domenica 19 dicembre 2010

pc quotidiano 19 dicembre - speciale 14 dicembre - 1 - la rivolta e l'orrore

“Penso che i ragazzi siano stati gli unici, specie negli ultimi tempi, che hanno saputo alzare la voce in un Italia che non riesce a farlo, di fronte a un orrore che dura ormai da troppi anni”. Così dice Bernaldo Bertolucci, in un'intervista a Il Manifesto di sabati 18 dicembre.

Come spesso accade, artisti, in generale facenti parte per soldi, usi e costumi, delle classi dominanti, riescono a trovare la frase giusta per fotografare una realtà, molto più degli addetti ai lavori della politica, dei partiti, dei sindacati, dei mass media.La battaglia di Roma può essere compresa anche alla luce di questo giudizio. Il movimento degli studenti e i pezzi di settori sociali scesi in piazza con loro, a Roma, come in tutt'Italia, hanno alzato la voce contro la riforma Gelmini, contro il Governo Berlusconi come rappresentanti 'estremi' del sistema sociale che produce una riforma Gelmini, che produce un governo come quello di Berlusconi.
La lotta prolungata scoppiata da mesi e innalzatasi per partecipazione e combattività nelle ultime settimane, ha fatto del 14 dicembre una giornata possente e grandiosa, per due ragioni fondamentali.
La prima, perchè è riuscita a rappresentare la protesta giovanile e popolare, cosa che non era avvenuta neanche con la grande manifestazione degli operai il 16 ottobre; la seconda perchè ha sfondato e attaccato il gigantesco apparato repressivo messo in piedi dal governo, con il sostegno totale dell'intero parlamento, volto ad impedire che il movimento arrivasse alle porte di essi.
Lo ha sfidato, lo ha attaccato, lo ha battuto sul campo, con determinazione, rabbia,m creatività, mostrando, sia pure per una sola giornata, che esso è nudo, isolato e, perfino al suo interno, scarsamente motivato.

L'entusiasmante battaglia condotta da migliaia e migliaia di giovani ha ricordato le pagine di Genova 2001 e a differenza di Genova questa giornata non passa alla storia per la violenza per lo schiacciamento della protesta ma per la parziale messa in rotta delle forze di polizia.
La paura dello Stato a difesa del potere era uguale, ma non abbiamo avuto un Placanica, ma un finanziere a difesa della sua arma.
E tutto questo non a caso. Perchè dietro il Placanica che spara vi era la determinazione di uno Stato attrezzato per massacrare alla Diaz, torturare a Bolzaneto; dietro il finanziere vi era uno Stato in difesa perchè sorpreso dall'attacco. E questo non per ragioni di addestramento militare, di regia occulta o di gruppi impropriamente definiti di black blok – tutte fandonie a cui possono credere solo i miserabili dell'opposizione parlamentare, la genia degli scribacchini e anche l'addomesticato scrittore Saviano, vittima del suo stesso personaggio- ma, e qui viene il secondo aspetto della frase che abbiamo posto ad inizioparticolo, la legittimità sociale, politica, democratica e rivoluzionaria nel contesto della situazione attuale, dell'esercizio della forza da parte del movimento per far valere le sue ragioni. Legittimità che viene, innanzitutto, appunto dall'orrore che dura ormai da troppi anni, rappresentato dal governo Berlusconi, dalla pseudo opposizione nel Palazzo, dal sistema generale, globale, che definiamo moderno fascista, dalla democrazia borghese che ha generato i mostri al governo, negli apparati dello Stato, nella contaminazione dell'intera società che è sotto gli occhi di tutti.
Questo orrore dà legittimità all'uso della forza, alla violenza giusta, di massa, all'assedio e attacco che la battaglia di Roma ha espresso.
Rabbia, disperazione, inascolto delle voci degli studenti in lotta da mesi? Certo, tutte c'erano e anche ben giustificate. Ma tutto questo spiega le iniziative che ci sono stati anche prima del 14 dicembre, delle forme di protesta quelle visibili e mediaticamente efficaci che si sono utilizzate, ma non spiegano certo la sostanza della battaglia di Roma.
La battaglia di Roma è per altro ben dentro la rivolta giovanile che si esprime negli altri paesi imperialisti e capitalisti in crisi, dalla furente Grecia, alla costante Francia, alla crescente Spagna, alla esplosione di Londra.
In questo senso a Roma vince una linea di condotta e un'analisi della realtà che si incarna nelle rivolte in corso e che trova in tanti ragazzi interpreti freschi, quasi sempre efficaci, che accumulano sulla propria pelle, anche con fermi, violenze, botte, pressioni e ricatti, un'esperienza al servizio dell'opposizione reale e di un'alternativa politica e sociale allo stato di cose esistente.

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