In una recentissima audizione alla Commissione Difesa del Senato sul tema “Sicurezza cibernetica: riflessione in ambito europeo”, il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare dell’Ue, ha dichiarato che: “Le minacce di conflitti tradizionali sono potenziali, mentre il confronto digitale è fattuale, avviene ogni giorno, bisogna rispondere ora, non domani”.
Ma se questa appare una fotografia inquietante ma realista, il passaggio più significativo è stato il seguente: “Sempre più spesso gli attori statuali raggiungono i loro obiettivi geopolitici non solo attraverso strumenti tradizionali come la forza militare, ma anche attraverso strumenti cibernetici più discreti, volti anche ad interferire nei processi democratici interni. Non ho dubbi che in inglese li chiameremmo con il loro nome: hybrid warfare”, ha detto il generale Graziano.
Nel descrivere scenari in qualche incombenti, non ha avuto remore a indicare che: “È ormai ampiamente noto l’utilizzo del ciberspazio come quinto dominio di conflitto (terra, acqua, aria e spazio); un vero terreno di guerra, da solo o nell’ambito di un approccio ibrido. Le campagne di disinformazione, le notizie false e le operazioni cibernetiche mirate ad infrastrutture critiche sono
sempre più comuni. A queste si affiancheranno le sfide della sicurezza associate alle distruptive tecnologies: artificial intelligence, quantum computing, alta capacità di calcolo, cloud computing e 5G”, ha aggiunto il generale.Secondo il presidente del Comitato Militare della Ue, “È essenziale sviluppare in Europa capacità tecnologiche per mitigare le minacce e le vulnerabilità tali da generare quello che, nel linguaggio del potere, è chiamato effetto deterrenza e che qui potremmo chiamare cyber deterrenza”.
“Gli attacchi ibridi ed informatici non sono di per sé minacce; sono strumenti impiegati da attori ostili, statali e non statali, che sono – loro si – la minaccia”, ha spiegato il generale Graziano nell’audizione. “Non è semplice, quindi, risalire ai mandanti; per questo, in tema di cybersicurezza si parla di APT – Advanced Persistent Threat – un acronimo che serve ad indicare quei gruppi hacker criminali più o meno sostenuti da attori statuali. La combinazione tra la capacità tecnica e la volontà di stati non propriamente amici ci espone a quella che, senza esagerazione, può essere vista come una potenziale catastrofe informatica”.
da un articolo di sergio cararo su contropiano
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