Ucraina: l’Europa, la Russia e un’analisi cinese
di Ernesto Sii. Scritto il 24 febbraio 2014 alle 7:00.“Sia l’Europa che la Russia dovrebbero pensarci due volte prima di mettere ancor di più le mani nella lotta politica ucraina”: si conclude così l’analisi pubblicata nei giorni scorsi dall’agenzia di stampa cinese Xinhua intitolata “Est o Ovest: brusche inversioni di marcia sfidano il buon senso ucraino” e nella quale si prova a tracciare un bilancio, ‘terzo’, dello scontro consumatosi nelle scorse settimane a Kiev e nel resto del paese ma in cui la componente internazionale ha giocato e continua a giocare un ruolo rilevante.
Secondo Liu Fenghua, esperto dell’Accademia cinese di Scienze Sociali, “l’Ucraina si trova in una congiuntura strategicamente importante sia per la Russia che per l’Europa, con la quale condivide anche la costa del Mar Nero, ed è da tempo al centro di una competizione di influenza da entrambi i blocchi per i forti interessi geopolitici che riveste”.
L’esperto evidenzia poi come le ultime proteste siano partite lo scorso novembre dopo l’improvviso annuncio da parte del deposto presidente Yanukovych della sospensione dei negoziati per una Zona di Libero Scambio con l’Europa, un progetto che veniva considerato come una pietra miliare nel processo di integrazione del paese nell’Unione Europea.
Una scelta che i media europei e occidentali hanno spesso semplicisticamente bollato come una scelta di campo ma che, invece, secondo l’analista cinese deve essere stata “molto faticosa” per Yanukovich, che in passato aveva “promosso legami più stretti” con l’Europa.
“L’economia Ucraina dipende fortemente dal mercato russo e dall’importazione di gas naturale” spiega Liu, aggiungendo che l’ingresso nell’unione doganale avviata dalla Russia “porterà benefici immediati al paese, a cominciare da un taglio dei prezzi del gas”, mentre, la Zona di Libero Scambio con l’Europa espone Kiev a contromisure russe che, evidenzia l’esperto cinese, “l’accordo con l’Europa non sembra di essere in grado di compensare adeguatamente”.
A titolo esemplificativo, l’analista cinese ricorda come nel 2013 la Russia sospese per un po’ l’importazione di prodotti metallurgici e caseari ucraini e utilizzò il prezzo del gas come pungolo, col risultato di portare a un immediato aumento del deficit e una perdita netta di oltre 6,5 miliardi di dollari nelle casse ucraine.
E se negli ultimi due giorni anche sulla stampa europea sono cominciati a circolare commenti sui gruppi ucraini di estrema destra che hanno giocato un ruolo chiave nel gestire le proteste di piazza dell’ultima settimana a Kiev (si legga su tutti il commento di Seumas Milne comparso sull’inglese The Guardian col titolo “In Ucraina, fascisti, oligarchi e l’espansione occidentale al cuore della crisi”), l’agenzia di stampa cinese, citando, Timofei Bardachev, direttore del Centro per gli Studi Europei presso la Scuola Superiore di Economia in Russia, attribuisce proprio al sostegno aperto che alcuni paesi europei hanno dato ai leader dell’opposizione ucraina la “causa immediata” del degenerare in violenza delle recenti proteste di piazza.
Il vero problema, secondo l’esperto dell’Accademia cinese di Scienze Sociali, “risiede nell’uso di alcuni estremisti della forza e nelle loro complesse richieste per le dimissioni immediate del governo, l’emendamento costituzionale e le elezioni presidenziali anticipate. È una situazione complessa perché Yanukovych è il presidente legittimamente eletto del paese e ha sempre provato a bilanciare le proprie politiche tra Russia ed Europa, una scelta saggia negli interessi dell’Ucraina”.
Il pericolo che entrambi gli esperti evidenziano è che dei tre principali attori politici delle ultime settimane il fronte governativo di Yanukhovic, l’opposizione radicale e l’opposizione moderata, gli sviluppi delle ultime ore rischino di marginalizzare il ruolo dell’opposizione moderata e far avanzare le richieste del “o tutto o nulla” tra due fronti polarizzati, sia interni che internazionali, che rischiano di portare, davvero, il paese sull’orlo di un conflitto civile.
20 feb 2014
Rivolta in Ucraina: come è nata e quali sono gli interessi in gioco
La rivolta in Ucraina: come è nata
Inizialmente le manifestazioni si svolgono in maniera pacifica in quanto i manifestanti sperano ancora in un cambiamento di rotta del governo. La situazione precipita quando il premier Mykola Azarov (considerato il politico più filo russo di tutto il paese) firma un decreto per sospendere il processo di preparazione dell’intesa di associazione tra Ucraina e Ue. L’accordo avrebbe rimosso tutti i dazi doganali sui prodotti ucraini in ingresso in Europa e cercato di evitare al Paese un pesante crac finanziario che, secondo gli analisti, è imminente. Inoltre per i primi sette anni l’Ucraina avrebbe beneficiato di un 1 miliardo di euro all’anno per ammodernare le infrastrutture e per preparare l’adesione effettiva all’Ue.
