mercoledì 3 giugno 2020

pc 3 giugno - COME SALVARE IL CAPITALE Bonomi/Visco/governo qualche distinzione 'fiscale' nell'interesse generale - ma uniti nel patto sociale neocorporativo e antioperaio

Il problema ora è salvare il capitale da una crisi - post pandemia - che aggrava quella già in atto e che vari economisti assimilano alle crisi storiche (1929 - post II guerra mondiale). Le ricette sono quelle ispirate alla linea dura: molto e strategico "facendo scelte anche dolorose" - di cui Bonomi attuale presidente della Confindustria è punta di lancia - e quelle più soft - che si presentano come proposta di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, con lo spirito "dell'unità di intenti" tra Governo, imprese, società civile, che per i capitalisti significa un pò di riforma fiscale ma molti incentivi/aiuti per la crescita economica, per nuove tecnologie e innovazione; per i lavoratori, i disoccupati, le masse popolari vuol dire comunque sempre e più sacrifici.
Visco governatore della Banca d'Italia, Visco più attento alle contraddizioni generali rispetto alla spinta puramente padronale ricorda la necessità di una politica keynesiana che propone sia al governo, sia alle imprese
Ma è chiaro che padroni e banchieri di stato e privati sono d'accordo su pace sociale con "un contratto sociale", una 'union sacrèe", all'insegna "siamo tutti nella stessa barca dell'emergenza". Questo per la Confindustria di Bonomi vuol dire , ora e subito, dare un nuovo strategico colpo al diritto di sciopero e al superamento dei contratti collettivi nazionali di lavoro per far passare quello che sta accadendo nelle fabbriche, e in tanti posti di lavoro: licenziamenti, intensificazione dello sfruttamento, con aumento dei ritmi di lavoro, tagli al salario con la miseria della cassa integrazione, polizia/carabinieri/esercito sui posti di lavoro per impedire scioperi, assemblee, normale lavoro sindacale. 

In ogni caso è bene conoscere la linea Visco e stare a vedere come si intersecherà e incarnerà con Confindustria e governo

Riportiamo stralci di un articolo sulla linea Visco uscito su il Manifesto  
In uno scenario post-bellico, Visco cita Keynes
Bankitalia. In "Come pagare il costo della guerra" (1940), l’economista inglese annoverava due misure: l’introduzione di un reddito di base e della tassa patrimoniale
di Alfonso Gianni
"...Visco è stato cauto, filosoficamente saggio. Ha affermato che “con il dissiparsi della pandemia potremo ritrovarci in un mondo diverso” rispetto al quale, e a quali conseguenze sociali ed economiche porterà con sé, conviene solo riconoscere di “sapere di non sapere”.
Il termine forse più citato nelle 33 pagine a stampa che compongono le Considerazioni finali è
“incertezza”, che Visco ha declinato in ogni modo dall’economia mondiale a quella interna, dalle condizioni della finanza a quelle – soprattutto – del mondo del lavoro, dalle “abitudini di consumo” alle “decisioni di risparmio”, dalle consuetudini quotidiane agli stili di vita.
Come scrisse Hyman Minsky, cinquanta anni fa “La differenza essenziale tra l’economia keynesiana e l’economia sia classica che neoclassica è l’importanza attribuita all’incertezza”.
A differenza del grande economista statunitense, Visco non si spinge fino alla definizione di “economia del disastro” che dà il titolo al saggio minskiano e certamente non estende l’analisi dell’incertezza all’intero sistema capitalistico, ma in qualche modo tenta di fare capire che di una svolta ci sarebbe bisogno. E non di basso profilo.
Se le parole sono caute e lo stile è contenuto, il contesto è drammatico.
Da qui la scelta della citazione keynesiana... Poche settimane dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, Keynes pubblicò una serie di articoli su come pagare il costo della guerra...
...egli tratteggia un piano per la ricostruzione postbellica, articolato da un livello massimo a uno minimo... e fornisce varie ricette, fra le quali un reddito minimo di base e l’introduzione di un’imposta patrimoniale, non senza chiedere sacrifici anche ai lavoratori.
...Il rilancio, o meglio la ricostruzione, non può avvenire senza un cambiamento profondo del modello fin qui perseguito...
...La sua proposta di un “contratto sociale” non legato ad alcun percorso programmatico di largo respiro è poco più che uno stanco invito morale. Del resto chi lo dovrebbe accogliere non lo degna della minima considerazione...
Fanno testo le dichiarazioni rilasciate dal vicepresidente e dalla direttrice della Confindustria, che battono il solito tasto della produttività e della competitività, nonché di una riforma fiscale, a cui Visco ha fatto cenno, e che avanza però, dopo il precedente dell’Irap, più come una minaccia che una speranza."

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