OGGI AFFRONTIAMO LA SECONDA PARTE
Dalla sentenza Riesame sull'Ilva si evidenziano tre aspetti dell’azione di padron Riva.
2) violazioni
di disposizioni e prescrizioni - sfruttamento al massimo degli
impianti vecchi
Dalla sentenza Riesame sull'Ilva si evidenziano tre aspetti dell’azione di padron Riva.
1) azioni
volutamente criminose, realizzate in maniera palese o occulta, con attività
anche truffaldina;
2) violazioni
di disposizioni e prescrizioni - sfruttamento al massimo degli impianti vecchi
3) nesso tra livelli di produzione e inquinamento
Nonostante condanne già subiti dalla proprietà e dirigenza Ilva, è proseguita l’immissione di polveri anche negli anni successivi. L’Ilva ha violato la condanna del 15.7.2007 – confermata in Cassazione – che ha detto che l’Ilva non ha alcuna autorizzazione ad immettere all’esterno ingenti quantità di polveri dell’area parchi, lì dove le emissioni di polveri non convogliate dovevano essere almeno limitate; la sentenza del 12.2.08 che aveva rilevato per l’area cokeria ricorrenti irregolarità, anomalie e discontinuità, in linea con il particolare grado di vetustà e lo stato di deterioramento delle batterie, non compatibili con il ritmo della produzione.
L’attuale
gruppo dirigente dell’Ilva ha sottoscritto dal 2003 ben quattro
atti di intesa volti a migliorare le prestazioni aziendali del
siderurgico: 8.1.03, 27.2.04, 15.12.04, 23.10.06 (quest’ultimo
richiamava gli stessi impegni assunti dall’Ilva con i precedenti
atti di intesa e mai osservati). “ha posto in essere una costante
reiterata attività inquinante con coscienza e volontà, per una
deliberata scelta della proprietà .
“l’omessa
predisposizione di cautele destinate a prevenire disastri e infortuni
sul lavoro, ha determinato non soltanto oltre i confini dello
stabilimento, nell’ambiente circostante, ma altresì nel contesto
spaziale lavorativo, condizioni di massiccio inquinamento e di
costante esposizione dei lavoratori ad agenti inquinanti di provata
nocività per la salute umana… (dispersione in atmosfera di
tonnellate di poveri originata dalle operazioni di depolverazione dei
filtri, dal loro stoccaggio, dalla loro movimentazione, da fenomeni
quali lo slopping) tali da configurare la verificazione di un
disastro.
Nell’area
cokerie, emissioni non convogliate derivanti dalla procedura di
caricamento della miscela nei forni, fuoriuscite per perdita di
tenuta a fine caricamento, porte dei forni, coperchi dei tubi di
sviluppo, sportelletti di spianamento fessurazione dei forni;
emissioni non controllate dovute anche a mancata aspirazione dalla
cappe aspiranti; materiali volatili residuali del coke contenuto nel
carro di spegnimento nel tragitto sino alle torri di spegnimento.
Per
evitare le emissioni fuggitive di benzo(a)pirene occorreva un
raddoppio delle attività giornaliere di manutenzione e regolazione
della tenuta delle porte dei forni Nella parte superiore le bocche di
caricamento del coke che dovrebbero essere sigillate prima
dell’inizio della cottura, in realtà sfiatavano durante il
processo a causa della loro non corretta chiusura.
Nella
cokeria l’attività era decisamente migliorabile con l’applicazione
delle migliori tecniche disponibili.
La
giustificazione dell’Ilva per la mancata o parziale applicazione
delle Bat è che essa è riconducibile alle caratteristiche
dell’impianto di Taranto. Ad es. il mancato trattamento a umido dei
fumi risulta legato al fabbisogno di acque e ai conseguenti impianti
di depurazione mancanti.
Stessa
cosa per l’applicazione dei filtri a tessuto, ovvero di filtri a
carbone attivo o ad umido, che invece sono utilizzati in impianti
europei.
Una
immediata attuazione delle BAT già in vigore garantirebbe la
riduzione degli inquinanti,
per
l’Area parchi si pone il problema della loro copertura a causa
delle 700 tonnellate di polveri per anno immesse in atmosfera
Per
le batterie, occorrerebbe l’adeguamento di tutte le prestazioni
delle batterie a quella della batteria 12; per l’eliminazione delle
emissioni fuggitive riconducibili in gran parte a difetti di tenuta
delle apparecchiature, occorrerebbe una ristrutturazione o la messa
fuori servizio di quelle più critiche (ad es. il rifacimento dei
refrattari dei forni coke che presentino fessurazioni o criccature).
Per
l’Area Agglomerato l’adozione dei filtri a tessuto – in
alternativa agli attuali elettrofiltri – determinerebbe un
considerevole miglioramento delle prestazioni ambientali
dell’impianto.
Per
l’Altoforno occorrerebbe adeguare le prestazioni di tutti i camini
a quella più accettabile del camino E108bis.
Per
l’area Acciaieria, intervenire nel fenomeno dello slopping, con
l’implementazione del sistema esperto di regolazione del processo
di soffiaggio dell’ossigeno e dell’altezza della lancia nel
convertitore così da svincolare, per quanto possibile, il controllo
dell’operazione dall’intervento dell’operatore.
Questo
uso intensivo di impianti già obsoleti, dimostra appieno le
responsabilità dirette di Riva nello stabilimento di Taranto, che
invece punta a scaricarle tutte sulla precedente gestione.
E’
vero che Riva nel 1995 ha trovato impianti già usurati, ma da buon
capitalista che pensa a fare il massimo profitto col minimo dei costi
ha tirato al massimo quegli impianti, non attuando alcuna effettiva
ristrutturazione con le tecnologie più moderne, ma facendo solo
degli interventi di manutenzione.
Anche
la giustificazione dell’Ilva per la mancata o parziale applicazione
delle Bat a causa delle caratteristiche dell’impianto di Taranto,
dimostra solo che Riva nel ’95 si è preso quasi gratis l’allora
Italsider e non ha fatto alcun intervento di effettivo miglioramento
strutturale, con la logica di tirare il massimo finchè era
possibile.
“L’attuale
gruppo dirigente – scrive il Riesame - si è insediato in un
periodo, a partire dall’anno 1995, in cui erano noti gli effetti
gravemente nocivi del tipo di emissioni prodotte dallo stabilimento…
Riva ha deciso di proseguire l’attività produttiva con gli stessi
impianti già ritenuti insufficienti a contenere le emissioni
dannose, senza esperire più adeguati ed efficaci interventi. Riva
ben conosceva l’esistenza delle attività inquinanti per precedenti
processi a precedenti direttori dello stabilimento e per i protocolli
di intesa già stipulati anni addietro con gli Enti territoriali, per
le relazioni e comunicazioni dell’Arpa”.
I
soldi investiti nella messa in sicurezza – di cui ora parla spesso
Ferrante – sono una falsa “carta di difesa”, atteso il livello
di interventi necessari ad uno mega stabilimento siderurgico (due
volte la città di Taranto), e lo stato di vetustà degli impianti.
"L’Ilva
avrebbe investito oltre un miliardo e e cento milioni di euro tra il
1998 e il 2011, in tecnologie finalizzate alla tutela dell’ambiente
e della salute, pari al 24% degli investimenti totali. Ma quanto più complessa, pericolosa ed estesa sarà l’attività di
impresa tanto più elevata sarà la misura della diligenza, prudenza,
perizia esigibile…”
(CONTINUA)
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