mercoledì 9 dicembre 2015

pc 9 dicembre - PARIGI: L'AVEVAMO DETTO 10 ANNI FA...

MAO: ”CHIUNQUE VOGLIA CONOSCERE UNA COSA NON HA ALTRA STRADA CHE VENIRE A CONTATTO CON ESSA, OSSIA AGIRE NEL SUO AMBIENTE...".

Il PCm Italia 10 anni fa lo aveva fatto, era andato nelle banlieues. E la sua analisi, il suo orientamento oggi si confermano perfettamente, per coloro che hanno occhi per vedere e orecchie per sentire... 
Altri che lo dovevano fare non lo hanno fatto e poi... si meravigliano (!) di quanto accade oggi in Francia...

RIPORTIAMO STRALCI DELL'INTERVENTO FATTO DAL PCm ITALIA 10 ANNI FA NEL MEETING A PARIGI SULLA RIVOLTA DELLE BANLIEUES

Il testo completo sarà ripubblicato in seguito

25 mila poliziotti schierati nelle banlieues la notte del 31 dicembre 05 a difesa dell’ordine e della sicurezza contro la possibile ripresa della rivolta, hanno offerto l’immagine eloquente di quello che la rivolta ha costituito per la Francia e per i paesi imperialisti in generale. L’ostentata dimostrazione di forza dello Stato francese è risultata paradossalmente una smaccata dimostrazione di debolezza, la
borghesia francese e il suo Stato non erano in grado di garantire più un capodanno normale ai 500mila che affollavano gli Champ Elisees se non al prezzo di uno Stato di militarizzazione simile ad uno Stato di guerra.
In tutti i paesi imperialisti, anche quelli solo sfiorati dal contagio francese in questa occasione – Belgio, Germania, Olanda, Danimarca, Spagna, Grecia, Inghilterra, Svizzera, Svezia – la paura della borghesia è stata tanta che le misure prese dai governi, dal punto di vista del dispiegamento di forze dello Stato, sono state come se la rivolta ci fosse stata effettivamente.
Anche la contabilità delle macchine bruciate è suonata abbastanza grottesca: prima si è detto che erano la testimonianza di semplice vandalismo e teppismo che caratterizzerebbe la ‘feccia’ delle banlieues, senza coscienza politica, senza obiettivi, in ultima analisi senza ragione, poi però si è dispiegata l’intera forza della polizia, se ne è valutata l’efficacia militare, politica e si è valutato il grado di tenuta del sistema politico istituzionale contando le macchine bruciate...

...Alla paura della borghesia ha corrisposto l’orgoglio e la forza della gioventù proletaria ribelle...
Come si può pensare che 25mila sbirri possono cancellare e soffocare tutto questo ODIO? Negli infami tribunali della borghesia, quello di Bobigny in particolare, si sono subito processati e condannati decine e decine di giovani protagonisti della rivolta – sono stati migliaia i condannati degli oltre 5mila arrestati e oltre il doppio incriminati e perseguitati.
La logica di questi tribunali è stata da “tribunali di guerra” in cui non si sono neanche cercate ‘prove certe’, ma si sono assunti i rapporti di polizia come ‘prova’.
Ma anche qui lo Stato benché ha fatto la faccia feroce si è trovato davanti non certo la paura, non certo i pentimenti dei giovani. I processi sono somigliati a tutti i processi che seguono le rivolte e le ribellioni di massa, impregnati di terrore e di vendetta, con riti che vorrebbero essere della legge ma che risultano essere una sorta di “esorcismo”...

