Riprendiamo qui di seguito il comunicato degli studenti e delle studentesse torinesi che continuano a battersi per chiedere giustizia per Ramy e per un futuro migliore per tutti e tutte.
Vogliamo però fare qualche riflessione rispetto alla gravità dell’operazione poliziesca messa in campo e al suo “tempismo”.
Partiamo
dai reati contestati alle persone arrestate: sono tutti di modesta
entità e vertono in grossa parte sul concetto giuridico di concorso
esteso all’inverosimile, tendenza già vista negli anni nelle procure di
mezza Italia ma che a Torino trova la sua forzatura più becera. Le
cosiddette “violenze” contestate ai ragazzi e ragazze arrestati sono:
l’aver solo parlato al megafono sostenendo la protesta (che è costato i
domiciliari a Stefano e Sara e le firme giornalire a Nicola), aver
spostato delle transenne per proteggere il corteo dalle cariche delle
forze dell’ordine, aver allontanato i lacrimogeni sparati sul corteo, e
dulcis in fundo aver dato dei “maiali” ai carabinieri, dileggiando “la
Benemerita” di non venire mai bene nelle foto.
Chi ha anche solo
visto i filmati della manifestazione, si renderà subito conto che quanto
contestato è poca cosa rispetto a quanto accaduto al corteo, che
ricordiamo spontaneo e seguito di pochi giorni all’uscita del
Ancora una volta, la Procura rivisita a suo piacimento il diritto per poter costruire ad arte il mostro manovratore, impersonato questa volta in chi diceva la sua al megafono, per infantilizzare gli atti di rivolta e ascriverli a mere strumentalizzazioni. L’obbiettivo è chiaro: colpire duro chi crede nella possibilità di organizzarsi collettivamente, alla luce del sole.
Ancora una volta vediamo i giornali cedere alle veline della Questura e ascrivere i compagni e compagne al Pubblic Enemy numero uno: l’Askatasuna, quando invece sono tutti militanti di collettivi studenteschi, anche di orientamento differente. Evidentemente non è bastata la batosta clamorosa alle teorie complottiste sul conflitto sociale data dalla sentenza del processo Sovrano. Pare che una certa stampa proprio non voglia darsi pace che a Torino, il conflitto sociale è nel Dna della metropoli, è la naturale risposta delle persone che la abitano, al triste progetto che le istituzioni vorrebbero costruirle sopra. La cosa che forse li spaventa ancora di più è che nonostante gli anni di carcere e le manganellate distribuiti a piene mani dal potere, i giovani siano sempre di più in piazza e a prendersi i propri spazi nelle scuole e nelle università. Si mettano il cuore in pace questurini e giornalisti, Torino non vuol padroni. Invitiamo a riflettere su questi veri e propri colpi di mano della polzia politica italiana e a metterli in relazione al clima bellico da mobilitazione generale per “salvar l’Europa”, per unire i punti e capire che solo l’espressione di una forza collettiva e popolare può fermarli dal portarci tutti nel baratro della barbarie capitalita. Solidarietà alle studentesse e agli studenti arrestat. Liber Subito!
Il comunicato congiunto scritto dai giovani:
Questa mattina all’alba, la questura di Torino ha deciso di notificare otto misure cautelari, di cui quattro arresti domiciliari e quattro obblighi di firma, a giovani compagni e compagne che si spendono ogni giorno per un futuro migliore. I fatti contestati risalgono al 9 gennaio di quest’anno, quando in migliaia in tutta Italia e a Torino abbiamo deciso di scendere in piazza chiedendo verità e giustizia per Ramy, ucciso dai carabinieri durante un inseguimento.
Il corteo di quella sera si inserisce in un percorso di mobilitazione più ampio, iniziato già la scorsa primavera a partire dai cortei per la Palestina, che hanno portato al movimento delle Intifade studentesche, ridando forza all’attivazione giovanile. Da quel momento a Torino i cortei si sono susseguiti senza sosta dimostrando un protagonismo che non si vedeva da tempo: sono tante le persone che hanno animato le piazze di quest’anno, mettendosi a disposizione e organizzandosi insieme per lottare.
Non è certo stando in prima fila allo striscione o parlando ad un
megafono che si sovradetermina la volontà e la convinzione di centinaia e
centinaia di persone, come scrive invece la questura negli atti
accusatori consegnati questa mattina. Anzi, questa narrazione
appiattisce la forza collettiva, riducendo a pochi soggetti una volontà
che invece è diffusa.
Se la questura pensa che chi anima le piazze,
chi scende in corteo, sia un mero burattino è perchè ignora la
consapevolezza collettiva.
In questo contesto, viene punito non solo
il gesto di manifestare in piazza, ma anche il fatto stesso di
tematizzare, di esplicitare le ragioni e i motivi alla base di una
protesta. Ancora una volta, si colpisce chi ha il coraggio di prendere
parola, di far sentire la propria voce, come se il semplice atto di
esprimersi fosse un crimine. Si sta dunque ponendo la premessa per una
sorta di “reato di pensare”, in cui qualunque espressione di dissenso
viene silenziata.
Si tratta tra l’altro della medesima narrazione portata in tribunale con il processo Sovrano e fallita appena due giorni fa con l’assoluzione completa per il reato di associazione per delinquere. La controparte evidentemente non ha preso bene la sconfitta e non ha tardato a rispondere con un’operazione costruita su misura per l’occorrenza, con l’esplicita volontà di intimidire ancora una volta i più giovani. Siamo ben consapevoli che non si tratti di un attacco contro le singole condotte, ma contro un movimento capace di coinvolgere trasversalmente i giovani di questa città, dimostrando la propria potenza in più occasioni. La giornata di lunedì ne è l’ultimo e più chiaro esempio: centinaia di persone si sono radunate sotto il tribunale di Torino non solo in solidarietà con i 28 imputati, ma soprattutto in risposta all’attacco alle lotte che quel processo rappresenta per tutti.
Di fronte a questi vili attacchi non faremo un passo indietro: siamo e saremo sempre associazione a resistere!
LIBERE TUTTE, LIBERI TUTTI!
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