Segue il documento di AFORAS
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Roma, 18 dic 17:47 - (Agenzia Nova) - Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha elogiato la firma con il presidente della Regione Autonoma della Sardegna, Francesco Pigliaru, del protocollo d’intesa per il coordinamento delle attività militari sull’isola. “È una giornata particolarmente lieta”, ha detto il ministro nel corso della cerimonia si è svolta a Roma, alla presenza di alti ufficiali delle Forze armate, tra cui il capo di Stato maggiore, generale Claudio Graziano, e dei sindaci dei comuni maggiormente interessati dall’accordo. Il perfezionamento dell’intesa giunge dopo quattro anni di lavori del tavolo “Difesa-Regione”, istituito l’8 gennaio 2015. Il protocollo regola le questioni di maggiore importanza che coinvolgono la Difesa e la Sardegna, come lo svolgimento delle esercitazioni militari e gli indennizzi agli operatori economici marittimi. In particolare, la sospensione delle esercitazioni a fuoco nei poligoni sardi viene prolungata, portandola dal primo giugno al 30 settembre. Diverse spiagge nei pressi delle sedi delle esercitazioni vengono cedute alle autorità locali o concesse in uso temporaneo durante il periodo di fermo delle attività militari.
Nell’isola della Maddalena, la locale scuola allievi sottufficiali della Marina militare verrà rilanciata e valorizzata per farne un polo di eccellenza delle attività connesse all’economia del mare. Inoltre, la
struttura potrà essere impiegata da altri soggetti. Per l’area marina protetta della Maddalena, si prevede l’adozione di specifiche norme di tutele ambientale. Inoltre, la Difesa si impegna a promuovere un tavolo interistituzionale per lo sviluppo in Sardegna di attività di ricerca e sperimentazione tecnologica e industriale. In particolare, nell’area di Decimomannu, è prevista la creazione di un distretto aerospaziale in collegamento con le università. Infine, ai comuni che sopportano servitù militari nel loro territorio verranno versati indennizzi annuali e non più quinquennali. Tuttavia, ha precisato Pinotti, la concreta erogazione dei fondi dovrà essere disposta dal ministero dell’Economia e delle finanze. A tal proposito, Pinotti ha assicurato “il massimo impegno” del suo dicastero affinché i contributi vengano versati “con tempismo appropriato” perché possano essere inseriti nei bilanci annuali dei comuni.
Impegno alla ricerca di una sintesi tra le esigenze della Difesa e quelle delle comunità locali in grado di soddisfare entrambe le parti. È questo il tratto distintivo dell'intesa secondo Pinotti, che ha definito il protocollo "il primo sui poligoni". Inoltre, per il ministro, l’accordo dimostra che “la Difesa è una risorsa, non una presenza oppressiva, ma un’opportunità di sviluppo”. Nel protocollo, ha aggiunto Pinotti, si risolve il contrasto tra "l'opposizione alla Difesa, alle servitù, e il grande amore dei sardi per le Forze armate, dalla Brigata Sassari alla Marina militare". Con particolare riferimento all’attività addestrativa nei poligoni, il ministro Pinotti ha sottolineato le difficoltà che tale processo può incontrare. Tuttavia, “si deve trovare con la Sardegna un linguaggio nuovo”: pertanto, “il protocollo deve essere attuato il più rapidamente possibile”. Secondo il ministro della Difesa, l’applicazione dell’intesa deve privilegiare le attività di ricerca e sviluppo, affinché la presenza delle Forze armate in Sardegna non sia soltanto “statica e storica”.
Il presidente Pigliaru ha espresso la sua soddisfazione per un’intesa “i cui frutti andranno ai sindaci e ai cittadini”. Inoltre, secondo il presidente della regione, nella sintesi tra le esigenze della Difesa e quelle della popolazione, il documento “mitiga la presenza militare” in Sardegna “nel rispetto dei sardi per le Forze armate, testimoniato dalla Brigata Sassari”. Pigliaru ha poi elogiato il protocollo per il suo carattere di certezza normativa e per le conseguenze economiche positive che possono derivarne. In particolare, la sospensione delle esercitazioni a fuoco nei poligoni “dà certezza agli operatori del turismo e agli abitanti dei dintorni” delle installazioni militari. Pigliaru ha aggiunto che, nel quadro del protocollo, i poligoni possono divenire Il presidente Pigliaru ha espresso la sua soddisfazione per un’intesa “i cui frutti andranno ai sindaci e ai cittadini”.
Inoltre, secondo il presidente della regione, nella sintesi tra le esigenze della Difesa e quelle della popolazione, il documento “mitiga la presenza militare” in Sardegna “nel rispetto dei sardi per le Forze armate, testimoniato dalla Brigata Sassari”. Pigliaru ha poi elogiato il protocollo per il suo carattere di certezza normativa e per le conseguenze economiche positive che possono derivarne. In particolare, la sospensione delle esercitazioni a fuoco nei poligoni “dà certezza agli operatori del turismo e agli abitanti dei dintorni” delle installazioni militari. Pigliaru ha aggiunto che, nel quadro del protocollo, i poligoni possono divenire “piattaforme tecnologiche per attrarre investimenti in attività di ricerca e sviluppo”, avviando una “sinergia tra Difesa e regione”.
