Perù: tre giorni di lutto nazionale per la morte dell'ex presidente Alan Garcia
Lima, 18 apr 07:23 - (Agenzia Nova) - Il governo peruviano
ha disposto tre giorni di lutto nazionale per la scomparsa di Alan
Garcia, l'ex presidente morto suicida mercoledì poco prima di essere
arrestato per un presunte rato di corruzione. Fino a venerdì 19 aprile,
le bandiere del Perù saranno issate a mezz'asta su tutti i principali
uffici pubblici del paese, si legga in un decreto firmato dal presidente
Martin Vizcarra, dal presidente del Consiglio Salvador del Solar, dal
ministro degli Esteri Nestor Popolizio e dal ministro della Giustizia,
Vicente Zeballos. Le onoranze funebri per Garcia, recita ancora il
decreto pubblicato sulla gazzetta ufficiale "El Peruano", dovrebbero
essere le stesse che si concedono a un presidente della Repubblica in
esercizio. Una "offerta che la famiglia ha però respinto", segnala l'ex
segretario particolare di Garcia, Ricardo Pinedo. I resti dell'ex
presidente, riporta il quotidiano "El Comercio" riposano al momento
nella sede del partito Aprista, al formazione di cui faceva parte, e la
cerimonia funebre dovrebbe tenersi in forma privata.
Garcia è
morto nella giornata di mercoledì 17 aprile, dopo essersi inflitto un
colpo di pistola alla testa. Una decisione presa poco dopo aver accolto
in casa funzionari della polizia che stavano
eseguendo un ordine
d'arresto nel quadro dell’inchiesta legata al "caso Odebrecht". Secondo
quanto aveva spiegato il ministro dell'Interno, Carlos Moran, Garcia
aveva chiesto agli agenti di attenderlo per poter chiamare il suo
avvocato. Udito un colpo di pistola, i poliziotti sono entrati nella
abitazione di Garcia e l'hanno trovato accasciato sulla sedia. Inutile
si è rivelato il ricorso ai ferri, durante il quale Garcia avrebbe
subito ben tre arresti cardiocircolatori. La notizia della morte ha
colpito profondamente il paese e aperto un dibattito sulla portata
dell'azione della giustizia soprattutto nei confronti della politica.
Denunce di abuso dei poteri inquisitori sono state fatte proprio dal
partito di Garcia, il Partito Aprista Peruano, tra i più toccati dalle
inchieste.
Garcia - presidente tra il 1985 e il 1990 e tra il
2006 e il 2011 -, era indagato nell’ambito di un’ampia inchiesta per
corruzione che coinvolge diversi alti funzionari pubblici e l’impresa
ingegneristica brasiliana Odebrecht. In particolare, l’indagine si
concentra sull’appalto della linea 1 della metropolitana di Lima.
Secondo gli investigatori la compagnia brasiliana avrebbe pagato più di
otto milioni di dollari di tangenti a favore di Jorge Cuba, ex
viceministro delle Comunicazioni, e degli ex funzionari Edwin Luyo,
Mariella Huerta e Santiago Chau, membri della commissione incaricata di
valutare l’appalto. Odebrecht, secondo quanto dichiarato dal pubblico
ministero, avrebbe pagato Garcia per una conferenza con centomila
dollari provenienti da un fondo destinato al pagamento di tangenti in
vari paesi dell’America Latina. Lo scorso 3 dicembre il governo
dell’Uruguay aveva rifiutato di concedere asilo diplomatico all’ex capo
dello stato.
Il caso di Alan Garcia è l'ultimo di una serie di
tormentate vicende che hanno coinvolto gli ex presidenti del Perù in
quasi trenta anni. Alberto Fujimori, presidente del Perù dal luglio del
1990 al novembre del 2000, è stato condannato a 25 anni di carcere per
reati contro l'umanità. In particolare gli si addebita la responsabilità
delle efferate azioni sferrate dai gruppi paramilitari nei confronti di
presunti terroristi di "Sendero luminoso", il più importante dei quali -
il cosiddetto "Grupo Colina" - è autore dei pesanti massacri di Barrios
Altos (1991) e La Cantuta (1992). Nel 2000, incalzato dal montare delle
accuse in patria, Fujimori aveva approfittato di una trasferta
istituzionale in Brunei per recarsi in Giappone, paese di cui ha il
passaporto, e da lì, consegnare le dimissioni via fax. Lima aveva a
lungo chiesto a Tokyo, senza successo, di estradare l'ex presidente.
