Quella dell’auto “È un’industria fortemente incastrata negli interessi economici degli Stati, perché occupa milioni di addetti e investe miliardi nella ricerca, e soprattutto per il peso nella bilancia commerciale e nello sviluppo delle tecnologie.”
Questa è una chiara affermazione dell’importanza
dell’industria dell’auto che Il Sole 24 Ore del 14 agosto mette addirittura in
parallelo con “l’equilibrio economico globale”.
Vediamo perché.
“L’Europa è leader indiscusso del comparto, stando ai dati
dell’Observatory of Economic Complexity del MIT. Con 411 miliardi di dollari
nel 2019, i suoi prodotti sono stabilmente più della metà dei 777 miliardi
dell’export mondiale.”
La Cina, invece, è attualmente più un mercato di
importazione che non di produzione ed esportazione:
“La Cina, primo mercato auto al mondo, nel 2019 ne ha
importato per 42 miliardi di dollari, pari a una quota del 5,4% a fronte però
di esportazioni per appena 9 miliardi, pari all’1,2 per cento. Una posizione
ancora molto sbilanciata, seppure sensibilmente migliorata rispetto a cinque
anni prima … Nel 2014 le importazioni erano pari a 54 miliardi con una quota
del 7,6% contro esportazioni per 4,3 miliardi di dollari e una quota dello 0,6
per cento.”
Ma la Cina da decenni adotta la sua strategia in questo e
altri campi, e per accelerare i tempi “compra quote dei costruttori europei,
che ovviamente più sono deboli e più sono scalabili: il ‘deserto dei profitti’
torna comodo. Nel Vecchio Mondo è la Germania il boccone grosso.”
La Germania, infatti, “Nel 2019 è stata il primo esportatore
di auto al mondo, con 145 miliardi, ed importazioni pari alla metà, 75
miliardi: la sua bilancia commerciale è stata piuttosto in attivo. La Cina
importa auto tedesche per 17 miliardi a fronte di esportazioni risibili: 190
milioni.”
La Germania, come dice l’articolo, è forse la più “incastrata”
delle economie con la Cina.
“Poi ci sono gli Stati Uniti, da cui la Germania ha
acquistato meno di 7 miliardi, pari allo 0,9% del commercio totale, più o meno
in linea con lo 0,8% del 2014. Di contro, dal 2014 le esportazioni sono invece
calate molto sia in assoluto, da 27 a 21 miliardi, sia in quota, dal 3,8 al 2,7
per cento.”
Poi c'è l’industria automobilistica in Giappone è una delle
industrie più importanti e più grandi del mondo e anch'essa ben connessa.
Insomma “lo scenario – continua il quotidiano dei padroni -
è ben più ampio delle macchine, gli americani stanno giocando due partite
fondamentali con i cinesi e i russi. Più la Germania si lega ai primi
nell’industria dell’auto (sempre più intrisa di connettività e 5G) e ai secondi
nell’energia (il Nord Stream2), più gli Stati Uniti si irritano. La
stessa vicenda dei microchip, ancora tutta da chiarire e che sta
strozzando la ripresa dell’industria automobilistica, difficilmente risulterà
estranea a queste complesse dinamiche geopolitiche.”
Queste “dinamiche geopolitiche”, cioè la difficoltà per i padroni delle industrie automobilistiche di districarsi tra le contraddizioni create dall’intreccio tra produzione, esportazione, importazione, fusione e acquisizione… e necessaria concorrenza per restare sul mercato raggiungendo il limite minimo (almeno 5 milioni di auto all’anno diceva Marchionne), queste “tensioni” dicevamo, si scaricano sui “milioni di addetti”, cioè le operaie e gli operai che producono le auto in tutto il mondo con cassa integrazione, licenziamenti, riduzione dei salari...
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