...a Parigi e in Francia è comparso un nuovo spettro che comincia ad aggirarsi in tutte le metropoli europee e a turbare i sonni e la sicurezza dei borghesi: la gioventù proletaria. La nuova gioventù proletaria, figlia di proletari, in quartieri proletari, si è ribellata. Non era la prima volta, e la rabbia e l’odio erano e sono permanenti e latenti, ma questa volta si è ribellata ovunque, in tutte le banlieues...
La rivolta è della gioventù proletaria francese, dei suoi settori più precari nei quartieri operai, di tradizione operaia, di composizione operaia, in cui le fabbriche in alcuni casi sono fuse col quartiere. Ad Aulnay Sous-Bois, cuore della rivolta, c’è la Citroen con 7 mila operai. Insomma, pensando a questo quartiere, si potrebbe dire che non sono le macchine bruciate il problema della borghesia, ma i proletari che le costruiscono e i loro figli.
Giustamente si è parlato dei figli del proletariato. Se ne è parlato molto a sproposito per segnalare che il proletariato adulto sarebbe contrario alla rivolta, sarebbe dalla parte del sistema, integrato in esso, ma si è trattato di una falsificazione e mistificazione. I giovani proletari hanno espresso in forma radicale gli interessi della loro classe e si sono ribellati allo stato di passività imposto dal dominio della classe dominante, di tutte le sue articolazioni, di tutti i suoi alleati – l’aristocrazia operaia rappresentata da partiti e sindacati, la piccola borghesia intellettuale benestante o ‘bottegaia’ e proprietaria.
Si è cercato poi di presentare la ribellione dei giovani delle banlieues come fenomeno particolare e non lo si vede legata al più generale ingresso della nuova generazione nella scena politica mondiale all’interno dei paesi imperialisti, come ha evidenziato pochi mesi dopo il movimento degli studenti contro il CPE... E’ proprio la natura dello scontro con i poliziotti a dar ragione e a rendere visibile che si tratta delle stesse istanze approfondite e rese più radicali dal carattere di classe di questa gioventù.
E’ come se i poliziotti di Genova fossero in servizio permanente nelle banlieue e qui la gioventù proletaria gli ha reso ‘pan per focaccia’, gli ha reso difficile la vita, li ha posti in scacco, gli ha bruciato i commissariati, li ha sconvolti, deviati, bruciando ora una macchina ora un edificio scolastico, li ha messi in fuga, ha smantellato un andamento da scontro tradizionale che li avrebbe visti massacrati...

I giovani delle banlieue nella rivolta hanno agitato le istanze di libertà, trasformazione, socialità, riappropriazione, rifiuto del modo ordinario di vivere, vestire, pensare, che anima la gioventù di Francia, come la gioventù dei paesi imperialisti, qualunque sia il colore della pelle, il paese d’origine. La gioventù proletaria ha posto in forme radicali, ultimative, perfino simbolicamente, l’attualità della legge scientifica che senza distruzione non c’è costruzione. Fa ancora più paura alla borghesia la ribellione proletaria se è la gioventù a prendere il posto in prima fila perché mostra che non con un fuoco di paglia si deve misurare ma con una nuova possibile ondata della lotta rivoluzionaria del proletariato...

La rivolta della gioventù proletaria nelle banlieue ha mostrato come tutti gli aspetti, tutti i fermenti che animano il movimento giovanile possono rivolgersi contro lo Stato.
La colonna sonora rap, l’organizzazione delle tifoserie, i fermenti di costume, che nelle forme abitudinarie si presentano pur sempre ambigue tra adeguamento alla società esistente e trasgressione da essa, quando si fondono con le condizioni economiche e sociali, sciolgono la loro ambiguità e i giovani le rivoltano contro il sistema del capitale, le sue leggi, la sua faccia concentrata dello Stato di polizia che vuole imporre questo sistema e queste leggi come intoccabili.
La gioventù proletaria protagonista della rivolta è senz’altro fatta di giovani immigrati e figli di immigrati e subisce sulla sua pelle questa doppia oppressione di essere nello stesso tempo proletaria e immigrata, di subire quindi la discriminazione, di essere considerata cittadino di serie B, straniera in casa propria, straniera nei luoghi in cui è nata, di “razza non bianca”, emarginata ed emarginabile in qualsiasi momento della propria esistenza.
Ma questo è il frutto del carattere imperialista del paese in cui vive, del fatto di nascere, vivere o essere giunta nei paesi in cui è concentrata la ricchezza di pochi basata sulla rapina dei molti. Le leggi del sistema imperialista e dell’attuale divisione del mondo producono giganteschi flussi di immigrati che sfuggono dalla miseria, dalla fame, dalle malattie, dalle guerre, ecc., e producono, come sempre finché imperialismo, la trasformazione di questi immigrati e dei loro figli nati nei paesi imperialisti in proletariato più sfruttato. Questo incide nella composizione e nella coscienza del proletariato che porta nella sua lotta le istanze di trasformazione delle due facce del pianeta del sistema imperialista attuale: del paese d’origine oppresso dall’imperialismo e del paese imperialista.
Nella coscienza di questo nuovo proletariato si fondono, come ricchezze e limiti, retaggi feudali dei paesi oppressi e rifiuto della putrefazione dei paesi imperialisti. Questo è un carattere di moderna diversità dei paesi imperialisti...

