perché mostra che non con un fuoco di paglia si deve misurare ma con una nuova possibile ondata della lotta rivoluzionaria del proletariato.
Sempre la gioventù ha anticipato il più generale movimento rivoluzionario del proletariato e delle masse.
La rivolta della gioventù proletaria nelle banlieues ha mostrato come tutti gli aspetti, tutti i fermenti che animano il movimento giovanile possono rivolgersi contro lo Stato.
La colonna sonora rap, l’organizzazione delle tifoserie, i fermenti di costume, che nelle forme abitudinarie si presentano pur sempre ambigue tra adeguamento alla società esistente e trasgressione da essa, quando si fondono con le condizioni economiche e sociali, sciolgono la loro ambiguità e i giovani le rivoltano contro il sistema del capitale, le sue leggi, la sua faccia concentrata dello Stato di polizia che vuole imporre questo sistema e queste leggi come intoccabili.
e figli di immigrati e subisce sulla sua pelle questa doppia oppressione di essere nello stesso tempo proletaria e immigrata, di subire quindi la discriminazione, di essere considerata cittadino di serie B, straniera in casa propria, straniera nei luoghi in cui è nata, di “razza non bianca”, emarginata ed emarginabile in qualsiasi momento della propria esistenza.
Ma questo è il frutto del carattere imperialista del paese in cui vive, del fatto di nascere, vivere o essere giunta nei paesi in cui è concentrata la ricchezza di pochi basata sulla rapina dei molti. Le leggi del sistema imperialista e dell’attuale divisione del mondo producono giganteschi flussi di immigrati che sfuggono dalla miseria, dalla fame, dalle malattie, dalle guerre, ecc., e producono, come sempre finchè c’è l’imperialismo, la trasformazione di questi immigrati e dei loro figli nati nei paesi imperialisti in proletariato più sfruttato. Questo incide nella composizione e nella coscienza del proletariato che porta nella sua lotta le istanze di trasformazione delle due facce del pianeta del sistema imperialista attuale: del paese d’origine oppresso dall’imperialismo e del paese imperialista.
Nella coscienza di questo nuovo proletariato si fondono, come ricchezze e limiti, retaggi feudali dei paesi oppressi e rifiuto della putrefazione dei paesi imperialisti. Questo è un carattere di moderna diversità dei paesi imperialisti, e questa diversità può e deve trasformarsi in ricchezza perché concentra nella lotta del proletariato le aspirazioni trasformative delle due facce del pianeta.
Il proletariato giovane immigrato e figlio di immigrati con la sua rivolta “esclusiva” dà voce agli “esclusi”, agli sfruttati di tutto il sistema imperialista.
La gioventù proletaria è oggi composta essenzialmente di giovani disoccupati, di senza- lavoro, di lavoratori precari, di figli di operai, di lavoratori divenuti anch’essi disoccupati e precari. E’ chiaro quindi che non ha spesso gli stessi luoghi di aggregazione, la fabbrica, il posto di lavoro, gli stessi strumenti sindacali e politici su cui cresce la lotta e imperialiste essa è multinazionale, multirazziale, riempita com’è di giovani figli di immigrati o immigrati essi stessi, ed è concentrata in quartieri ghetto, espulsa dal centro città, dai quartieri residenziali. La rivolta ha concentrato tutti questi aspetti ed è anch’essa figlia della concentrazione di tutti questi aspetti.
Questi aspetti certo non si presentano nelle stesse forme in tutti paesi imperialisti – ad esempio in Italia dove la presenza nei quartieri dell’immigrazione è ancora bassa e gli immigrati stessi sono appena o poco più che alla prima generazione, e la seconda generazione è presente solo a ‘macchia di leopardo’ - ma i fattori di differenza vengono utilizzati dagli analisti borghesi e riformisti per isolare la rivolta della Francia, esorcizzarne il contagio e per far leva sulle differenze rispetto alla condizione delle banlieues, per considerarlo un evento episodico, “francese”, irripetibile.
