martedì 25 agosto 2020

pc 25 agosto - Si riaccende la tensione tra India e Cina - info

Tensione tra India e Cina: Nuova Delhi schiera missili terra-aria vicino al confineTensione tra India e Cina: Nuova Delhi schiera missili terra-aria vicino al confine

Nuova Delhi, 25 ago 15:18 - (Agenzia Nova) - Truppe indiane equipaggiate con missili antiaerei portatili sono state dislocate vicino alla linea di controllo effettiva (Lac), la zona di confine contesa con la Cina, nel Ladakh orientale. Lo riferisce l’agenzia di stampa indiana “Asian News International” (“Ani”). I militari, precisa l’agenzia, sono dotati di sistemi missilistici Igla e sono stati dispiegati su alcune alture strategiche per controllare eventuali violazioni dello spazio aereo. La Difesa indiana, inoltre, ha intensificato la sorveglianza radar, in particolare per monitorare le attività degli elicotteri cinesi. Ieri il capo di Stato maggiore della Difesa dell’India, generale Bipin Rawat, ha dichiarato che “le forze armate restano sempre pronte per le azioni militari nel caso in cui tutti gli sforzi per ripristinare lo status quo lungo la Lac non dessero risultati”. Le ultime indiscrezioni si aggiungono a quelle pubblicate nei giorni scorsi dai media di entrambi i paesi sull’invio degli aerei caccia più avanzati – i Rafale per l’Aeronautica indiana e i J-20 per quella cinese – nelle basi più vicine ai confini. Da entrambi i lati in prossimità della sezione del Ladakh orientale della Lac ci sarebbero 30 mila militari.

Le contese di confine tra India e Cina hanno una storia pluridecennale ma si sono riaccese in seguito a due gravi episodi di contrapposizione tra il 5 e il 6 maggio sul lago Pangong e il 9 maggio nel nord del Sikkim, due delle 23 “aree di disputa” lungo la linea di controllo. Il 6 giugno, in seguito a quegli episodi, si è tenuto il primo incontro di livello militare, con la delegazione indiana guidata da Harinder Singh e quella cinese da Liu Lin, ed è stato concordato il disimpegno della Valle del Galwan, ma le truppe si sono scontrate proprio mentre avevano cominciato ad arretrare. Il 15 giugno
una squadra indiana di circa 50 uomini, guidata dal colonnello Santosh Babu, e una cinese si sono contrapposte in un sito noto come punto di pattugliamento 14 in un corpo a corpo durato alcune ore con pietre e mazze (i soldati non erano armati, in base a un protocollo esistente tra i due paesi); l’Esercito indiano ha reso noto di aver perso 20 militari, tra cui Babu, riferendo al tempo stesso di perdite da entrambe le parti, mai ammesse ufficialmente invece da Pechino. Secondo l’agenzia di stampa indiana “Ani”, che si basa su fonti di intelligence statunitensi, i caduti cinesi potrebbero essere 35, ma il governo ha negato le sepolture e le cerimonie funebri per coprire le perdite.

Il 17 giugno i ministri degli Esteri dei due paesi, l’indiano Subrahmanyam Jaishankar e il cinese Wang Yi, hanno avuto un colloquio telefonico. Wang, secondo quanto riferito dal suo ministero, ha esortato l’India a cessare immediatamente le azioni “provocatorie” al confine, a indagare “accuratamente” sulle cause dello scontro e a punire severamente i responsabili. Secondo Wang, le truppe indiane hanno “sfacciatamente” violato le intese raggiunte dai leader dei due paesi. “Quando la situazione sul terreno nella Valle del Galwan si era già stabilizzata, (gli indiani) hanno provocato ancora una volta e persino attaccato violentemente ufficiali e soldati della parte cinese che erano in pro-cinto di negoziare”, ha accusato il capo della diplomazia di Pechino. Jaishankar, stando al comunicato del suo ministero, a sua volta, ha trasmesso all’omologo la protesta per la condotta cinese: “La parte cinese ha cercato di erigere una struttura nella Valle del Galwan sul nostro lato della Lac. Mentre ciò è diventato motivo di contrasto, la parte cinese ha intrapreso un’azione premeditata e pianificata che è stata direttamente responsabile della violenza e delle perdite che ne sono risultate. Ciò è stato il riflesso dell’intento di cambiare i fatti sul terreno in violazione di tutti i nostri accordi di non cambiare lo status quo”. Da allora tali posizioni sono state ripetute più volte dai due ministeri degli Esteri.