Verso questa gioventù proletaria si vanno concentrando le forme di repressione, controllo, persecuzione dei moderni Stati di polizia. E in tutte le forme di aggregazione di questa gioventù, nei quartieri, sul territorio, nella fabbrica diffusa del lavoro precario, si sviluppa un universo a parte di legami, comunanza per gruppi, bande, comitive, in cui cresce, insieme alla noia e all’esclusione, la rabbia e la ribellione.
Nello stesso tempo, cosa sono e cosa stanno diventando le fabbriche di giovani operai, che certo hanno un lavoro, più soldi in tasca, che influenza il loro modo di vivere e di pensare fuori dalla fabbrica, ma che dentro la fabbrica vivono un senso di emarginazione, esclusione, repressione, controllo, sfruttamento, negazione della vita, una schiavitù salariata, una flessibilità e precarizzazione che fa maturare l’inaccettabilità di una vita eterna da sfruttati? Albergano nella gioventù operaia gli stessi sentimenti di rivolta. In fabbrica la faccia del poliziotto è quella del ‘capo’ che asfissia, insulta, minaccia, controlla, perché vuole costringere a fare tutto sull’altare del plusvalore, del profitto.
Riformisti e opportunisti, falsi comunisti non vedono la comunanza del fuoco sotto la cenere, perché sono parte del sistema del nemico oppressore e mangiano alla sua greppia, fossero anche travestiti da sindacalista o da “gente di sinistra”. Il filisteismo piccolo borghese e la sinistra di palazzo o “normativa” sono contro la ribellione della gioventù proletaria e sono dentro il sistema politico, culturale, ideologico della società dominante.
I comunisti marxisti-leninisti-maoisti, i giovani che essi organizzano sono e devono essere avanguardie coscienti e osservatori e agenti della faccia nascosta ma vera dello scontro di classe nelle metropoli imperialiste; si alimentano dello stesso odio, si fanno prima linea e attivi organizzatori, imparano con l’arma del marxismo-leninismo-maoismo e costruendo l’organizzazione proletaria d’avanguardia, la lingua del proletariato ribelle, sono con la mente e il piano, quando ancora non riescono ad esserlo con il radicamento, dentro la dinamica della rivolta che analizzano come guerra di classe, essi guardano alla spontaneità come embrione di coscienza, e con la linea di massa - che non è né può essere quella dello sviluppo di un movimento pacifico di massa, di cui si fa un’apologia disarmante - concentrano il loro lavoro nel trasformare le istanze delle masse da scontro con il potere borghese a scontro per il potere, nel fuoco della lotta di classe.
I comunisti non mitizzano le rivolte delle banlieue, ma hanno chiaro che ovunque vive, lavora la gioventù proletaria, il proletariato, oggi ci sono le condizioni della ribellione e della sua trasformazione attraverso la guerra rivoluzionaria di lunga durata in rivoluzione proletaria.
Per coloro che vogliono fare la rivoluzione nei paesi imperialisti, per i comunisti che ne dovrebbero costituire il reparto d’avanguardia la rivolta è ricca di insegnamenti e da questo bisogna partire.
Mao dice: “Essere attaccati dal nemico è un bene non un male. Dobbiamo sostenere tutto ciò che il nemico combatte e combattere tutto ciò che il nemico sostiene”. Quindi, essere dalla parte della rivolta è stata una discriminate fondamentale. Le forme con cui lo Stato e il sistema l’ha combattuta sono più che sufficienti per scegliere da che parte stare. Ma definire da che parte stare è condizione necessaria ma non sufficiente...
Ciò che la rivolta ha riproposto nel cuore dei paesi imperialisti è appunto la necessità e attualità della violenza rivoluzionaria, la necessità e attualità della guerra rivoluzionaria.
Come dice Mao: “la rivoluzione è un’insurrezione, un atto di violenza con cui una classe ne rovescia un’altra”.
Chi prende le distanze dalla rivolta, chi lo fa attraverso mille distinguo, è a questa verità che si afferma e al suo movimento reale che si oppone...

...la rivolta ci pone il compito - sempre come dice Mao – di “dare a questo movimento (rivoluzionario, socialista) una guida attiva, entusiastica e sistematica”.
La scelta della costruzione del partito in funzione della guerra rivoluzionaria definisce il compito, ma anche la forma del partito necessario oggi in Francia e nei paesi imperialisti. La scelta di integrarsi nella rivolta, di legarsi alla gioventù proletaria che si è ribellata, è basata sulla piena comprensione che “la guerra rivoluzionaria è la guerra delle masse, è possibile condurla soltanto mobilitando le masse e facendo affidamento su di esse”, e che “un gruppo dirigente veramente unito e legato alle masse può formarsi gradualmente solo nel processo delle lotte di massa e non separatamente da esso”.
I comunisti e le forze rivoluzionarie in Francia, a fronte della rivolta si sono dimostrate manifestatamene inadeguate....

...Noi pensiamo che il partito comunista maoista si costruisca nel fuoco della lotta di classe, in stretto legame con le masse....

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