Ma questo tipo di rivolta non si è presentata solo in Francia ma anche in altri paesi imperialisti, da Los Angeles a Brixton, ecc. Ma anche se fosse vero tutto ciò che viene detto, con le lenti dialettiche dell’analisi di classe, e non quelle meccaniche, scolastiche e metafisiche di tanti presunti analisti o sedicenti marxisti, è possibile guardare non a ciò che vi è di particolare ma a ciò che è generale nella rivolta della gioventù proletaria francese.
E’ o no la gioventù proletaria in tutti i paesi imperialisti, anche se non concentrata in banlieues, nella sua grandissima maggioranza, precaria, sottopagata, senza voce, ghettizzata? In Italia, non sono la gran parte delle città del sud, grandi, piccole, medie, ad essere caratterizzate da un simile tipo di gioventù? E chi l’ha detto poi che la mancanza di concentrazione non possa diventare un fattore espansivo in ogni ambito delle metropoli imperialiste delle ragioni e opportunità di ribellione della gioventù proletaria? Pur non essendo basata sul colore della pelle, sull’origine e sulla lingua, si riproducono in forme assimilabili a quelle delle banlieues francesi tutte le forme di discriminazione, emarginazione, rese acute dal contrasto sociale, tra i ricchi, al cui centro sono i padroni che hanno i loro quartieri, i loro ristoranti, i loro ambienti, i loro negozi, i loro modi di vivere, e l’universo della gioventù proletaria con gigantesche masse di irretiti ma esclusi.
Verso questa gioventù proletaria si vanno concentrando le forme di repressione, controllo, persecuzione dei moderni Stati di polizia. E in tutte le forme di aggregazione di questa gioventù, nei quartieri, sul territorio, nella fabbrica diffusa del lavoro precario, si sviluppa un universo a parte di legami, comunanza per gruppi, bande, comitive, in cui cresce, insieme alla noia e all’esclusione, la rabbia e la ribellione.
Nello stesso tempo, cosa sono e cosa stanno diventando le fabbriche di giovani operai, che certo hanno un lavoro, più soldi in tasca, che influenza il loro modo di vivere e di pensare fuori dalla fabbrica, ma che dentro la fabbrica vivono un senso di emarginazione, esclusione, repressione, controllo, sfruttamento, negazione della vita, una schiavitù salariata, una flessibilità e precarizzazione che fa maturare l’inaccettabilità di una vita eterna da sfruttati? Albergano nella gioventù operaia gli stessi sentimenti di rivolta. In fabbrica la faccia del poliziotto è quella del ‘capo’ che asfissia, insulta, minaccia, controlla, perché vuole costringere a fare tutto sull’altare del plusvalore, del profitto.
Riformisti e opportunisti, falsi comunisti non vedono la comunanza del fuoco sotto la cenere, perché sono parte del sistema del nemico oppressore e mangiano alla sua greppia, fossero anche travestiti da sindacalista o da “gente di sinistra”. Il filisteismo piccolo-borghese e la sinistra di palazzo o “normativa” sono contro la ribellione della gioventù proletaria e sono dentro il sistema politico, culturale, ideologico della società dominante.
I comunisti marxisti-leninisti-maoisti, i giovani che essi organizzano sono e devono essere avanguardie coscienti e osservatori e agenti della faccia nascosta ma vera dello scontro di classe nelle metropoli imperialiste; si alimentano dello stesso odio, si fanno prima linea e attivi organizzatori, imparano con l’arma del marxismo-leninismo-maoismo e costruendo l’organizzazione proletaria d’avanguardia, la lingua del proletariato ribelle, sono con la mente e il piano, quando ancora non riescono ad esserlo con il radicamento, dentro la dinamica della rivolta che analizzano come guerra di classe, essi guardano alla spontaneità come embrione di coscienza, e con la linea di massa - che non è né può essere quella dello sviluppo di un movimento pacifico di massa, di cui si fa un’apologia disarmante - concentrano il loro lavoro nel trasformare le istanze delle masse da scontro con il potere borghese a scontro per il potere, nel fuoco della lotta di classe .
Fine 2a parte - continua

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