Tornando sullo sciopero e mobilitazioni del 20 e 21 ottobre dobbiamo guardare al "bicchiere mezzo pieno" e al "bicchiere mezzo vuoto".
In queste due giornate noi abbiamo rappresentato la nostra linea in tutte le iniziative in cui siamo riusciti ad esserci. Abbiamo portato l'altra linea rispetto alla linea dominante, sia in relazione allo sciopero del 20 sia in relazione alle manifestazioni del 21. Abbiamo fatto una buona propaganda e agitazione, portando un chiaro indirizzo nella nostra azione, che ha posto al centro fondamentalmente la questione del governo.
La lotta al governo, la denuncia della natura del governo effettivamente sono stati i lati deboli delle manifestazioni, e dello sciopero. Lati deboli per l'orientamento delle forze che li hanno organizzati - senza voler estendere questo orientamento ai partecipanti alle iniziative. Questi lati deboli non hanno permesso di concentrare le lotte in un attacco che assumesse l'obiettivo del governo, nonostante che negli scritti la lotta contro il governo Meloni c'era, Ma concentrare la lotta sul governo Meloni è cosa un pò diversa che inserirlo in un volantino, voleva dire caratterizzare le manifestazioni contro il governo in modo tale che il governo se ne accorgesse. Invece la stampa ha potuto silenziare queste iniziative, piuttosto che attaccarle, considerandole obiettivamente manifestazioni marginali.
Noi abbiamo sempre detto che è necessario creare in questo paese la polarizzazione; senza
polarizzazione non si innesta quella dinamica necessaria alla trasformazione del movimento di massa, per la trasformazione dello sciopero economico in sciopero politico, in lotta politica generale - passaggio necessario per porsi l'obiettivo della caduta di questo governo e l'alternativa di un governo operaio e popolare, che nella dinamica della lotta di classe non può che essere frutto di un movimento di tipo insurrezionale dentro una strategia di lungo periodo che di insurrezioni ne vuole parecchie, e che stiamo chiamando in forme più scientifica, guerra di popolo di lunga durata, attraverso le sue tre fasi: guerra di classe, guerra rivoluzionaria, guerra di popolo propriamente detta; che nella dinamica del rapporto imperialismo, guerra, moderno fascismo, assume nel nostro paese la forma di una nuova resistenza, che riprende la vecchia gloriosa Resistenza per trasformarsi in qualcosa di nuovo, permeata in maniera determinante dall'esperienza storica di un movimento rivoluzionario realizzatasi in Italia: il biennio rosso del 68/69 con il seguito degli anni 70.La nostra presenza nelle mobilitazioni in corso deve essere concentrato su questo lavoro come battaglia generale. Siamo nella fase della difensiva strategica e in particolare nell'inizio di essa perchè questa battaglia esista e noi stiamo lavorando perché esista, perchè diventi incancellabile. Nella fase della difensiva strategica questa battaglia deve modificarsi strada facendo, fino ad arrivare a quella situazione in cui non si può cancellare.
Il "bicchiere mezzo pieno" delle mobilitazioni del 20-21 è rappresentato da una valutazione complessivamente positiva della decisione di chiamare allo sciopero e di aver portato il problema della guerra, diventato più concreto con le manifestazioni alle Basi, indirizzando la denuncia contro il nostro governo, il nostro Stato, la nostra guerra, terreno su cui si deve esercitare la lotta proletaria e popolare.
Siamo stati un'avanguardia proletaria marxista-leninista-maoista. Un'avanguardia marxista per le parole d'ordine che abbiamo portato dentro le manifestazioni; un'avanguardia leninista per il modo con cui abbiamo portato l'appello nel movimento reale, una avanguardia maoista pe la prospettiva apertamente enunciata della guerra di popolo; un'avanguardia comunista e proletaria, formata fondamentalmente da proletari, inteso sia come compagni operai, sia come quelli che pongono ogni giorno la loro vita a servizio della classe, del proletariato, ne incorporano la sua funzione storica, in attesa che la vecchia talpa faccia il suo lavoro, il soggetto storico del cambiamento possa prendere il suo ruolo di guida del movimento reale.
Noi siamo nel movimento che c'è per trasformarlo e per indirizzarlo.
