sabato 22 febbraio 2025

pc 22 febbraio - Imperialismo francese e Africa rapporto in crisi, nelle contraddizioni interimperialiste che si acutizzano - Un contributo

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Estratti
Lo Stato francese possiede ancora alcune colonie o eredità coloniali (Mayotte, Kanaky...), ma la maggior parte degli investimenti diretti esteri (IDE, esportazioni di capitali) che sono un meccanismo primario e fondamentale del capitalismo-imperialismo, avviene in regioni e Stati che non sono direttamente soggetti allo Stato francese.

Total, Vinci, Eiffage, Air liquide, Alsthom, EDF o LVMH, per citarne solo alcuni, sono solo una manciata di monopoli che sfruttano la forza lavoro all'estero, mano nella mano con lo Stato francese sul piano legale e militare, consentendo di fatto un'influenza concreta della borghesia francese su territori in tutto il mondo. La borghesia e l'oligarchia finanziaria cinesi dal canto loro, stanno emergendo come dominanti nell'imperialismo con i loro monopoli nazionalizzati e privati, segno dell'effettivo carattere capitalista della Cina.

In Africa altri imperialismi sono in competizione, i paesi del Medio Oriente, ad esempio, non hanno mai esportato così tanto capitale. Di tutti i Paesi del Golfo, gli Emirati Arabi Uniti sono quelli che investono di più nel continente, seguiti da Arabia Saudita e Qatar. Tra il 2012 e il 2022, gli Emirati sono diventati il quarto investitore straniero diretto in Africa, dietro alla Cina, Unione Europea e Stati Uniti. Ma in un articolo così breve, ci concentreremo sull'attività delle due borghesie monopolistiche francese e cinese in Africa, nel quadro dell'imperialismo mondiale e sulle contraddizioni (e alleanze temporanee) che esistono tra queste borghesie.

Quali sfide?

Innanzitutto dobbiamo chiarire le sfide socio-economiche nelle regioni in cui sono più attive. La Francia è oggi presente militarmente in tre territori: Gibuti, Gabon e Costa d'Avorio. Gibuti è un luogo importante per il flusso delle merci e dei capitali a livello mondiale, situato sulla costa africana del Mar Rosso, attraverso il quale è obbligatorio il passaggio per ogni nave mercantile che attraversa il Canale di Suez. Questo canale ha visto transitare il 10% dell'intero flusso mondiale di merci e capitali. In merito al canale di Suez, Gibuti ospita diversi porti di indubbio interesse strategico. I porti del paese concentrano una capacità massima cumulativa annuale di diverse decine di milioni di tonnellate. Gibuti possiede anche risorse minerarie di sale e di gesso. Per quanto riguarda la Costa d'Avorio è importante notare che il paese è geograficamente opposto a Gibuti, essendo all'incirca alla stessa latitudine, ma sulla costa occidentale.

L'esercito francese dispone di  basi collocata su entrambi i lati dell'Africa; una posizione strategicamente interessante che, con i nuovi mezzi militari attuali, consente il dispiegamento di forze in Africa centrale, nel Sahel e in Nord Africa. Nuovi sottomarini a lunghissima portata, nuovi rifornitori di  volo notturno e maggiore autonomia dell'A330 MRTT, i nuovi radar e le capacità satellitari, i droni e le portaerei di nuova generazione  raddoppiano le capacità della Charles de Gaulle: tutti questi mezzi rendono operative nuove possibilità di rapidi interventi, temporanei, mirati e forti. Inoltre, laddove le basi militari francesi sono chiuse, i nuovi trattati di "cooperazione" prevedono, salvo alcune eccezioni, la presenza di piccoli gruppi di personale francese in grado di fungere da punto di appoggio per guidare interventi sul luogo a seconda della situazione. Lo Stato francese realizza così grandi risparmi sulle basi militari permanenti, molto costose in termini di uomini e di fondi. La Costa d'Avorio ha molti porti, come quello di Abidjan che da solo ha una capacità di 30 milioni di tonnellate all'anno: il più grande porto dell'Africa occidentale, interessante per gli stessi motivi dei porti di Gibuti. La Costa d'Avorio in termini di produzione, possiede diverse importanti risorse naturali, come petrolio, cobalto, ferro, nonché alcune riserve di oro e manganese.

In Gabon, il terzo paese in cui lo Stato francese ha mantenuto una base, la principale sfida economica è rappresentata dalle risorse naturali. Le principali risorse naturali del paese sono le riserve di petrolio stimate tra i 3 e i 4 miliardi di barili, le riserve di gas naturale di circa 30 miliardi di metri cubi, nonché ferro e manganese.

