martedì 17 luglio 2012

pc 17 luglio-SULLA FORMAZIONE TEORICA CHE SERVE LA PRATICA RIVOLUZIONARIA. SECONDA PARTE


Nel secondo incontro di formazione teorica tenuto dal prof Alberto Lombardo per conto del Collettivo Senza tregua e della Rete dei Collettivi Studenteschi di Palermo, si è affrontato l’esperienza della costruzione del socialismo in URSS, Cina, Cuba e Albania.
E secondariamente la lotta contro il revisionismo kruscioviano.

Partendo dalla prima esperienza storica di presa del potere del proletariato, ovvero la Comune di Parigi nel 1871, si è passati all’esperienza sovietica. Si è fatto un ex cursus storico sulle fasi del comunismo di guerra, della N.E.P. e della pianificazione che nel periodo 1930-1940 ha portato ad un incremento della produzione industriale del 16% accompagnato dall’incremento della produzione agricola che ha permesso l’autosufficienza alimentare. Per la prima volta un paese socialista si costruiva dimostrando la superiorità di questo sistema sociale rispetto al capitalismo permettendo in circa 30 anni di divenire la seconda superpotenza mondiale. Fatto senza precedenti nella storia.
Questo processo ha subito un’inversione nel 1956 con il XX Congresso del PCUS ed il colpo di stato interno ad opera della cricca di Kruschev che sostanzialmente ha reintrodotto una forma di produzione capitalistica prediligendo un sistema cooperativistico molto simile a quello jugoslavo e incentivando la piccola proprietà e quindi la borghesia.

A livello internazionale una grande battaglia contro il revisionismo sovietico è stata condotta dalla Cina e dall’Albania. Il prof ha fatto esempi sulla costruzione del socialismo in Albania dove la cricca kruscioviana tentò di imporre un sistema di monocultura così come fanno solitamente le potenze imperialiste per assoggettare altri paesi, vedi gli USA e in seguito anche l’URSS con Cuba.

Dopo si è parlato brevemente della presa del potere a Cuba e in Cina, qui sbagliando il prof ha addebitato a Mao la “teoria dei 3 mondi”, in realtà sviluppata da Deng Xiao Ping e quindi facendo intendere sottilmente che Mao aveva una politica altalenante e incoerente tendente al revisionismo.
Ha concluso dicendo che la formula “socialismo di mercato” con il quale l’attuale dirigenza cinese descrive il sistema cinese è fuorviante, o un sistema è socialista o c’è il mercato.

Aperto il dibattito una giovane compagna chiede al prof se secondo lui il Venezuela è da considerarsi un paese socialista. Risponde che la domanda lo mette in difficoltà, perché lui ha molto a cuore e stima Chavez e l’esperienza venezuelana di questi anni, non trova giusto fare la “mosca cocchiera con le rivoluzioni altrui”. Fatta questa precisazione, continua dicendo che Chavez è molto amato dal popolo ed è sorretto dai militari progressisti e anti-imperialisti, ma i militari non sono una classe sociale, viene fatto un parallelismo con la Cina spiegando il significato delle 4 stelle minori presenti nella bandiera della RPC ovvero l’alleanza di 4 classi (proletariato, contadini, piccola borghesia e borghesia nazionalista e anti-imperialista) e dicendo che in Venezuela vi è un’ alleanza interclassista in funzione anti-usa ma non si può definire un paese socialista.

In un secondo intervento un altro giovane ha detto che secondo il suo punto di vista la Cina attuale non è capitalista ma come definita dai documenti ufficiali, ha un sistema di “socialismo di mercato”, ha continuato dicendo che la classe operaia in Cina ha uno standard di vita superiore alla media asiatica, che la Cina non attacca nessun paese anzi si è opposta con un veto in sede di Consiglio di Sicurezza dell’Onu all’invasione della Libia e infine che fa accordi con i governi africani da pari a pari tramite joint-venture. Al di là di quanto detto, per noi non condivisibile, ha corretto giustamente il prof sulla paternità della “teoria dei 3 mondi”.

Un militante del Collettivo Senza Tregua è intervenuto brevemente per fare notare che quando il governo Kazaco ha messo fuori legge il Partito Comunista del Kazakhstan, il governo cinese ha “espresso solidarietà” al governo kazaco e non al partito comunista.

Chiudiamo il dibattito con il nostro intervento innanzitutto dicendo che nell’interessante ex cursus storico sulla costruzione del socialismo dalla Comune alla Repubblica Popolare Cinese passando per la critica al revisionismo sovietico è clamoroso che non si sia neanche accennato all’esperienza della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria. L’unico tentativo storico e prolungato (per 10 anni) di combattere realmente il revisionismo kruscioviano rappresentato dalla burocratizzazione del partito e dello stato socialista e nella sostanza della deriva e ritorno al capitalismo. Una vera e propria rivoluzione nella rivoluzione che rappresenta un salto qualitativo nell’esperienza storica del proletariato, una netta cesura con revisionisti e centristi (per questo crediamo non sia un caso che non sia fatto neanche un accenno), quali poi si riveleranno i vari Hoxha e Kim il Sung proprio sulla questione della necessità di una Rivoluzione Culturale con al centro il protagonismo delle masse.
In Cina grazie alla rivoluzione culturale i lavoratori hanno riconquistato i posti di comando nella società dai posti di lavoro allo stato occupati impunemente da burocrati di partito privilegiati e rappresentanti il germe della nuova borghesia.
Invece sulle questioni poste nei precedenti interventi ovvero Venezuela e Cina di oggi abbiamo detto brevemente che ogni stato ha una natura di classe, quello è il punto su cui orientarsi. In Venezuela i militari rappresentano la borghesia nazionalista e anti-imperialista anti-USA e in quanto tale, per difendere i propri interessi di classe contro l’ingerenza americana hanno nazionalizzato i settori strategici del paese ma a vantaggio proprio e non del proletariato, non a caso il governo ha un supporto principalmente nei settori urbani e non nelle campagne e in questi paesi, nonostante il fenomeno dell’urbanizzazione, le campagne ancora hanno un loro peso. Il parallelismo con la Cina rivoluzionaria è fuori luogo, l’alleanza delle 4 classi aveva una guida rappresentata dal Partito Comunista Cinese ovvero il partito d’avanguardia del proletariato cinese supportato anche dai contadini poveri.
Sulla Cina moderna invece quanto detto, non corrisponde al vero, lo dimostrano le lotte operaie e l’esistenza di gruppi maoisti clandestini. Il veto alla Libia è determinato non dalla natura anti-imperialista cinese ma dalle contraddizioni inter-imperialiste in questo caso tra il blocco aggressore e da quei paesi come Cina, Russia e in parte l’Italia (solo inizialmente tentennante) che già facevano affari con Gheddafi e quindi erano contrari all’intervento, anche se l’Italia poi è dovuta accodarsi per ovvi motivi geopolitici. La penetrazione economica cinese tramite le joint-venture la dice anche lunga, ero lo stesso strumento del social-imperialimo sovietico verso i paesi “satelliti” o del terzo mondo, il fatto che la Cina ancora non abbia invaso nessun paese non significa niente, l’imperialismo è anche penetrazione e sottomissione economica.

Si è chiusa così il secondo appuntamento teorico, aspettando il terzo e ultimo dove finalmente avremmo potuto discutere e confrontarci meglio circa la pratica politica dei compagni giovani e del loro partito comunisti-sinistra popolare.

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