venerdì 20 agosto 2021

pc 20 agosto - Operai dell’industria: chiusi tutti i contratti collettivi di lavoro che sono andati bene… per i padroni e i loro leccapiedi, i sindacalisti confederali

I padroni, contenti, ci raccontano attraverso un articolo del Sole 24 Ore del 18 agosto, che sono stati chiusi contratti collettivi per 4 milioni e mezzo di lavoratori:

·         400mila addetti dell’alimentare

·        130mila delle telecomunicazioni

·         140mila della gomma plastica

·         150mila del legno arredo

·         1 milione e mezzo della metalmeccanica

·         100mila lavoratori della sanità privata

·         600mila del multiservizi

E perché sono contenti? Innanzi tutto per gli “aumenti salariali”!

·         63 euro di vetro, gomma plastica e lavanderie industriali,

·         65 della concia,

·         70 del legno e delle calzature

·         72 del tessile,

·         76 della ceramica

Vi sono, dice l’articolo, poi i contratti che erano da rinnovare da tanti anni e hanno chiuso su livelli diversi:

·         sanità privata (154)

·         multiservizi (120)

·         logistica 100 euro con 90 sui minimi e 10 di edr

·         telecomunicazioni 70 euro sui minimi e 30 di elemento retributivo relativo alla produttività

·         alimentaristi 119 euro

·         meccanici i minimi di 112 euro al quinto livello

Naturalmente in diverse tranche, in genere in 4 anni, compresa la parte del "welfare".

Dunque, “in questo ultimo anno, le cose sono andate bene.” Ma ai padroni non basta (non basta mai!). Siccome ci saranno grandi trasformazioni a causa anche della pandemia che non considerano una parentesi, vogliono che la contrattazione (cioè i sindacati confederali innanzi tutto!) li aiuti a “superare le difficoltà delle transizioni”.

È “andata bene” soprattutto grazie al Patto della fabbrica, come ci ricorda una sindacalista della Uil: “è stata una stagione davvero complicata, ma siamo riusciti a dare risposte, soprattutto dal punto di vista salariale. Il patto della fabbrica è stato rispettato nei rinnovi…”

I padroni con questa tornata elettorale volevano risolvere diverse questioni aperte, tra cui quella sul salario minimo per legge. Il direttore dell’area lavoro di Confindustria, Pierangelo Albini, di dice contento anche di questo: “questa doveva essere una stagione di rinnovi in cui esperire almeno il tentativo di affrontare con la contrattazione del tema del salario minimo fissato per legge … Ossia fissare, anzitutto, un trattamento economico minimo che potesse poi essere preso dal legislatore come riferimento”, perché “Se la produttività di alcuni settori consente di riconoscere importanti aumenti bene, ma non si deve mai perdere di vista gli effetti che potrebbe avere sulla contrattazione collettiva un salario minimo legale.”

Viste le voce che circolavano sui minimi salariali, padroni e sindacati hanno voluto dare il loro “riferimento”!

I padroni poi fanno l’elenco degli altri obbiettivi che hanno raggiunto d’accordo con i sindacati su una delle concezioni più importanti, e cioè il fatto che “Ogni settore ha tematiche e problematiche diverse che la contrattazione può aiutare a risolvere”.

La contrattazione come strumento per i padroni per risolvere le problematiche di ogni settore, per esempio conla riforma dei modelli organizzativi, come hanno fatto le telecomunicazioni e la revisione della classificazione, come hanno fatto i metalmeccanici”.

“Il nuovo contratto delle telecomunicazioni ha affrontato un’imponente rivisitazione del sistema di classificazione del personale legato ai processi di trasformazione digitale, mentre i meccanici hanno avvitato un’importante rifora del sistema di inquadramento dove è stato condiviso il passaggio dalla mansione al ruolo quindi dal cosa si fa, al come si fa e come si può fare meglio.”

Ma il Patto della fabbrica non ha fatto solo questi regali ai padroni e ai sindacalisti che così conservano la loro poltrona, ha anche allungato la durata dei contratti: “La media dei rinnovi dei contratti è circa 4 anni, ma ce ne sono diversi che si attestano su 3 anni e mezzo, come i meccanici, fino ad arrivare ai cinque del tessile”. La sindacalista della Uil “aggiunge che “in passato c’è stata una contrattazione triennale. Poi con il patto della fabbrica ci si è orientati più verso la quadriennalità.” Così che adesso “Ogni contratto, ormai, ha la sua scadenza temporale” così da non concentrare le eventuali lotte operaie per i rinnovi! Questa è “scienza applicata”!

Tutto questo in nome della “innovazione” “competitività” e “produttività” che non sono una fissazione solo del padrone, lo sono anche per i sindacalisti: “Per il segretario confederale della Cisl, Giulio Romani, la contrattazione deve essere un momento in cui “affrontare i temi della competitività e della produttività delle imprese e delle innovazioni epocali che stanno trasformando il lavoro.”

Infine, con una certa soddisfazione ci fanno pure l’elenco delle “cinque caratteristiche” di questa “tornata di rinnovi” che sono da “sottolineare: gli aumenti soprattutto sui minimi di cui abbiamo già detto, la durata, la revisione degli inquadramenti, lo smart working entrato nei contratti nazionali e la flessibilità” che tra l’altro “ha portato ad alzare le percentuali di contratti a tempo determinato in somministrazione, come accaduto nel legno e nel tessile, per esempio.”

Crediamo che a questo punto la “revisione dell’inquadramento” del tipo di lotta di classe da sviluppare, senza aspettare la prossima tornata contrattuale, sia un compito urgente per gli operai.

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