domenica 15 luglio 2012

pc 15 luglio - NON CI PUO' ESSERE AUTONOMIA DELLA CLASSE OPERAIA SENZA PARTITO DEL PROLETARIATO

Nei nostri testi sulla situazione nelle fabbriche e della classe operaia poniamo con forza il problema della necessità della costruzione del partito del proletariato come oggi centrale per lo sviluppo di una politica e lotta autonoma rivoluzionaria contri i governi, lo Stato, il sistema del capitale. L’autonomia di classe, di pensiero, di azione degli operai o è organizzata in un suo partito, o non esiste. Questa costruzione passa per la lotta al riformismo e all’economicismo.
Con il testo che segue vogliamo approfondire questa questione di fondo – che spesso anche chi parla di centralità della classe operaia nella lotta rivoluzionaria elude nelle parole e soprattutto nei fatti. Riprendiamo quindi stralci da un lungo documento “Elaborazione di tesi per una ricerca storico politica sul movimento comunista italiano”, uscito nel n. 0 della rivista “La Nuova Bandiera”.

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“…La classe operaia esiste, lotta e si contrappone ai padroni, ai governi, allo Stato del capitale, senza che per fare questo sia necessario un suo partito. Ma tutta l’esperienza storica dimostra che la classe senza il suo partito non è in grado di avere un peso soggettivo nella lotta politica e sociale, non è in grado affermare un punto di vista di classe su tutte le questioni, non è in grado di indirizzare e dirigere la sua lotta verso la conquista del potere politico, l’instaurazione di uno Stato nelle proprie mani, l’edificazione di una società a misura dei suoi interessi di classe…
E, contro una visione operaista (gli operai in sé) della classe e dello sviluppo della coscienza di classe che sfocia inevitabilmente nell’economicismo,
… occorre ripartire e avanzare affermando alcuni concetti di fondo.
    Senza pensiero operaio autonomo gli operai non sono nulla (non è sufficiente essere operai, occorre un proprio pensiero autonomo)
    Un pensiero operaio autonomo, senza una organizzazione autonoma degli operai, non è agente (non è sufficiente un pensiero operaio autonomo che resti un’idea)
    Un’organizzazione operaia autonoma, senza politica operaia agente, non può mai diventare forza materiale (non è sufficiente una organizzazione politica indipendente, occorre che sviluppi una politica di classe autonoma)…
Il principale nemico nella classe operaia che ha ostacolato, contrastato e combattuto ideologicamente e praticamente, attraverso anche il ruolo cardine della Cgil, la coscienza e l’organizzazione operaia è il riformismo, senza combatterlo strenuamente in tutte le sue espressioni e sfaccettature non si dà alcun aiuto effettivo al ruolo d’avanguardia della classe operaia.
…Il riformismo nel movimento operaio è una montagna da abbattere per la rivoluzione proletaria. Esso propone né più né meno che la “democratizzazione della globalizzazione”, la fede in un imperialismo buono e democratico, una visione propria solo ed unicamente di frazioni del capitale. In questo senso il riformismo è l’ala sinistra del capitale. Quando diciamo “sinistra del capitale” intendiamo un concetto dinamico, legato allo sviluppo del capitale, alla concorrenza e alla contraddizione in seno ad esso, che produce continuamente potenze dominanti e potenze più arretrate, frazioni capitalistiche avvantaggiate dagli assetti governativi e statali e frazioni capitalistiche svantaggiate. Sono queste frazioni capitalistiche svantaggiate che vestono i panni dell’”imperialismo buono”, della democratizzazione. In questo senso il riformismo è frazione del capitale, non ala destra del movimento operaio...
All’interno del movimento operaio, lo scontro frontale è con gli economicisti.
Che cosa sia l’economicismo ce lo spiega il Che fare?:
    sottovalutazione della teoria
    non comprensione del rapporto tra spontaneità e coscienza
    identificazione dell’economico col politico
    negazione dell’organizzazione autonoma del proletariato come organizzazione di capi del proletariato
    negazione del giornale come giornale politico nazionale.
Sottovalutazione della teoria
Gli economicisti di tutti i tipi sottovalutano la teoria come arma, negano che l’organizzazione di classe degli operai si deve basare su di un progetto per il socialismo, o sostenendo che il movimento è tutto e il progetto è nulla, o riducendo il progetto a movimento. In realtà oggi è necessaria una politica di classe finalizzata ad un progetto per il socialismo, nella prospettiva del potere proletario e della trasformazione socialista perfino per rendere di classe la stessa lotta sindacale e sociale quotidiana.
Non comprensione del rapporto tra spontaneità e coscienza
Gli economicisti teorizzano che la lotta delle masse via via si sviluppa sino a diventare lotta cosciente. Al contrario, la lotta cosciente è frutto di una deviazione dal percorso della lotta spontanea, perché la lotta spontaneamente evolve nel tradeunionismo e nel riformismo e perfino nella politica reazionaria. Non è estendendo il movimento dell’autorganizzazione di classe, che questo sarà di per sé più cosciente. Il risultato dipende invece dall’indirizzo, dalla deviazione, dal rapporto tra spontaneità e coscienza.
Identificazione dell’economico col politico
Gli economicisti identificano l’economico con il politico, ogni lotta economica diventa anche lotta politica e ogni lotta politica si riduce alla lotta economica. Si approda così al sindacalismo, al laburismo, alla negazione o quantomeno sottovalutazione della necessità che l’avanguardia operaia si dia un Partito e, nello stesso tempo, si rende l’autorganizzazione di classe settaria nella lotta di rivendicazione e filo-riformista o neolaburista nella lotta politica.
Negazione dell’organizzazione autonoma del proletariato come organizzazione di capi del proletariato
Con la teoria di un’organizzazione senza capi, gli economicisti riducono quelli che sono stati nuclei forti della storia e dell’identità di classe, ad esempio dei Cobas di fabbrica, ad uno strato di sindacalisti con stile di lavoro impiegatizio, che espropria di ogni funzione sia la base che i capi, e nega anche ai capi verificati degli operai un ruolo di direzione nelle forme organizzate. L’altra forma di questa negazione economicista ignora che la classe nella sua lotta produce i suoi capi attraverso l’organizzazione d’avanguardia e il partito proletario.
Negazione del giornale come giornale politico nazionale
Si può definire oggi “giornale” tutto ciò che realizza quella funzione indicata da Lenin come propagandista, agitatore e organizzatore collettivo, che concretizza la politica degli operai, la ricerca di una sponda, la presa di posizione politica autonoma degli operai rispetto ai fatti politici e la loro azione politica autonoma…
Direzione dell’esperienza concreta della lotta politica
Per conquistare gli operai non basta indicare una politica, occorre dirigere nella lotta politica spezzoni concreti e avanzati del movimento operaio. Per tale fine due sono le condizioni necessarie:
Direzione delle lotte sindacali.
Si tratta di direzione delle lotte operaie concrete. Contro tutti i gruppi illuministi, educatori, propagandisti ecc., affermiamo che nessuno può dirigere la politica degli operai se non è riconosciuto da questi grazie alla direzione delle sue lotte quotidiane. Gli operai non riconoscono una direzione politica in quanto depositaria della Soluzione, ma sulla base di conoscenza e fiducia che questa si è conquistata sul campo e nella lotta.
Esplicitazione della politica all’interno delle lotte sindacali.
È ovvio che in ogni lotta concreta ci sono elementi politici… Ma, a differenza di ciò che affermano gli economicisti, noi diciamo che solo facendo leva e trasformando questi aspetti, eleviamo la coscienza e trasformiamo questa lotta in lotta politica…

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