Nel secondo incontro di formazione teorica tenuto dal prof
Alberto Lombardo per conto del Collettivo Senza tregua e della Rete dei
Collettivi Studenteschi di Palermo, si è affrontato l’esperienza della
costruzione del socialismo in URSS, Cina, Cuba e Albania.
E secondariamente la lotta contro il revisionismo
kruscioviano.
Partendo dalla prima esperienza storica di presa del potere
del proletariato, ovvero la Comune di Parigi nel 1871, si è passati all’esperienza
sovietica. Si è fatto un ex cursus storico sulle fasi del comunismo di guerra,
della N.E.P. e della pianificazione che nel periodo 1930-1940 ha portato ad un
incremento della produzione industriale del 16% accompagnato dall’incremento
della produzione agricola che ha permesso l’autosufficienza alimentare. Per la
prima volta un paese socialista si costruiva dimostrando la superiorità di
questo sistema sociale rispetto al capitalismo permettendo in circa 30 anni di
divenire la seconda superpotenza mondiale. Fatto senza precedenti nella storia.
Questo processo ha subito un’inversione nel 1956 con il XX
Congresso del PCUS ed il colpo di stato interno ad opera della cricca di
Kruschev che sostanzialmente ha reintrodotto una forma di produzione
capitalistica prediligendo un sistema cooperativistico molto simile a quello
jugoslavo e incentivando la piccola proprietà e quindi la borghesia.
A livello internazionale una grande battaglia contro il
revisionismo sovietico è stata condotta dalla Cina e dall’Albania. Il prof ha
fatto esempi sulla costruzione del socialismo in Albania dove la cricca
kruscioviana tentò di imporre un sistema di monocultura così come fanno
solitamente le potenze imperialiste per assoggettare altri paesi, vedi gli USA
e in seguito anche l’URSS con Cuba.
Dopo si è parlato brevemente della presa del potere a Cuba e
in Cina, qui sbagliando il prof ha addebitato a Mao la “teoria dei 3 mondi”, in
realtà sviluppata da Deng Xiao Ping e quindi facendo intendere sottilmente che Mao
aveva una politica altalenante e incoerente tendente al revisionismo.
Ha concluso dicendo che la formula “socialismo di mercato”
con il quale l’attuale dirigenza cinese descrive il sistema cinese è
fuorviante, o un sistema è socialista o c’è il mercato.
Aperto il dibattito una giovane compagna chiede al prof se
secondo lui il Venezuela è da considerarsi un paese socialista. Risponde che la
domanda lo mette in difficoltà, perché lui ha molto a cuore e stima Chavez e
l’esperienza venezuelana di questi anni, non trova giusto fare la “mosca
cocchiera con le rivoluzioni altrui”. Fatta questa precisazione, continua
dicendo che Chavez è molto amato dal popolo ed è sorretto dai militari
progressisti e anti-imperialisti, ma i militari non sono una classe sociale,
viene fatto un parallelismo con la Cina spiegando il significato delle 4 stelle
minori presenti nella bandiera della RPC ovvero l’alleanza di 4 classi
(proletariato, contadini, piccola borghesia e borghesia nazionalista e
anti-imperialista) e dicendo che in Venezuela vi è un’ alleanza interclassista
in funzione anti-usa ma non si può definire un paese socialista.
In un secondo intervento un altro giovane ha detto che
secondo il suo punto di vista la Cina attuale non è capitalista ma come
definita dai documenti ufficiali, ha un sistema di “socialismo di mercato”, ha
continuato dicendo che la classe operaia in Cina ha uno standard di vita
superiore alla media asiatica, che la Cina non attacca nessun paese anzi si è
opposta con un veto in sede di Consiglio di Sicurezza dell’Onu all’invasione
della Libia e infine che fa accordi con i governi africani da pari a pari
tramite joint-venture. Al di là di quanto detto, per noi non condivisibile, ha
corretto giustamente il prof sulla paternità della “teoria dei 3 mondi”.
Un militante del Collettivo Senza Tregua è intervenuto
brevemente per fare notare che quando il governo Kazaco ha messo fuori legge il
Partito Comunista del Kazakhstan, il governo cinese ha “espresso solidarietà”
al governo kazaco e non al partito comunista.
Chiudiamo il dibattito con il nostro intervento innanzitutto
dicendo che nell’interessante ex cursus storico sulla costruzione del
socialismo dalla Comune alla Repubblica Popolare Cinese passando per la critica
al revisionismo sovietico è clamoroso che non si sia neanche accennato
all’esperienza della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria. L’unico tentativo
storico e prolungato (per 10 anni) di combattere realmente il revisionismo
kruscioviano rappresentato dalla burocratizzazione del partito e dello stato
socialista e nella sostanza della deriva e ritorno al capitalismo. Una vera e
propria rivoluzione nella rivoluzione che rappresenta un salto qualitativo
nell’esperienza storica del proletariato, una netta cesura con revisionisti e
centristi (per questo crediamo non sia un caso che non sia fatto neanche un
accenno), quali poi si riveleranno i vari Hoxha e Kim il Sung proprio sulla
questione della necessità di una Rivoluzione Culturale con al centro il
protagonismo delle masse.
In Cina grazie alla rivoluzione culturale i lavoratori hanno
riconquistato i posti di comando nella società dai posti di lavoro allo stato
occupati impunemente da burocrati di partito privilegiati e rappresentanti il
germe della nuova borghesia.
Invece sulle questioni poste nei precedenti interventi
ovvero Venezuela e Cina di oggi abbiamo detto brevemente che ogni stato ha una
natura di classe, quello è il punto su cui orientarsi. In Venezuela i militari
rappresentano la borghesia nazionalista e anti-imperialista anti-USA e in
quanto tale, per difendere i propri interessi di classe contro l’ingerenza
americana hanno nazionalizzato i settori strategici del paese ma a vantaggio
proprio e non del proletariato, non a caso il governo ha un supporto
principalmente nei settori urbani e non nelle campagne e in questi paesi,
nonostante il fenomeno dell’urbanizzazione, le campagne ancora hanno un loro
peso. Il parallelismo con la Cina rivoluzionaria è fuori luogo, l’alleanza
delle 4 classi aveva una guida rappresentata dal Partito Comunista Cinese
ovvero il partito d’avanguardia del proletariato cinese supportato anche dai
contadini poveri.
Sulla Cina moderna invece quanto detto, non corrisponde al
vero, lo dimostrano le lotte operaie e l’esistenza di gruppi maoisti
clandestini. Il veto alla Libia è determinato non dalla natura
anti-imperialista cinese ma dalle contraddizioni inter-imperialiste in questo
caso tra il blocco aggressore e da quei paesi come Cina, Russia e in parte l’Italia
(solo inizialmente tentennante) che già facevano affari con Gheddafi e quindi
erano contrari all’intervento, anche se l’Italia poi è dovuta accodarsi per
ovvi motivi geopolitici. La penetrazione economica cinese tramite le
joint-venture la dice anche lunga, ero lo stesso strumento del
social-imperialimo sovietico verso i paesi “satelliti” o del terzo mondo, il
fatto che la Cina ancora non abbia invaso nessun paese non significa niente,
l’imperialismo è anche penetrazione e sottomissione economica.
Si è chiusa così il secondo appuntamento teorico, aspettando
il terzo e ultimo dove finalmente avremmo potuto discutere e confrontarci
meglio circa la pratica politica dei compagni giovani e del loro partito
comunisti-sinistra popolare.
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