Pucciarelli, la neo sottosegretaria leghista alla Difesa, dal burqa in aula alle battaglie contro i campi Rom
Nel 2018 è stata nominata presidentessa della Commissione Diritti umani del Senato.
“Alle critiche io rispondo con i fatti” aveva detto, nel 2018,
quando fu eletta, circondata dall’imbarazzo di parte del mondo politico,
presidentessa della Commissione Diritti Umani del Senato. Tra i fatti,
c’erano un corso di autodifesa che aveva offerto alle donne spezzine,
come lei, in Liguria, la strenua difesa della “famiglia naturale e
tradizionale”, festeggiare sui social le ruspe che sgomberavano un campo
Rom, o denunciare un suo viaggio in treno, verso Torino, in cui si è
ritrovata “in un vagone di stranieri tutti di colore senza biglietto”,
oltre a mettere un like a un post in cui si invocavano i forni per i migranti, ma da cui poi ha preso le distanze, per cui ha ricevuto una
denuncia, finita con l’archiviazione.
Stefania Pucciarelli, classe ’67, appena nominata
sottosegretaria alla Difesa, ha fatto una carriera politica velocissima:
leghista fedelissima, ha cominciato a militare nel Carroccio nel 1993, a
Santo Stefano Magra, dove è stata eletta consigliera comunale nel 2011.
Due anni più tardi diventa segretaria provinciale della Lega alla
Spezia e assume l’incarico di Responsanbile regionale per i rapporti con
gli enti locali. A maggio 2015 entra in consiglio regionale, eletta
nella circoscrizione della Spezia, con 1369 preferenze. Ha sempre avuto
una febbrile attività social, in cui rilanciava le battaglie che
combatteva in aula: dal giubilo per le ruspe che procedevano allo
sgombero del campo Rom di via Gragnola, a Castelnuovo Magra,
rivendicando che quella era stata da sempre “una battaglia della Lega”
alle giaculatorie contro “i centri sociali con i punk bestia”.
In consiglio regionale in Liguria, altissima, sedeva sul banco
più alto, nel settore leghista, in maggioranza, indossando sempre
qualcosa di verde. E ingaggiava sistematicamente scontri politici
piuttosto accesi con l’allora capogruppo Pd in Regione, Raffaella Paita,
sui banchi opposti, ora parlamentare di Italia Viva e presidente della
Commissione trasporti alla Camera. La Pucciarelli riuscì a farsi
cacciare dall’aula dal suo stesso compagno di partito, Francesco
Bruzzone, allora presidente del consiglio regionale, perchè l’8 marzo
del 2016 si presentò al suo banco indossando un burqa. “Spesso le donne
musulmane sono vittima di violenza da parte dei mariti. Ho messo in atto
questa iniziativa per dare loro voce”, aveva dichiarato prima di
abbandonare l’aula.
Fu al centro della bufera politica quando mise un “like” a un
post non suo che suggeriva di dare forni, invece di case popolari, ai
migranti: “Avevo messo like in un commento di una persona che conosco,
una persona che come me era volontario in Croce Rossa, per cui ci siamo
sempre prodigati per aiutare il prossimo indipendentemente dal’etnia o
dal colore della pelle”, aveva chiarito e la denuncia a suo carico finì
archiviata.
Fece una campagna forsennata contro un progetto di integrazione
sportiva “Un pugno al razzismo”, organizzato in un centro di accoglienza
e rivolto a 33 giovani migranti, a Santo Stefano Magra: “Dopo i giovani
africani invitati dal parroco di Vicofaro a sollazzarsi in piscina,
mentre tanti italiani in difficoltà non arrivano a fine mese, ora in
Italia c’è chi insegna ai migranti a tirare meglio i pugni”,
s’incendiava. E come risposta organizzò, a sue spese, il “Fight club”,
un corso di boxe per le donne spezzine. “Una bella serata tra donne per
imparare a difendersi e sentirsi più sicure – aveva detto alla
presentazione del corso – senza dimenticare che in primo luogo deve
essere lo Stato, attraverso politiche di pubblica sicurezza efficaci e
garantendo la certezza della pena, a tutelare le donne”.
Quando il consiglio regionale della Liguria approvò la nuova
legge per regolare l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica, proposta dalla Lega, favorendo gli italiani, Pucciarelli
dettò: “Siccome gli alloggi di edilizia residenziale pubblica
disponibili sono pochi, secondo l’opposizione in Regione non dovrebbero
essere assegnati prioritariamente a malati, portatori di handicap,
anziani ultra65enni, genitori separati, giovani coppie, persone sole con
minori e forze dell’ordine, ma agli immigrati o a chi ha commesso dei
reati gravi. Noi, invece, abbiamo dimostrato coi fatti che prima devono
venire gli italiani in difficoltà e le persone oneste”.
E non aveva mancato di prendere posizione quando l’allora
sindaco di Sarzana, Alessio Cavarra, nel 2018, aveva consentito
all’anagrafe di registrare un bimbo, figlio di due papà: “Cavarra ha
perso l’ultimo briciolo di credibilità che gli rimaneva. Infatti pur di
accreditarsi presso quell’elettorato di sinistra radicale che ancora lo
vota ha accettato la negazione della famiglia naturale e dei valori
cristiani. Un bambino ha bisogno di un padre e di una madre, non di due
padri o due madri che per egoismo personale rivendicano una forma di
genitorialità negata dalla natura”.
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