In questi giorni si svolge a Torino l’Aerospace & Defence
meeting, una fiera in cui i produttori di armi di tutto il mondo si
incontrano con gli acquirenti. Si conosce poco di questa fiera, per
questo pensiamo sia il caso di chiarire alcune questioni.
Perché a Torino? Sul sito web della Regione Piemonte – una delle tante istituzioni partner della fiera – il presidente Cirio dichiara che “La presenza di un sistema completo di eccellenze produttive e scientifiche, con la combinazione di grandi, piccole e medie imprese, Università e diversi centri di ricerca, fa del Piemonte uno dei più importanti distretti aerospaziali a livello mondiale, oltre ad esprimerne la vocazione per l’innovazione tecnologica”, e non si limita alle parole ma grazie ai fondi
europei (Fesr) ha lanciato un pacchetto da 50 milioni per sostenere progetti di ricerca e sviluppo in ambito aerospaziale. Al Piemonte serve una vetrina in cui mettere in mostra le proprie competenze nel settore aerospazio e difesa, infatti all’interno della fiera sarà allestita un’area brevetti in cui il Politecnico di Torino e l’Università di Torino potranno esporre tutto il loro know-how a riguardo.
Perché ora? Non è un caso che si utilizzino i fondi europei, la politica industriale – specialmente in campo militare – è materia dell’Unione Europea. Di questo Cirio ne è ben consapevole, infatti afferma: “Non dimentichiamo che l’evento avviene nel momento in cui a Bruxelles si decidono i destini dell’industria aerospaziale europea, e questo ci aiuta a far sì che il faro sia puntato sul Piemonte”.
Cosa succede in Europa? I grandi ambiti militari che all’interno dell’UE definisco i progetti di ricerca e sviluppo sono la NATO e la PESCO (Cooperazione Strutturata Permanente nel settore della Difesa), due organismi enormi che però – per contradizioni interne – non riescono a svolgere il loro compito.
Per questo Francia e Germania hanno avviato l’ European Intervention Initiative (EII) con l’intendo di velocizzare la costruzione dell’Esercito Europeo.
L’EII non è solo una questione geopolitica ma è anche una questione molto materiale, grazie a questa iniziativa la neonata Knds – leader europeo derivante dalla fusione della francese Nexter e la tedesca Krauss-Maffei Wegmann (KMW) – ha potuto avviare il progetto del nuovo carro armato europeo, chiamato Main Ground Combat System (Mgcs). Infatti, l’International Institute for Strategic Studies ha stimato che entro il 2035 gli eserciti europei dovranno sostituire circa 2500 carri armati, al momento esistono in Europa 17 modelli diversi, il Mgcs dovrebbe sostituirli tutti così da dare omogeneità ai mezzi corazzati europei. Non è tutto, l’alleanza franco-tedesca ha in mente di costruire anche un caccia di sesta generazione: il FCAS. Inoltre, la costituzione dell’EII ha permesso di stringere un accordo sulle esportazioni di armi verso paesi extra-UE che non penalizzi né la Francia né la Germania.
Cosa fa l’Italia? È da quarant’anni che lo Stato italiano intrattiene collaborazioni con il Regno Unito nel settore dei mezzi corazzati, l’ultimo prodotto di questa collaborazione è il Tempest. Un caccia di sesta generazione che Leonardo, Avio Aero e Rolls-Royce stanno costruendo con svedesi e inglesi, andrà sicuramente a sostituire l’Eurofighter Typhoon in servizio presso la RAF. È soprattutto per questa ragione che quando l’Italia ha chiesto a Francia e Germania di far parte dell’EII gli è stato risposto nein.
La collaborazione in campo militare con gli inglesi potrebbe essere un problema per lo sviluppo dell’Esercito Europeo, soprattutto se si considera la questione Brexit.
Ciò lo dimostra anche il dietrofront che Di Maio ha ordinato a Trenta per la costruzione dei missili Camm.Er, una commessa a cui erano interessati anche Spagna, Svizzera e Qatar portata avanti con gli inglesi per sostituire i missili italiani che hanno gravi problemi di obsolescenza. Commessa che evidentemente poteva creare qualche attrito politico di troppo.
Così Leonardo, insieme a Iveco, ha pensato di mettere i bastoni tra le ruote a Macron e – supportata dal governo italiano – ha avviato una collaborazione con la Polonia per la costruzione di un nuovo carro armato concorrente del Mgcs. L’alleanza italia-polonia è molto matura, infatti grazie a Leonardo e allo stabilimento PZL- Świdnik è da anni che si producono elicotteri da guerra, l’ultimo modello è l’elicottero d’attacco AW249. Giusto per dare ancora un riferimento sui prodotti presenti sulle brochure di questa fiera…
Tutto ciò conferma che la guerra – anche quando non è combattuta ma si tratta ancora di sviluppare, produrre e vendere armi – è spinta da interessi di natura economica e viaggia di pari passo alla centralizzazione dei capitali e alle necessità di esportazione dell’Unione Europea a trazione franco-tedesca.
