Nei nostri testi sulla situazione nelle
fabbriche e della classe operaia poniamo con forza il problema della necessità
della costruzione del partito del proletariato come oggi centrale per lo
sviluppo di una politica e lotta autonoma rivoluzionaria contri i governi, lo
Stato, il sistema del capitale. L’autonomia di classe, di pensiero, di azione
degli operai o è organizzata in un suo partito, o non esiste. Questa
costruzione passa per la lotta al riformismo e all’economicismo.
Con il testo che segue vogliamo approfondire
questa questione di fondo – che spesso anche chi parla di centralità della
classe operaia nella lotta rivoluzionaria elude nelle parole e soprattutto nei
fatti. Riprendiamo quindi stralci da un lungo documento “Elaborazione di tesi
per una ricerca storico politica sul movimento comunista italiano”, uscito nel
n. 0 della rivista “La Nuova Bandiera”.
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“…La classe operaia esiste, lotta e si
contrappone ai padroni, ai governi, allo Stato del capitale, senza che per fare
questo sia necessario un suo partito. Ma tutta l’esperienza storica dimostra
che la classe senza il suo partito non è in grado di avere un peso soggettivo
nella lotta politica e sociale, non è in grado affermare un punto di vista di
classe su tutte le questioni, non è in grado di indirizzare e dirigere la sua
lotta verso la conquista del potere politico, l’instaurazione di uno Stato
nelle proprie mani, l’edificazione di una società a misura dei suoi interessi
di classe…
E, contro una visione operaista (gli operai in sé) della classe e dello
sviluppo della coscienza di classe che sfocia inevitabilmente nell’economicismo,
… occorre ripartire e avanzare affermando
alcuni concetti di fondo.
— Senza pensiero operaio autonomo gli operai
non sono nulla (non è sufficiente essere operai, occorre un proprio pensiero
autonomo)
— Un pensiero operaio autonomo, senza una
organizzazione autonoma degli operai, non è agente (non è sufficiente un
pensiero operaio autonomo che resti un’idea)
— Un’organizzazione operaia autonoma, senza
politica operaia agente, non può mai diventare forza materiale (non è
sufficiente una organizzazione politica indipendente, occorre che sviluppi una
politica di classe autonoma)…
Il principale nemico nella classe operaia che ha ostacolato, contrastato
e combattuto ideologicamente e praticamente, attraverso anche il ruolo cardine
della Cgil, la coscienza e l’organizzazione operaia è il riformismo, senza
combatterlo strenuamente in tutte le sue espressioni e sfaccettature non si dà
alcun aiuto effettivo al ruolo d’avanguardia della classe operaia.
…Il riformismo nel movimento operaio è una
montagna da abbattere per la rivoluzione proletaria. Esso propone né più né
meno che la “democratizzazione della globalizzazione”, la fede in un
imperialismo buono e democratico, una visione propria solo ed unicamente di
frazioni del capitale. In questo senso il riformismo è l’ala sinistra del
capitale. Quando diciamo “sinistra del capitale” intendiamo un concetto
dinamico, legato allo sviluppo del capitale, alla concorrenza e alla
contraddizione in seno ad esso, che produce continuamente potenze dominanti e
potenze più arretrate, frazioni capitalistiche avvantaggiate dagli assetti
governativi e statali e frazioni capitalistiche svantaggiate. Sono queste
frazioni capitalistiche svantaggiate che vestono i panni dell’”imperialismo
buono”, della democratizzazione. In questo senso il riformismo è frazione del
capitale, non ala destra del movimento operaio...
All’interno del movimento operaio, lo scontro
frontale è con gli economicisti.
Che cosa sia l’economicismo ce lo spiega il Che fare?:
— sottovalutazione della teoria
— non comprensione del rapporto tra
spontaneità e coscienza
— identificazione dell’economico col politico
— negazione dell’organizzazione autonoma del
proletariato come organizzazione di capi del proletariato
— negazione del giornale come giornale
politico nazionale.
