Riportiamo alcune note dall'attivo di fine agosto di proletari comunisti - PCm.
I fattori internazionali stanno riportando sulla scena la tendenza alla guerra e questa, purtroppo, non può essere una grande novità se la collochiamo nel rapporto imperialismo/crisi/guerra.
Qualsiasi crisi alimenta sia i fattori della rivoluzione sia i fattori delle contraddizioni imperialiste che alimentano la guerra.
La crisi ha alimentato la discarica sulle masse popolari, poi la discarica sui paesi più deboli, quindi la crisi è diventata lo scontro tra i paesi più forti, sia nella forma di tutti contro tutti sia nella forma di lotta di blocchi.
Gli Usa che sono stati l'origine della crisi hanno provato a rimontare la situazione e hanno accentuato la politica di mantenere e sviluppare le loro sfere di influenza, approfittando della debolezza che si è creata negli altri paesi, per riprendersi il proprio posto.
In questo la presidenza Obama è andata avanti con oscillazioni, che hanno unito una difesa ad un'offensiva che si è alimentata dei fattori endogeni di questa crisi.
Una serie di situazioni nel mondo stanno prendendo la mano, creando un intreccio di fattori oggettivi e soggettivi, che stanno rafforzando l'ipotesi della tendenza alla guerra. Potrebbe essere una guerra per interposta persona, in cui la partecipazione avviene attraverso il ruolo che le forze interne hanno nei focolai di tensione, ma su uno dei fronti la situazione può trasbordare.
Ma questo scenario non cambia il fatto che nel mondo la rivoluzione è la tendenza principale.
C'è la spinta delle masse a cambiare l'ordine esistente e il tentativo dell'imperialismo è di impedirlo.
In questo senso le primavere arabe non sono state un complotto ma hanno rappresentato la ribellione delle masse arabe nei confronti di regime asserviti all'imperialismo che nella crisi hanno accentuato la discarica degli effetti della crisi sulle masse, alimentandone la ribellione.
Certo, tendenza alla rivoluzione non significa che tutte le forze che si ribellano siano rivoluzionarie. Noi parliamo di tendenza non di rivoluzione, perchè per una rivoluzione ci vuole ben altro, soprattutto fattori soggettivi, presenza di un partito comunista e della strategia della guerra popolare, in un contesto internazionale di supporto.
Lo stato attuale del fattore soggettivo non è ancora in grado di trasformare la tendenza in rivoluzione.
Questo fa sì che la tendenza non avanzi e non si concretizzi in risultati; ma la tendenza spinge l'imperialismo da un lato a frenarla dall'altro a deviarla; il suo solo apparire alimenta la controrivoluzione. Dimostrando, ancora una volta nella storia, che le rivoluzioni accennate portano due danni: non avanzano le rivoluzioni reali e invece alimentano la controrivoluzione che cerca di schiacciarle.
A questo si aggiungono le contraddizioni delle potenze imperialiste.
L'imperialismo gode attualmente di posizioni favorevoli contro i tentativi di rivoluzioni, ma le contraddizioni imperialiste e le crisi interne ai paesi imperialisti non fanno che alimentare la tendenza alla rivoluzione.
Vi sono però dei fattori nuovi. L'imperialismo non solo cerca di stroncare i moti di ribellione delle masse ma di impadronirsene, sostenendo una frazione e facendone propria pedina, trasformandole in “rivoluzione di destra”. Questo processo è riuscito in Libia, si è riproposto in Siria. E l'elemento determinante è l'assenza in queste ribellioni delle forze comuniste rivoluzionarie marxiste-leniniste-maoiste o la loro mancanza di ruolo.
I popoli si ribellano all'imperialismo, ma non trovano una direzione giusta e necessaria. In questo modo la tendenza alla rivoluzione non ha possibilità di vincere, e si afferma una direzione reazionaria.
Con il fenomeno Isis è come se la situazione sfuggisse di massa all'imperialismo che prima ha puntato su di esso per rovesciare il regime di Assad (situazione simile era avvenuta in Afghanistan, e con Al Qaida).
Ma è l'imperialismo che ha creato queste forze, che, come l'Isis, fanno andare indietro la storia, puntando ad edificare lo Stato islamico feudale. Ora dopo averle alimentato, sostenuto queste forze, all'imperialismo non stanno più bene, ed è costretta a reintervenire in Iraq.
In Iraq la fascistizzazione estrema del movimento islamico sotto la guida dell'Isis, rende inevitabile combattere l'Isis per continuare a combattere l'imperialismo.
Proletari comunisti - PCm è contro l'egemonia nei movimenti di ribellione dell'integralismo islamico e quando esso esercita un dominio che si trasforma in distruzione di tutte le forze progressive, ritiene che i comunisti rivoluzionari devono combattere queste forze ma all'interno della lotta antimperialista, contro ogni intervento dell'imperialismo, anche nella forma di armi e sostegno ai kurdi.
Il movimento kurdo non è unito, ci sono al suo interno forze reazionarie (Barzani). Quindi nessuna alleanza è possibile con queste forze. Noi non siamo per l'unità se c'è Barzani.
Morte all'Isis! Morte all'imperialismo! Noi appoggiamo le forze che fanno proprie queste due parole d'ordine.
Non esiste una via di mezzo se non l'autonomia dei popoli, la via della rivoluzione di nuova democrazia che richiede interpreti che emergano dal popolo. E in questo che i comunisti possono e hanno da giocare un ruolo.
Proletari comunisti - PCm combatte sempre e comunque l'intervento imperialista.
Proletari comunisti - PCm afferma che occorre combattere il nostro imperialismo, perchè l'unico vero antimperialismo è il sostegno alle forze che combattono l'imperialismo, Usa/europeo, compresa l'Italia.
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