Perché a Torino? Sul sito web della Regione Piemonte – una delle tante istituzioni partner della fiera – il presidente Cirio dichiara che “La presenza di un sistema completo di eccellenze produttive e scientifiche, con la combinazione di grandi, piccole e medie imprese, Università e diversi centri di ricerca, fa del Piemonte uno dei più importanti distretti aerospaziali a livello mondiale, oltre ad esprimerne la vocazione per l’innovazione tecnologica”, e non si limita alle parole ma grazie ai fondi
europei (Fesr) ha lanciato un pacchetto da 50 milioni per sostenere progetti di ricerca e sviluppo in ambito aerospaziale. Al Piemonte serve una vetrina in cui mettere in mostra le proprie competenze nel settore aerospazio e difesa, infatti all’interno della fiera sarà allestita un’area brevetti in cui il Politecnico di Torino e l’Università di Torino potranno esporre tutto il loro know-how a riguardo.
Perché ora? Non è un caso che si utilizzino i fondi europei, la politica industriale – specialmente in campo militare – è materia dell’Unione Europea. Di questo Cirio ne è ben consapevole, infatti afferma: “Non dimentichiamo che l’evento avviene nel momento in cui a Bruxelles si decidono i destini dell’industria aerospaziale europea, e questo ci aiuta a far sì che il faro sia puntato sul Piemonte”.
Cosa succede in Europa? I grandi ambiti militari che all’interno dell’UE definisco i progetti di ricerca e sviluppo sono la NATO e la PESCO (Cooperazione Strutturata Permanente nel settore della Difesa), due organismi enormi che però – per contradizioni interne – non riescono a svolgere il loro compito.
Per questo Francia e Germania hanno avviato l’ European Intervention Initiative (EII) con l’intendo di velocizzare la costruzione dell’Esercito Europeo.
L’EII non è solo una questione geopolitica ma è anche una questione molto materiale, grazie a questa iniziativa la neonata Knds – leader europeo derivante dalla fusione della francese Nexter e la tedesca Krauss-Maffei Wegmann (KMW) – ha potuto avviare il progetto del nuovo carro armato europeo, chiamato Main Ground Combat System (Mgcs). Infatti, l’International Institute for Strategic Studies ha stimato che entro il 2035 gli eserciti europei dovranno sostituire circa 2500 carri armati, al momento esistono in Europa 17 modelli diversi, il Mgcs dovrebbe sostituirli tutti così da dare omogeneità ai mezzi corazzati europei. Non è tutto, l’alleanza franco-tedesca ha in mente di costruire anche un caccia di sesta generazione: il FCAS. Inoltre, la costituzione dell’EII ha permesso di stringere un accordo sulle esportazioni di armi verso paesi extra-UE che non penalizzi né la Francia né la Germania.
Cosa fa l’Italia? È da quarant’anni che lo Stato italiano intrattiene collaborazioni con il Regno Unito nel settore dei mezzi corazzati, l’ultimo prodotto di questa collaborazione è il Tempest. Un caccia di sesta generazione che Leonardo, Avio Aero e Rolls-Royce stanno costruendo con svedesi e inglesi, andrà sicuramente a sostituire l’Eurofighter Typhoon in servizio presso la RAF. È soprattutto per questa ragione che quando l’Italia ha chiesto a Francia e Germania di far parte dell’EII gli è stato risposto nein.
La collaborazione in campo militare con gli inglesi potrebbe essere un problema per lo sviluppo dell’Esercito Europeo, soprattutto se si considera la questione Brexit.
Ciò lo dimostra anche il dietrofront che Di Maio ha ordinato a Trenta per la costruzione dei missili Camm.Er, una commessa a cui erano interessati anche Spagna, Svizzera e Qatar portata avanti con gli inglesi per sostituire i missili italiani che hanno gravi problemi di obsolescenza. Commessa che evidentemente poteva creare qualche attrito politico di troppo.
Così Leonardo, insieme a Iveco, ha pensato di mettere i bastoni tra le ruote a Macron e – supportata dal governo italiano – ha avviato una collaborazione con la Polonia per la costruzione di un nuovo carro armato concorrente del Mgcs. L’alleanza italia-polonia è molto matura, infatti grazie a Leonardo e allo stabilimento PZL- Świdnik è da anni che si producono elicotteri da guerra, l’ultimo modello è l’elicottero d’attacco AW249. Giusto per dare ancora un riferimento sui prodotti presenti sulle brochure di questa fiera…
Tutto ciò conferma che la guerra – anche quando non è combattuta ma si tratta ancora di sviluppare, produrre e vendere armi – è spinta da interessi di natura economica e viaggia di pari passo alla centralizzazione dei capitali e alle necessità di esportazione dell’Unione Europea a trazione franco-tedesca.
Nessun commento:
Posta un commento