Fujimori è stato però arrestato nel corso di un viaggio fatto a bordo di
un aereo privato in Cile. Qualche mese dopo sarebbe tornato in patria
per iniziare ad affrontare i processi.
Nel dicembre del 2017,
l'ex presidente oramai ultraottantenne, otteneva l'indulto per "per
ragioni umanitarie" dall'allora capo dello stato, Pedro Pablo Kuczynski.
Una decisione che aveva sollevato una grande polemica nel paese e
portato - attraverso vicende successive - alle dimissioni di Kuczynski e
all'ascesa del suo vice, Martin Vizcarra, alla guida del paese. A
ottobre del 2018, la Corte suprema aveva accolto il ricorso dei parenti
delle vittime secondo cui l'indulto non era conforme ai principi e
obblighi stabiliti nella Convenzione americana dei Diritti umani. L'ex
presidente, che avrebbe quindi subito diverse ricadute cliniche, veniva
quindi rimandato a scontare la pena in una struttura ospedaliera interna
al carcere.
Dal 2001 al 2006 il Perù aveva conosciuto la
presidenza di Alejandro Toledo. Nel 2016, dieci anni dopo la fine del
mandato, il suo nome era tornato alle cronache per presunti
coinvolgimenti nelle trame di corruzione della impresa ingegneristica
brasiliana Oderbrecht. I vertici dell'impresa, al centro di una mega
inchiesta che coinvolge tutta la regione, indicarono Toledo come
recettore di somme ilecite in cambio della concessione di appalti per la
costruzione della Carretera interoceanica del Sud, arteria che taglia
il subcontinente da oceano a oceano. Per Toledo - primo ex presidente
latinoamericano formalmente accusato di corruzione con Oderbrecht -
scattava l'ordine di carcerazione preventiva. Ordine che non è stato
però eseguito: "el Cholo" è stato visto l'ultima volta a New York e da
allora non si hanno notizie precise sul suo domicilio.
Anche
Ollanta Humala, presidente dal 2011 al 2016, è finito nelle indagini
legate ala corruzione di Oderbrecht. Lui e la moglie, Nadinde Heredia,
sono stati accusati di associazione a delinquere e di aver ricveuto tre
milioni di dollari in nero, spesi in campagna elettorale. Accuse che non
hanno fatto però fuggire lex presidente: condannati a 18 mesi di
carcerazione preventiva in attesa del processo, i coniugi si sono
consegnati alla giustizia e non smetono di denunciare gli abusi della
magistratura.
C'è quindi il caso di Pedro Pablo Kuczynski,
presidente dal 2016 al 2018. Le sue dimissioni anticipate sono
strettamente intrecciate alla concessione dell'indulto a Fujimori. Una
decisione che arrivava poche ore dopo che il Parlamento respingeva una
richiesta di destituzione dello stesso Kuczynski dalla carica di
presidente, accusato di essere coinvolto in casi di corruzione. Una
mozione non approvata grazie ai voti di una parte di Forza popolare
(Fp), quella facente capo a Kenji, il più piccolo dei due Fujimori, da
sempre più esposto nella richiesta di indulto al padre. Secondo le prove
ricavate da alcuni video girati di nascosto da parlamentari, Kuczynski
avrebbe barattato la concessione dell’indulto proprio con i voti utili a
salvarsi dalla sfiducia.
Nel giorno in cui Garcia si sparava un
colpo alla testa, Kuczynski, 80 anni, veniva ricoverato all'ospedale per
un innalzamento sospetto della pressione. In questi giorni infatti
"Ppk" è alle prese con una richiesta di arresto preventivo di dieci
giorni, nel quadro delle indagini che lo coinvolgono in un caso di
presunta corruzione. Kuczynski è ritenuto responsabile di aver riciclato
circa 100.000 di dollari legati agli appalti irregolari per la
costruzione della autostrada interoceanica Perù-Brasile e del progetto
di irrigazione Olmos, entrambi assegnati alla Odebrecht. L'illecito
sarebbe stato compiuto durante il governo Toledo, quando Kuczynski
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