mercoledì 31 ottobre 2012

pc 31 ottobre - 3° PARTE SUL RIESAME ILVA, PER UNA VALUTAZIONE DI PARTE OPERAIA

OGGI AFFRONTIAMO LA TERZA PARTE + APPENDICE

Dalla sentenza Riesame sull'Ilva si evidenziano tre aspetti dell’azione di padron Riva.

1)  azioni volutamente criminose, realizzate in maniera palese o occulta, con attività anche truffaldina;
2) violazioni di disposizioni e prescrizioni - sfruttamento al massimo degli impianti vecchi
3) nesso tra livelli di produzione e inquinamento
 
3) nesso tra livelli di produzione e inquinamento

"Nei parchi minerali, le emissioni da erosione eolica dei cumuli di stoccaggio sono comprese tra le 6 e le 51 t/a, quelle da movimentazione stradale dei mezzi all’interno dello stabilimento sono circa 24 t/a, quelle da manipolazione dei materiali solidi (cadute) ammontano addirittura a 668 t/a.

Nell’area acciaieria le emissioni non convogliate si verificano sia in fase di caricamento dei convertitori, a causa di sversamenti accidentali di materiali, sia in quelle terminali di spillaggio dell’acciaio e di versamento nelle siviere.
E’ un fenomeno derivante da non corrette modalità operative della fase di produzione, lo slopping dovrebbe essere quindi eccezionale e contenuto nel minimo, ma il fatto che si verifica con frequenza e ordinariamente, vuol dire è sicuramente collegato alla intensità delle operazioni lavorative, ai ritmi di lavoro.

L’Arpa ha evidenziato in merito alla “concentrazione del benzo(a)pirene misurato nell’aria dei Tamburi, come i dati del 2010 indicassero un aumento delle concentrazioni rispetto al 2009, verosimilmente correlato con il reincremento produttivo dello stabilimento siderurgico e della cokeria e nonostante alcuni adeguamenti degli impianti di tale area produttiva”

Nell’area Parchi, più si fa manipolazione, più vi sono emissioni. Quindi la pericolosità dei parchi minerali è direttamente legata alla quantità di produzione e all’intensità produttiva.

Anche nel caso delle batterie il grado di pericolosità è direttamente collegato al ritmo di produzione. Lo stesso riguarda il fenomeno dello slopping nell’area Acciaieria per cui il Riesame stesso scrive che “il fatto che si verifica con frequenza e ordinariamente, vuol dire è sicuramente collegato alla intensità delle operazioni lavorative, ai ritmi di lavoro”.

Questo significa che dietro questo ipersfruttamento di impianti, la maggiorparte già vecchi vi è il supersfruttamento degli operai che hanno dovuto lavorare con ritmi intensi di lavoro, e sottoposti ad orari di lavoro più lunghi con un uso normale dello straordinario. Da questo sfruttamento degli operai e degli impianti Riva ha fatto dello stabilimento di Taranto la fonte dei suoi profitti con 10 milioni medi di t/a di produzione. Per questo come vi è un nesso stretto tra inquinamento e peggioramento della condizione generale degli operai; altrettanto è collegata la messa a norma al contrasto di questo peggioramento e alla difesa delle condizioni di lavoro degli operai.

All’intensità produttiva, a questi alti livelli di produzione è collegato anche il grado di inquinamento ambientale nei quartieri, in particolare Tamburi; questo pone necessariamente per la bonifica ambientale anche il problema di un abbassamento del livello produttivo, insieme alla messa a norma degli impianti.


CHIAREZZA SULLA QUESTIONE DELLA FERMATA DEGLI IMPIANTI

Dalla parte conclusiva del Riesame:
“L’obiettivo da perseguire è uno ed uno solo, ovverossia il raggiungimento, il più celermente possibile, del risanamento ambientale e l’interruzione delle attività inquinanti” .
I custodi nel caso di specie hanno veri e propri compiti di gestione ed amministrazione, e non solo, come ordinariamente accade, di mera conservazione.
“non è compito del Tribunale stabilire se e come occorra intervenire nel ciclo produttivo (con i consequenziali costi di investimento) o, semplicemente, se occorra fermare gli impianti, trattandosi di decisione che dovrà essere necessariamente assunta sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi – amministratori, vagliate dalla A.G.; per questo lo spegnimento degli impianti rappresenta, allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili”… “in nessuna parte del provvedimento del GIP si legge che l’unica strada perseguibile al fine di raggiungere la cessazione delle emissioni inquinanti, unico obiettivo che il sequestro preventivo si prefigge, sia quella della chiusura dello stabilimento e della cessazione dell’attività produttiva… l’impianto siderurgico possa funzionare ove siano attuate determinate misure tecniche che abbiano lo scopo di eliminare ogni situazione di pericolo per i lavoratori e per la cittadinanza”.
Aggiunge che “la questione relativa ai limiti ed ai poteri dell’AG e dei custodi nel caso di sequestri preventivo, per uno stabilimento enorme come questo di Taranto non è meramente tecnica e fine a sé stessa, visto che dalla sua soluzione discendono importanti ricadute concrete che vanno ad intaccare contrapposti interessi pur costituzionalmente rilevanti, quale quello della tutela dell’impresa produttiva e dell’occupazione. Quindi: bisogna individuare quelle soluzioni che nel giungere alla cessazione delle emissioni inquinanti consentano di pregiudicare il meno possibile gli ulteriori interessi in gioco."

Quindi il Riesame su questo modifica il dispositivo della Todisco che disponeva che i custodi “avviino immediatamente le procedure tecniche e di sicurezza per il blocco delle specifiche lavorazioni e lo spegnimento degli impianti”, reputando invece “necessario che i tecnici dando inizio agli adempimenti possano invece valutare e nel caso adottare tra tutte le possibili scelte operative, quelle concretamente idonee a salvaguardare l’integrità e la sicurezza degli impianti ed a consentire, in ipotesi, la ripresa operatività dei predetti”. Se l’Ilva non provvede allora la ripresa della produzione “sarebbe irrimediabilmente compromessa”.

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