Il 25 novembre in diretta televisiva Azarov spiega che il miliardo di euro offerto dall’Unione Europea “non è nulla. Si può dire che sia un’offerta a un mendicante”, quantificando in circa 160 miliardi di euro gli investimenti necessari all’Ucraina per adottare gli standard europei anche tenendo conto dei “danni causati all’economia ucraina dal peggioramento dei rapporti commerciali con la Russia e gli altri paesi della Csi causati dalla firma di un accordo con l’Ue”.
Il 17 dicembre, Russia e Ucraina annunciano un accordo per cui il Cremlino investirà 15 miliardi di dollari in titoli di stato ucraini e ridurrà di un terzo il prezzo del gas che vende al Paese. L’annuncio apparentemente ha l’effetto di calmare le proteste. Ma il pestaggio, il 25 dicembre, della giornalista Tetyana Chornovol, le riaccende. Il 16 gennaio il governo adotta delle misure severissime per impedire lo svolgersi delle manifestazioni che comprendono arresti preventivi e l’uso anche dei proiettili per disperdere i manifestanti nei casi di gravi violazioni dell’ordine pubblico.
La rivolta in Ucraina: le opposizioni
Come spesso accade in tutte le rivolte che stanno sconvolgendo il mondo in questi ultimi anni, lo spaccato dei manifestanti è complesso e molto fluido. Secondo uno studio del Nuffield College della Oxford University, svolto con oltre mille interviste faccia a faccia sul posto, la media d’età dei manifestanti si aggira sui 36 anni mentre il 24% ha più di 55, e solo l’8% è composto da persone tra i 65 e i 75 anni. Inoltre la maggioranza di chi è sceso in piazza ha un alto livello di educazione (76%) e dal punto di vista religioso si divide fra ortodossi (33%) e osservanti di rito greco-cattolico (25%). È un movimento al maschile (quasi 60%) e composto soprattutto da persone che non erano mai scese in piazza prima d’ora (38%) o che addirittura non si era mai interessate alla politica (12%).Le ragioni della protesta sono varie e disparate. Se infatti gli studenti e giovani puntano all’Europa e ai diritti umani, la fascia più “anziana” (30-45 anni) sembra più preoccupata da questioni economiche, politiche e dal livello di corruzione dei politici ucraini. In generale quasi tutti i manifestanti hanno raccontato nel corso delle interviste di aver “attraversato troppe ingiustizie” e di sentirsi chiamati in causa per il futuro del loro paese.
Anche dal punto di vista politico l’opposizione si presenta divisa in tre leader: l’ex pugile Vitali Klitschko, deputato presso l’Alleanza democratica ucraina per la riforma e sostenitore dell’Unione europea, l’ex ministro degli Esteri Arseniy Yatsenyuk, del partito di Yulia Timoshenko (ex primo ministro, ora agli arresti), seconda forza politica del paese e da Oleh Tyahnybok, leader dei nazionalisti di estrema destra di «Svoboda» (Libertà) e principali responsabili delle manifestazioni più violente.
La rivolta in Ucraina: cosa c’è dietro
Quello che sta succedendo in questi giorni in Ucraina è anche il frutto di una battaglia geopolitica tra la Russia e l’Unione Europea per il controllo dei ricchissimi giacimenti di gas del paese.Il tutto nasce dalla cronica dipendenza energetica di Bruxelles costretta ad importare oltre la metà del suo fabbisogno di combustibili fossili. Sin dal 2011 la Russia si è affermata come primo esportatore energetico in Europa, battendo la concorrenza di Norvegia, Algeria e altri paesi arabi. Forte della sua posizione dominante, Mosca ha quindi lanciato una serie di politiche tese a puntellarne ulteriormente il suo primato e per cercare di assetare l’Europa, isolandola dai suoi fornitori energetici, e quindi aumentare ancora di più il prezzo delle sue esportazioni. Infatti alcuni paesi dell’area ex Urss, come il Kazakistan, pur indirizzando più del 50% delle proprie esportazioni di gas e petrolio in Europa, sono ancora estremamente dipendenti dalla Russia a causa della loro carenza di infrastrutture per le esportazioni.
Per l’Unione Europea, quindi, l’Ucraina con i suoi quasi 40 mila chilometri di gasdotti (a fronte dei 33 mila chilometri cubi presenti sul territorio russo) rappresenta una partner economico troppo importante per essere lasciato alla mire energetiche di Putin. A sua volta la Russia non può accettare in nessun modo che l’Ucraina firmi qualsiasi accordo con la Ue, perché ciò comporterebbe la perdita del suo monopolio energetico.
Ecco perché la rivolta in Ucraina non rappresenta per le cancellerie mondiali una semplice protesta di piazza, ma sono il primo campo di battaglia di una guerra geopolitica tra super potenze mondiali. E mentre si combatte una guerra nascosta, è sempre più concreto il rischio che possa scoppiare una nuova guerra civile alle porte dell’Europa, tra un’ Ucraina occidentale nell’ orbita tedesco-polacca e una orientale nell’ orbita russa.
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