Nel colloquio militare del 22 giugno è stata confermata l’intesa precedente mentre in quello del 30 giugno sono stati discussi i punti critici che ostacolano l’allentamento della tensione. Nel frattempo si è riunito anche, il 24 giugno, il Meccanismo operativo di consultazione e coordinamento India-Cina sugli affari di confine (Wmcc), per preparare il confronto diplomatico. Il 5 luglio, in una lunga videotelefonata, i rappresentanti speciali per le questioni dei confini, il consigliere per la Sicurezza nazionale indiano Ajit Doval e il ministro degli Esteri cinese Wang, secondo quanto riferito da un comunicato del ministero degli Esteri indiano, hanno convenuto che è essenziale attenersi al consenso raggiunto dalla leadership per mantenere la pace e della tranquillità ed evitare che le divergenze si trasformino in dispute. Pertanto si sono trovati concordi sulla necessità di “garantire al più presto il completo disimpegno delle truppe” e allentare la tensione. Le parti, inoltre, dovrebbero attuare anche una graduale distensione in tutte le aree di confine, rispettare la Lac, non prendere iniziative unilaterali che alterino lo status quo e collaborare per prevenire incidenti.

L’indomani, 6 luglio, è iniziato l’arretramento delle truppe, un processo che è andato avanti soprattutto in tre punti di frizione: punto di pattugliamento 14, 15 (Hot Springs) e 17a (Gogra), almeno in parte. Il 10 luglio si è nuovamente riunito il Meccanismo operativo di consultazione e coordinamento India-Cina sugli affari di confine, confermando l’impegno all’attuazione degli accordi. Il 14 luglio, dopo il quarto incontro militare, il ministero della Difesa indiano ha emesso un breve comunicato in cui ha riferito che il disimpegno militare, secondo il consenso raggiunto dai rappresentanti speciali per i confini il 5 luglio, è un “processo è intricato e richiede una costante verifica”, portata avanti attraverso incontri militari e diplomatici.

Il 24 luglio si è tenuta la 17ma riunione del Meccanismo operativo di consultazione e coordinamento India-Cina sugli affari di confine, la terza in un mese. La delegazione indiana e quella cinese hanno esaminato la situazione lungo la linea di controllo effettiva e il processo di disimpegno militare in corso. Le parti, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri di Nuova Delhi, hanno concordato che “un rapido e completo disimpegno delle truppe” e la distensione ai confini sono in linea con gli accordi e i protocolli bilaterali e che il ripristino della pace e della tranquillità sono essenziali per lo sviluppo delle relazioni. Le parti hanno richiamato, in particolare, l’intesa tra i rappresentanti speciali per i confini del 5 luglio.

Gli ultimi colloqui militari si sono svolti il 2 agosto. Non ci sono comunicati ufficiali, ma stando a quanto trapelato sulla stampa indiana, nel quinto incontro l’India ha ribadito la sua richiesta di un completo disimpegno dalle rive del lago Pangong, dall’area di Gogra (punto di pattugliamento 17a) e dalle pianure di Depsang, ovvero il ritorno allo status quo di aprile, prima che si riaccendessero le frizioni. Un punto critico è la presenza di truppe cinesi sul Finger 4, una delle otto scogliere del lago Pangong, mentre l’India, che rivendica quel territorio, ne chiede l’arretramento fino al Finger 8, distante circa quattro chilometri. Il 20 agosto si è di nuovo riunito il Meccanismo operativo di consultazione e coordinamento India-Cina sugli affari di confine. Nella 18ma riunione è stato confermato l’impegno a lavorare per allentare la pressione militare lungo il settore occidentale della Lac. Le parti, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri indiano, hanno avuto “uno schietto e approfondito scambio di opinioni sulla situazione esistente” e ribadito che “in linea con gli accordi raggiunti dai ministri degli Esteri e dai rappresentanti speciali continueranno a lavorare con sincerità per il completo disimpegno delle truppe”. In questo contesto hanno “concordato di risolvere le questioni in sospeso in modo rapido e in conformità con gli accordi e i protocolli esistenti”, nella convinzione che il ripristino della pace e della tranquillità al confine sia “essenziale per lo sviluppo complessivo delle relazioni bilaterali”.

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