In
piena orgia retorica securitaria l’unico provvedimento concreto – fin
qui – l’ha preso il capo della polizia, Franco Gabrielli. Ha infatti
avviato a sperimentazione della pistola Taser in sei città italiane,
promettendo che ne sarà dotato alla fine ogni agente di polizia.
L’ha
fatto – sarà stato un caso – il giorno dopo che una pattuglia di
poliziotti chiamata per fare eseguire un Tso (trattamento sanitario
obbligatorio) su un giovane con la psiche in disordine, lo ha ucciso con
cinque colpi di pistola dopo essere stata aggredita dal ragazzo con un
coltello.
Non
sfugge dunque il tentativo di collegare i due fatti – l’”uso eccessivo
della forza” da
parte degli agenti e la necessità comunque, in determinate situazioni, di bloccare una persona non in grado di intendere e volere, ma abbastanza pericolosa – per far passare la distribuzione del Taser come una “misura di civiltà”. Se gli agenti di Milano l’avessero avuta in dotazione, insomma, probabilmente quel ragazzo sarebbe ancora vivo.
parte degli agenti e la necessità comunque, in determinate situazioni, di bloccare una persona non in grado di intendere e volere, ma abbastanza pericolosa – per far passare la distribuzione del Taser come una “misura di civiltà”. Se gli agenti di Milano l’avessero avuta in dotazione, insomma, probabilmente quel ragazzo sarebbe ancora vivo.
Vero, nel caso specifico, non c’è problema ad ammetterlo.
Ma
quando si parla di armi in dotazione alle forze di polizia non ci si
può ovviamente far incantare da un caso particolarissimo – un Tso su un
giovane fuori controllo; un evento piuttosto raro – come se questo fosse
la normalità dell’operare poliziesco. Al contrario, la maggior parte
delle volte l’uso di mezzi violenti – dalla manganellata al colpo di
pistola – non è affatto “necessario”, nonostante i rapporti presentati post factum dicano
regolarmente l’opposto. Disporre di un’arma considerata “non letale”
può insomma spingere molti agenti “poco professionali” a usarla spesso,
anche quando assolutamente non indispensabile, per risolvere situazioni
affrontabili altrimenti, magari con un po’ di “lavoro” in più. Ma un
Taser non è un giocattolo o un “tranquillante”.
Persino una testata niente affatto bolscevica o vicina ai black bloc, come Lettera 43,
solleva parecchi dubbi tecnici e politici sull’utilizzo del Taser.
L’articolo, che qui sotto, vi proponiamo, ricorda intanto alcune cose
che è bene sapere:
a) Il Taser è un’arma considerata non letale, ma è uno strumento di tortura (definizione approvata dall’Onu);
b) è un’arma a tutti gli effetti, tanto che per acquistarla serve il normale porto d’armi;
c)
può uccidere, perché la soglia di tolleranza alle scosse elettriche
varia da individuo a individuo; negli Stati Uniti, paradiso delle armi e
della violenza poliziesca, i casi di omicidio con il Taser sono stati
numerosi; «Ci sono tantissimi casi in cui vengono usati al termine di
un inseguimento e dunque quando la persona che viene colpita è in
condizioni di stress. Il problema è che non sai chi hai di fronte.
Quando non sai chi hai di fronte e usi un’arma come quella rischi di
fare un danno molto elevato»
Quanto
basta per accogliere questa “sperimentazione” con forte sospetto e
nessun sospiro di sollievo. Monitoreremo attentamente tutti i casi che
la cronaca, indubbiamente, porterà in primo piano.
Avere
in circolazione alcune decine di migliaia di uomini e donne in divisa,
con al fianco uno strumento di tortura, non fa sentire affatto “sicuri”.
Anzi…
*****
Taser: i rischi della pistola elettrica in mano alle forze dell’ordine
In
sei città italiane partirà la sperimentazione. L’arma in sé non è
letale. Ma Onu e Amnesty International l’hanno definita uno strumento di
tortura.
I
due dardi partono, viaggiano a 55 metri al secondo e poi si conficcano
sotto la pelle. Arriva la scossa: il corpo si irrigidisce e cade a
terra. Sono questi gli effetti del taser, la pistola elettrica che il capo della polizia Franco Gabrielli ha promesso alle forze dell’ordine italiane. La sperimentazione dovrebbe partire in sei città: Milano, Brindisi, Caserta, Catania, Padova e Reggio Emilia.
COME FUNZIONA IL TASER. Si
presenta più o meno come una pistola. Quando si preme il grilletto
invece dei proiettili vengono sparati due piccoli dardi di metallo
collegati entrambi a un filo. Una volta che i due punteruoli, che
restano sempre collegati al filo, toccano l’obiettivo, una scossa di
corrente passa da una puntale di metallo all’altro creando un’immediata
paralisi dei muscoli. Non è necessario che i due dardi si infilino sotto
la pelle, è sufficiente che tocchino i vestiti. Come altre armi il
taser prende il nome dal suo inventore, infatti è l’acronimo di Thomas
A. Swift’s electronic rifle, il fucile eletrico di Thomas A. Swift.
GLI EFFETTI SUL CORPO.
Nel settembre 2015 un collettivo di Youtuber ha mostrato gli effetti di
questa arma. Gli Slow Mo Guys hanno registrato in slow motion il
momento esatto in cui i dardi colpiscono la vittima. A fare da cavia
umana per la causa è stato Dan Hafen, responsabile delle vendite di
un’azienda che produce telecamere. Il video ha superato i 25 milioni di
visualizzazioni. La fama val bene una scossa.
In
Italia i taser non si possono acquistare liberamente. Può comprarli
solo chi possiede un porto d’armi ma alcune armerie vendono versioni
depotenziate. Nel 2007 una commissione dell’Onu si è espressa molto
duramente sull’uso di quest’arma: «Costituisce una forma di tortura, che
in certi casi può condurre alla morte com’è dimostrato da numerosi
studi e da episodi accaduti in seguito all’uso pratico di questi
strumenti».
I RISCHI SECONDO AMNESTY. ll rischio infatti è che
la polizia li usi con più disinvoltura rispetto alle armi da fuoco.
Sulla stessa linea anche Amnesty International, come dichiarato dal suo
portavoce Riccardo Noury in un’intervista a Radio Popolare: «Ci
sono tantissimi casi in cui vengono usati al termine di un inseguimento
e dunque quando la persona che viene colpita è in condizioni di stress.
Il problema è che non sai chi hai di fronte. Quando non sai chi hai di
fronte e usi un’arma come quella rischi di fare un danno molto elevato».
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