Il partigiano che arruola i giovani su Zoom: “Il mio obiettivo? Trecento tessere Anpi”
Il volontario Guido Bertotti si è attrezzato per la causa:
si è fatto regalare un computer dal figlio e ha attrezzato in casa il
suo “ufficio”. Ora punta a iscrivere nuove persone: «Adesso che i reduci
in vita sono rimasti pochissimi, è fondamentale non perdere la memoria»
Videochiamate, posta elettronica e WhatsApp: è così che
funziona al giorno d’oggi la quotidianità, dal lavoro al volontariato.
In Barriera di Milano, alla storica Sezione «Renato Martorelli»
dell’Anpi, c’è Guido Bertotti, che da tempo ne è amministratore: segue e
divulga le iniziative e coordina il tesseramento sfruttando le
molteplici possibilità offerte dalla tecnologia. Niente di strano, se
non fosse che Bertotti si avvicina ai novant’anni.
Fabbriche, oratori e parrocchie a Torino: ecco dove erano nascoste le radio partigiane clandestine
Si trasmetteva dalle Concerie Fiorio e dalla Microtecnica di via Madama. E poi c’erano don Borghezio
e don Cocco, sacerdoti disposti a rischiare la vita per sostenere la Resistenza
Nella storia della liberazione di Torino dall’occupazione nazifascista hanno un posto di rilievo le radio clandestine dei partigiani: lo strumento che la Resistenza e le truppe anglo-americane di liberazione utilizzavano per scambiarsi informazioni strategiche contro i tedeschi.
Una stazione di trasmissione radiofonica era nascosta nelle Concerie Fiorio di
via Durandi 10, che era sede di una delle sezioni del Comitato di
Liberazione Nazionale (oggi l’edificio ospita i corsi di formazione
professionale della Piazza dei Mestieri). Un’altra radio si trovava
presso la fabbrica Microtecnica di via Madama Cristina 149. Un’antenna con apparecchio trasmettitore venne collocata nel sottotetto della parrocchia di San Massimo in via Dei Mille 28. Un’altra presso l’Oratorio Salesiano di Valdocco.
Come spiega Luciano Boccalatte, direttore dell’Istituto Storico della Resistenza,
«operavano a Torino varie radio clandestine, alcune legate alle
missioni inglesi, altre alle missioni americane». Un ruolo di primo
piano ebbero i preti disposti a rischiare e a ospitare gli apparecchi
trasmettitori in parrocchia. «La radio installata nel sottotetto di San
Massimo è oggi custodita dall’Istituto Storico della Resistenza, che
l’ha ricevuta in dono da Luigi Segre. Quella che operava nell’Oratorio
di Valdocco è conservata presso il Polo del ‘900, dono di Franco
Cerrato».
La parrocchia di San Massimo era un centro importante
della Resistenza. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 il parroco don Pompeo Borghezio mise
a disposizione la canonica per le riunioni clandestine del Cln. Era un
prete combattivo, durante tutta la guerra prestò aiuto agli ebrei, ai
renitenti e ai partigiani. Finché nel marzo 1945 — nelle fasi decisive
della liberazione — don Borghezio accettò di ospitare nella casa
parrocchiale l’apparecchio radio ricetrasmittente della missione
americana «Pom». Le trasmissioni furono affidate al sergente
cecoslovacco Joseph Panek. Scopo della missione era fornire agli alleati
informazioni circa la consistenza numerica delle formazioni partigiane e
i loro fabbisogni, e inoltre trasmettere notizie riservate sui
tedeschi. Proprio dalla postazione radio di San Massimo, con l’aiuto di
due interpreti, fu possibile conoscere e diffondere l’organigramma delle
SS tedesche di stanza nel famigerato Albergo Nazionale dietro a piazza
San Carlo.
A Valdocco operava un’altra radio, sotto la vigilanza del salesiano don Luigi Cocco,
vicedirettore dell’Oratorio. Don Cocco era stato cappellano militare e
dopo l’armistizio, rientrato a Torino, si era messo in contatto con i
militari entrati nella Resistenza nelle valli di montagna. Con don Cocco
operavano alcuni salesiani cecoslovacchi, che avevano preso contatti
con truppe di loro connazionali, arruolate inizialmente dai tedeschi,
poi passate alla Resistenza in Val Sangone. La radio al Valdocco era
nascosta nell’intercapedine di un muro utilizzato anche per nascondere i
ricercati dai tedeschi. Trasmetteva informazioni al governo di Roma e
agli alleati. L’apparecchio fabbricato in America, era arrivato a Torino
nei primi mesi del 1945, fatto sbarcare in Liguria dopo un viaggio
avventuroso; accompagnava la «Spring», una missione dei servizi della
Marina Militare italiana. Don Cocco imparò a cifrare e a trasmettere. Un
giorno gli informatori gli notificarono un notevole concentramento di
mezzi tedeschi nella zona boschiva a ridosso di Villastellone, verso il
Parco dei De Maistre. Toccava a lui diffondere l’informazione, ma decise
di non farlo: sapeva che gli aerei alleati non sarebbero andati troppo
per il sottile e avrebbero devastato Villastellone con tutta la
popolazione. Scelte difficili. Giorni tragici. I tedeschi sapevano
dell’esistenza della radio di Valdocco, la cercavano, ma non la
trovarono mai. Così questa radio poté salvare la vita a tanti partigiani
e fiancheggiatori della Resistenza. (...)
C’era in Piemonte anche una emittente partigiana rivolta a
tutta la popolazione. Trasmetteva clandestinamente dalle montagne di
Biella, si chiamava «Radio Libertà», utilizzava un’antenna rubata dai
partigiani nell’aeroporto di Cameri. Ogni sera alle 21 le prime dieci
note della canzone Fischia il vento, suonate da una chitarra scordata,
aprivano le trasmissioni: «Attenzione Radio Libertà, libera voce dei
volontari della libertà. Si trasmette tutte le sere alle ore 21 sulla
lunghezza d’onda di metri 21». All’annuncio veniva aggiunta una
precisazione: «Non abbiano dubbi coloro che ci ascoltano, siamo
partigiani, veri partigiani. Lo dice la nostra bandiera: Italia e
libertà. Lo dice il nostro grido di battaglia: Fuori i tedeschi, fuori i
traditori fascisti. Ecco chi siamo: null’altro che veri italiani».
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