Secondo il gip che ha recepito il parere negativo dei pm il provvedimento governativo non ha effetto retroattivo: "Il divieto di retroattività della legge - scrive il gip - è fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell'ordinamento". La dottoressa Todisco, citando l'articolo 3 del decreto legislativo, rileva che "la norma impone di escludere radicalmente che si sia voluto attribuire efficacia retroattiva alla disposizione". Per questo motivo il giudice non ha concesso il dissequestro: sotto chiave rimangono 1 milione e 700mila tonnelate di coils, tubi e bramme per un valore stimato in quasi 1 miliardo di euro. Il sequestro è scattato perchè quell'acciaio era ritenuto provento dell'attività degli impianti dell'area a caldo dopo i sigilli scattati lo scorso 26 novembre per l'emissione di veleni industriali.
La decisione ha scatenato l'immediata reazione delll'Ilva, con una nota, annuncia: andranno a casa con effetto immediato quasi 4000 operai. "A seguito del rigetto odierno da parte del Gip della richiesta di Ilva dell'applicazione del decreto legge 207 del 3 12 2012, Ilva comunica le drammatiche conseguenze che tale decisione comporta per i livelli occupazionali e per la situazione economica dell'azienda - scrive l'azienda del gruppo Riva - Da ora e a cascata per le prossime settimane circa 1.400 dipendenti, appartenenti prevalentemente alle aree della laminazione a freddo, tubifici e servizi correlati, rimarranno senza lavoro. Il numero di questi lavoratori si andrà a sommare ai 1.200 dipendenti già attualmente in cassa Integrazione per le cause già note quali la situazione di mercato e le conseguenze del tornado che ha investito lo stabilimento di Taranto lo scorso 28 novembre". Il riferimento immediato, dunque,
"Ma si fermeranno - prosegue la nota dell'Ilva - poi a catena gli impianti Ilva di Novi Ligure, Genova Racconigi e Salerno, dell’Hellenic Steel di Salonicco, della Tunisacier di Tunisi e di diversi stabilimenti presenti in Francia, nonchè tutti i centri di servizio Ilva, quali Torino, Milano e Padova, nonchè gli impianti marittimi di Marghera e Genova. Tutto ciò comporterà, in attesa di ricostituire la scorta minima per la ripresa dei processi produttivi, una ricaduta occupazionale che coinvolgerà un totale di circa 2500 addetti. Le ripercussioni maggiori si avranno a Genova e Novi Ligure dove nell’arco di pochi giorni da oggi, saranno coinvolte circa 1.500 persone (1.000 su Genova e 500 su Novi Ligure)". E' così che la minaccia si allunga su un totale di circa 4000 addetti.
"Naturalmente - conclude l'Ilva - l'azienda ricorrerà al Tribunale del Riesame confidando cha la situazione possa essere sbloccata al più presto, per evitare oltre al danno derivante dalla mancata consegna dei prodotti già ordinati e non rimpiazzabili in alcun modo, anche il danno relativo all'eventuale smaltimento di tali prodotti che, l'azienda ricorda, sono prodotti deteriorabili".
lo slai cobas per il sindacato di classe in un comunicato odierno fa appello agli operai di tutti gli stabilimenti ilva a respingere la decisione dell'azienda e a riaffermare
che lavoro e salute si difendono e si impongono con la lotta per la messa a norma dell'ilva di taranto con gli operai in fabbrica e i padroni in galera
vanno respinti i tentativi dell'azienda di mettere gli operai contro le esigenze di salute dei cittadini
di taranto, ma anche quelli in corso di mettere i cittadini contro gli operia che lottano per il posto di lavoro
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