I monopoli francesi

Al di là di questo territorio e di queste sfide, un'analisi delle forze dei monopoli francesi nel Sahel deve prima di tutto tornare su uno degli strumenti più potenti e antichi: il franco CFA (oggi ribattezzato ECO). Ad oggi, Camerun, Ciad, Repubblica Centrafricana, Congo, Gabon e Guinea Equatoriale utilizzano ancora questa moneta nell'ambito della Banca Centrale dell'Africa Occidentale. Le Comore utilizzano il franco comoriano, equivalente della moneta per quest'altra regione. Su questa premessa la borghesia francese gioca la carta del compromesso attraverso nuove alleanze inter-imperialiste o l'attesa dell'evoluzione delle diverse congiunture nazionali prima di impegnarsi nuovamente, piuttosto che quella dell'uscita dei paesi centrali del Sahel.

Pensiamo al disastro economico, umano e ambientale costituito dal megaprogetto petrolifero di TotalEnergies, associato alla cinese CNOOC - perforazione di 419 pozzi e costruzione del più lungo oleodotto riscaldato al mondo (1443 km) -, che continua a suscitare mobilitazioni nei due paesi interessati, Uganda e Tanzania. Di fronte a questa opposizione popolare, i regimi al potere, che si fanno complici di questo peso massimo dell'economia francese attraverso i rispettivi apparati statali, scatenano la repressione.

Total è inoltre all'avanguardia nelle manovre tattiche della borghesia francese, ristrutturando le sue attività anche in Mozambico con il rilancio di un progetto di oleodotto sui giacimenti di gas naturale al largo del paese. In Niger è ancora in corso una lotta economica e politica per recuperare un'area di influenza essenziale per l'uranio. Il Niger rappresenta il 15% dell'approvvigionamento francese. Il gruppo francese ORANO (ex-Areva) ha continuato a sfruttare la miniera di uranio di Somaïr, 800 chilometri a nord di Niamey, fino a ottobre 2024. Questo monopolio francese, detenuto al 90% dallo Stato borghese, è presente in Niger da oltre 50 anni attraverso tre filiali di diritto nigerino, che corrispondono a tre siti minerari dedicati all'estrazione di uranio. Si tratta della Compagnie des mines d'Akokan (Cominak), della Société des mines de l'Aïr (Somaïr) e di Imouraren, un sito gigantesco con una capacità di 20.000 tonnellate di uranio. ORANO ha presentato una denuncia internazionale e ha scelto di interrompere la produzione di questi cantieri in seguito al ritiro da parte dello Stato nigeriano dei diritti di sfruttamento del sito di Imouraren, ancora incerto sulle modalità di alleanza con i monopoli cinesi.

La borghesia francese, come nel caso del progetto Total, attende quindi di verificare quali compromessi e risultati finanziari potranno essere trovati, preferendo rafforzare queste forze economiche e militari in aree più sicure, in attesa dei futuri sviluppi delle lotte di classe. Inoltre, il fabbisogno di approvvigionamento di uranio è già stato completamente assicurato dallo Stato francese con nuovi contratti in Canada e Mongolia....

....Lungi dal diventare una vittima del sistema imperialista mondiale, la borghesia francese è piuttosto incoraggiata ad operare quello che chiameremo, in primo luogo, un cambiamento tattico riguardante specificamente l'Africa. Abbiamo fatto notare in precedenza che la Francia ha già messo in sicurezza zone ricche di uranio in Canada e Mongolia. A ciò si possono aggiungere i prossimi avidi piani finanziari di "ricostruzione" dell'Ucraina da parte dell'UE, i cui contratti devono ancora essere stipulati o la questione del MERCOSUR, altrettante zone di influenza in cui i monopoli francesi sono stati in grado di stabilizzare e mettere in sicurezza numerosi investimenti. Invece di un ritiro dall'Africa si tratta quindi di un riorientamento tattico, che consente di preservare questi interessi in altre forme, alla luce dei guadagni nel resto dell'imperialismo mondiale.

Al posto di grandi spostamenti militari come Serval o Barkhane, le contraddizioni internazionali riportano i loro monopoli alla tattica preferita fin dalle indipendenze: alimentare e rafforzare una rete di legami istituzionali, economici e militari, ma meno visibile. Ma la borghesia francese consolida bene le sue posizioni concentrandole in alcuni Stati-nazione, prendendo geograficamente l'Africa in una morsa (forte base a ovest, forte base a est) e preferendo firmare accordi per una presenza logistica ridotta, piuttosto che una base militare combinata con una potente proiezione armata grazie alle prestazioni tecnologiche.

In secondo luogo, si noti l'impatto degli scontri nazionali tra il capitale nazionale (anche se debole) e i lavoratori e le lavoratrici in ogni regione: i vari colpi di stato in Mali, Niger o Burkina Faso esprimono un malcontento e un rifiuto della Francia-Africa.

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