Sottovalutazione
della teoria
Gli economicisti di tutti i tipi sottovalutano
la teoria come arma, negano che l’organizzazione di classe degli operai si deve
basare su di un progetto per il socialismo, o sostenendo che il movimento è
tutto e il progetto è nulla, o riducendo il progetto a movimento. In realtà
oggi è necessaria una politica di classe finalizzata ad un progetto per il
socialismo, nella prospettiva del potere proletario e della trasformazione
socialista perfino per rendere di classe la stessa lotta sindacale e sociale
quotidiana.
Non
comprensione del rapporto tra spontaneità e coscienza
Gli economicisti teorizzano che la lotta
delle masse via via si sviluppa sino a diventare lotta cosciente. Al contrario,
la lotta cosciente è frutto di una deviazione
dal percorso della lotta spontanea, perché la lotta spontaneamente evolve nel
tradeunionismo e nel riformismo e perfino nella politica reazionaria. Non è
estendendo il movimento dell’autorganizzazione di classe, che questo sarà di
per sé più cosciente. Il risultato dipende invece dall’indirizzo, dalla
deviazione, dal rapporto tra spontaneità e coscienza.
Identificazione
dell’economico col politico
Gli economicisti identificano l’economico con
il politico, ogni lotta economica diventa anche lotta politica e ogni lotta
politica si riduce alla lotta economica. Si approda così al sindacalismo, al
laburismo, alla negazione o quantomeno sottovalutazione della necessità che
l’avanguardia operaia si dia un Partito e, nello stesso tempo, si rende
l’autorganizzazione di classe settaria nella lotta di rivendicazione e
filo-riformista o neolaburista nella lotta politica.
Negazione
dell’organizzazione autonoma del proletariato come organizzazione di capi del
proletariato
Con la teoria di un’organizzazione senza
capi, gli economicisti riducono quelli che sono stati nuclei forti della storia
e dell’identità di classe, ad esempio dei Cobas di fabbrica, ad uno strato di
sindacalisti con stile di lavoro impiegatizio, che espropria di ogni funzione
sia la base che i capi, e nega anche ai capi verificati degli operai un ruolo
di direzione nelle forme organizzate. L’altra forma di questa negazione
economicista ignora che la classe nella sua lotta produce i suoi capi
attraverso l’organizzazione d’avanguardia e il partito proletario.
Negazione del
giornale come giornale politico nazionale
Si può definire oggi “giornale” tutto ciò che
realizza quella funzione indicata da Lenin come propagandista, agitatore e
organizzatore collettivo, che concretizza la politica degli operai, la ricerca
di una sponda, la presa di posizione politica autonoma degli operai rispetto ai
fatti politici e la loro azione politica autonoma…
Direzione
dell’esperienza concreta della lotta politica
Per conquistare gli operai non basta indicare
una politica, occorre dirigere nella lotta politica spezzoni concreti e
avanzati del movimento operaio. Per tale fine due sono le condizioni necessarie:
Direzione
delle lotte sindacali.
Si tratta di direzione delle lotte operaie
concrete. Contro tutti i gruppi illuministi, educatori, propagandisti ecc.,
affermiamo che nessuno può dirigere la politica degli operai se non è
riconosciuto da questi grazie alla direzione delle sue lotte quotidiane. Gli
operai non riconoscono una direzione politica in quanto depositaria della
Soluzione, ma sulla base di conoscenza e fiducia che questa si è conquistata
sul campo e nella lotta.
Esplicitazione
della politica all’interno delle lotte sindacali.
È ovvio che in ogni lotta concreta ci sono
elementi politici… Ma, a differenza di ciò che affermano gli economicisti, noi
diciamo che solo facendo leva e trasformando questi aspetti, eleviamo la
coscienza e trasformiamo questa lotta in lotta politica…
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