sabato 29 gennaio 2011

pc quotidiano 29 gennaio - salutiamo il nuovo spazio occupato a napoli

Apre lo Spazio Occupato Fanon: un nuovo luogo di confronto, lotta, aggregazione nel centro storico di Napoli
Venerdì 28 Gennaio 2011 13:15 cau .Inauguriamo lo Spazio Occupato Fanon con musica, cibo, vino venerdì 28 gennaio dalle ore 20:30 (largo Banchi Nuovi - alle spalle di Palazzo Giusso - Orientale)



CHI SIAMO?


Da alcuni giorni un gruppo di studenti e lavoratori che vengono da varie esperienze di lotta, ha deciso di riappropriarsi di uno spazio, sottraendolo all'abbandono e all'indifferenza, per renderlo un luogo di incontro e aggregazione dove possano confrontarsi idee ed esperienze, dove lotte diverse (antimperialiste, antisessiste, per il diritto allo studio e al lavoro, etc.) possano provare a rafforzarsi reciprocamente.

Per questo Spazio Occupato abbiamo scelto il nome di Frantz Fanon, psichiatra martinicano che ha combattuto al fianco dei rivoluzionari algerini nella lotta per la conquista dell'indipendenza, morto nel 1961, esattamente 50 anni fa. Speriamo che il ricordo della sua vita eroica e dei suoi scritti, ispiratori di molti movimenti di liberazione e del Black Panther Party, possa così essere strappato all'oblio nel quale è stato troppo a lungo confinato.

Vogliamo riprenderci questo piccolo spazio per tramutare qualcosa di nessuno in qualcosa che sia sentito e vissuto come di tutti, per trasformare un luogo che da anni è inutilizzato, vuoto, morto, in uno spazio vivo. Possiamo farlo solo con l'impegno attivo, la soldarietà e la partecipazione di tutti: sono solo pochi metri quadri, ma per noi è una grande sfida.



FANON E' MORTO DA 50 ANNI. EPPURE E' ANCORA VIVO.


Frantz Fanon fu uno scrittore, uno psichiatra, un filosofo. Ma soprattutto un rivoluzionario.
Nato e cresciuto a Fort-de France, in Martinica, ha avuto come maestro il poeta Aimé Césaire, ha studiato medicina in Francia, ha lavorato come psichiatra ad Algeri, contestando i metodi della psichiatria classica, ha combattuto con il Fronte di Liberazione Nazionale algerino. È morto nel 1961, a soli 36 anni, in un ospedale di Washington, subito dopo aver terminato la sua opera più celebre, I dannati della terra, che diverrà il manifesto di tanti movimenti rivoluzionari e di liberazione, tra cui quello delle Pantere Nere. Pochi mesi dopo la morte la sua Algeria si è liberata dal giogo coloniale francese.

Fanon è morto da 50 anni. Eppure è ancora vivo.

Vive nelle battaglie di chi non scambia i propri diritti per concessioni e li difende per sé e per quelli che verranno dopo di lui, di chi non vuole lavorare, vivere e pensare come uno schiavo.
Vive in chi difende una cultura libera, critica e gratuita, perché ci ha saputo mostrare come il sapere sia un’arma forte e potente e lo sfruttamento e la miseria passino per la possibilità di tenere non solo il corpo di un uomo rinchiuso in gabbia, ma anche la sua mente avviluppata nelle catene del pregiudizio, del senso di inferiorità, dell’incapacità di riconoscere un alleato nel proprio simile.
Vive nelle donne che ogni giorno combattono contro se stesse e l’abito di cui il mondo le ha vestite, contro l’idea comune e diffusa che il loro corpo sia terreno di conquista. Donne che non “sperano”, ma sanno ed esigono di essere oggetto amore e rispetto.
Vive nelle lotte dei palestinesi, dei curdi e dei baschi, di tutti i popoli che combattono ogni giorno per il loro diritto all’autodeterminazione, contro lo sfruttamento della loro terra e delle loro risorse naturali, per la possibilità di avere una Patria aldilà dei confini tracciati sulle cartine. Una Patria che vive in una lingua e in una bandiera negata, nel ricordo dei profughi che sognano di tornare a casa, nelle menti libere dei prigionieri che hanno combattuto lo sfruttamento e l’oppressione. Fanon il martinicano, il “negro” che aveva studiato medicina a Parigi, scelse di essere arabo e algerino, di farsi adottare e di adottare la causa di quei ribelli così distanti da lui per cultura, lingua e pelle. Ci ha detto, non solo con i suoi scritti sulla rivoluzione africana, ma con l’esempio vivo delle sue azioni, che la Patria è quella che noi stessi ci scegliamo, quella per la quale lottiamo, quella nella quale ci sentiamo a casa.

Fanon vive nella resistenza di chiunque sia o sia ritenuto “fuori contesto”, anormale, antisociale, antisistemico, perché proprio a chi si sentiva marginale seppe assegnare un ruolo determinante e centrale nella lotta. Perché seppe trasformare in forza sovversiva lo smarrimento, l’assenza di garanzie sociali ed economiche, la mancanza di punti di riferimento e di un’identità comune alla quale fare appello. Seppe cantare come nessun altro lo splendore, ma anche le miserie della violenza e della spontaneità ed individuarne i limiti. Per questi motivi e molti altri ancora, nella sua Algeria, così distante nel tempo e nello spazio, possiamo riconoscere, se la guardiamo con attenzione, il nostro presente. E ispirarci anche a Fanon per trasformarlo.

Sì alla vita. Sì all'amore. Sì alla generosità. Ma l'uomo è anche un No.
No al disprezzo dell'uomo. No all'indegnità dell'uomo. No allo sfruttamento dell'uomo, all'assassinio di quello che c'è di più umano nell'uomo: la sua libertà.
Condurre l'uomo ad essere un “uomo d'azione” mantenendo intorno a sé il rispetto dei valori fondamentali che rendono umano il mondo: questo è il primo scopo di colui che, dopo aver riflettuto, si prepara ad agire.

FRANTZ FANON

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