Siamo riusciti andare alle fabbriche, alle grandi fabbriche, a portare il messaggio del senso dello sciopero del 20, sapendo benissimo che gli operai di queste fabbriche non potevano fare questo sciopero realmente. Questo sciopero ha costituito l'acqua in cui nuotare.
Nella fabbrica di Acciaierie d'Italia a Taranto ci siamo trovati con uno sciopero generale, indetto da Fiom, Fim e Uilm, nella più grande fabbrica d'Italia; certo non uno sciopero come noi avremmo voluto, interno all'indicazione dello sciopero generale dei sindacati di base, ma c'è stato uno sciopero di tutti gli stabilimenti ex Ilva. che ha portato in piazza a Roma un migliaio di operai. Lo sciopero è riuscito 15.000 operai hanno scioperato realmente, e 15.000 operai che scioperano sono di più di tutti i lavoratori dei sindacati di base che hanno realmente scioperato – con la eccezione della logistica dove hanno scioperato a livello nazionale. lo sciopero e la manifestazione di Roma hanno permesso di portare, in distinzione e contrapposizione ai sindacati confederali, la nostra linea e piattaforma alle migliaia di operai. Lo stesso è avvenuto come agitazione e propaganda alla Stellantis, alla Tenaris Dalmine, alla Fincantieri di Palermo, alla Marcegaglia di Ravenna, ecc.
Detto questo, il problema che abbiamo è che l'orientamento delle forze che hanno chiamato allo sciopero del 20 e alle manifestazioni del21 non è quello giusto, è fatto da organizzazioni sindacali, gruppi dirigenti che hanno una linea o non di classe rispetto alla lotta che essi stessi dicono di voler fare e certamente di una finalizzazione rivoluzionaria. Questa linea non di classe paradossalmente si esprime proprio nel comunicato che i sindacati di base promotori del 20 hanno fatto dopo lo sciopero del 20: "Eccellente riuscita...", e così via. Questi gruppi dirigenti vogliono presentare se stessi come rappresentativi del movimento proletario generale. Le fabbriche per loro non esistono, la classe operaia non è contemplata nell'attività per lo sciopero. Non si pongono il problema di dinamizzarsi con il movimento reale della massa dei lavoratori. Questo significa quando quando si considera "eccellente" la riuscita dello sciopero del 20 e ancor più quando spara numeri inesistenti.
Lo sciopero dei trasporti è usato come paradigma della riuscita dello "sciopero generale" che in questi ultimi anni vengono dichiarati dai sindacati di base, e in cui la parte che partecipa è ristretta, benchè le controparti, per ragioni di strumentalizzazione dello sciopero, amplificano a dismisura la sua portata, per creare disagio ai cittadini ma con l'obiettivo di sputtanare chi dichiara sciopero e attaccare il diritto di sciopero. . Chiaramente non ne siamo contenti, ma l'auto incensamento dei sindacati di base è una vera sciagura che dà per risolti problemi di uno sciopero generale che ancora si deve fare, dandolo invece per fatto.
Questo sputtana lo sciopero generale proprio come forma di lotta come sciopero che effettivamente blocchi la produzione e crei una dinamica vera di scontro di classe con padroni, governo,
Quindi quello che scrivono i sindacati di base è una comunicazione tossica, dannosa al di là delle stesse intenzioni al futuro del movimento.
Il 21 il "bicchiere mezzo pieno" è ben espresso dalle manifestazioni alle Basi e soprattutto a Ghedi. Ma anche qui ha agito una logica fondamentalmente autopropagandistica, con una logica autoreferenziale.
Sono limitate le organizzazioni che avrebbero potuto aderire, il cosiddetto “piede” messo nel campo pacifista si riduce a numeri piccoli, perché di forze, oltre il SiCobas c'erano ma in numeri ridotti. Certo altre componenti del movimento sono più a destra e hanno portato parole d'ordine ancora più arretrate nelle manifestazioni di Coltano e di Palermo senza per questo essere più popolari, più coinvolgenti, senza raggiungere un numero maggiore partecipanti di Ghedi e delle stesse loro manifestazioni precedenti.
Quindi non è vero che la linea moderata, confusa ed eclettica del movimento, rappresentata a Coltano, Palermo accolga più persone, più forze di quanto ne raccoglie l'ala più classista radicale rappresentata a Ghedi
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