2 AFORAS
Nelle
ultime settimane, diversi rappresentanti istituzionali sardi, in primis
il senatore Scanu e il governatore Pigliaru, avrebbero portato a casa
due risultati, a loro dire “storici”, sul tema delle servitù militari.
Si fa riferimento all’emendamento dei senatori sardi inserito il 29
novembre nel passaggio della Legge Finanziaria al Senato, e dell’accordo
Stato-Regione ratificato il 12 dicembre dal consiglio regionale. Già
prima che l’accordo venisse reso pubblico, in seguito alle anticipazioni
di Pigliaru, diverse testate giornalistiche titolavano “Via i militari
da Capo Frasca e Teulada”, ma nel frattempo lo stesso presidente parlava
di cessioni “simboliche”. Per fare chiarezza sugli effettivi contenuti
dell’accordo abbiamo atteso che questo fosse discusso e reso pubblico,
in modo da analizzarlo congiuntamente all’emendamento Scanu.
L’emendamento Scanu
Il
testo va sostanzialmente a modificare l’articolo 38 del Codice
dell’ambiente in materia di poligoni di tiro, introducendo meccanismi di
trasparenza e tutela dell’ambiente. Con queste modifiche i comandanti
dei poligoni saranno tenuti a compilare un registro delle attività a
fuoco, specificando il tipo di arma utilizzato, la data, il luogo di
partenza e quello di arrivo dei proiettili. Tale registro sarà reso
disponibile per almeno dieci anni dalla data dell’ultima annotazione
agli organi di vigilanza e di controllo ambientali e di sicurezza e
igiene del lavoro. I comandanti dei poligoni dovranno inoltre adottare
un non meglio specificato “piano di monitoraggio permanente” e dovranno
predisporre un documento semestrale, da inviare a Regione, comuni
interessati e ARPA (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente).
In questo documento, per ciascuna esercitazione o sperimentazione
prevista nel poligono si dovranno indicare: attività previste, modalità
operative (dove e quando), oltre ad altri elementi rilevanti ai fini
della tutela dell’ambiente e della salute.
Tutti
i compiti fin qui introdotti dall’emendamento sono in capo al personale
dell’esercito, riproponendo il solito problema del “controllato che
controlla se stesso”. Il testo prevede però l’istituzione di un
Osservatorio ambientale regionale sui poligoni militari, che farà capo
al sistema della rete SINANET (istituita con la L. 132/2016, che
comprende diversi soggetti a livello nazionale e regionale) in
collegamento con il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente.
Sembrerebbe
un passo in avanti nel controllo dell’impatto ambientale dei poligoni,
ma ci chiediamo quali siano le competenze e i poteri dell’Osservatorio,
dal momento che l’emendamento su questo non fa nessuna chiarezza. Per
esempio: potrà effettuare controlli a sorpresa in ogni parte (a terra e a
mare) dei poligoni? Avrà fondi disponibili per analisi a 360 gradi su
ambiente e salute? Tali controlli contempleranno anche le esercitazioni
di altre nazioni e/o quelle private, comprese le attività altamente
impattanti di tutte le imprese, come la Vitrociset? Premesso che per noi
un calcolo definitivo dei danni causati dalle basi all’ambiente sarà
possibile solamente dopo la loro totale dismissione, dubitiamo
fortemente che l’osservatorio possa avere tali poteri. Anche il
potere sanzionatorio appare lieve: secondo gli articoli modificati
dall’emendamento sono infatti previste sanzioni amministrative da 3.000 a
20.000 euro.
Tra i proclami degli estensori dell’emendamento risultavano anche le bonifiche. In realtà il testo non fa alcun riferimento alla parola bonifiche,
ma solamente alla normale rimozione dei residui. Ribadiamo che per noi
le vere bonifiche saranno possibili solo dopo la dismissione delle basi,
i veri risanamenti dell’ambiente terrestre e marino richiederanno
lavori che dureranno decenni e che costeranno centinaia di milioni, così
come nel caso di poligoni simili a quelli sardi. Per esempio, Vieques
(in Portorico), poligono simile per attività e dimensioni a quello di
Teulada, si prevedono 20 anni di bonifiche e circa mezzo miliardo di
dollari di costi. Tuttavia, sia tempi che costi risultano sottostimati
(nel 2012 solo un terzo del poligono era stato bonificato).
L’accordo Stato – Regione
Il
“Protocollo d’Intesa tra Ministero della Difesa e Regione Autonoma
della Sardegna per il coordinamento delle attività militari presenti nel
territorio della Regione” già nelle sue premesse lascia intuire
l’orizzonte ultimo di Pigliaru e soci sulle servitù. Infatti,
l’accordo si inserisce in “un processo di graduale dismissione di PARTE
dei Poligoni”. A chi difende l’accordo sostenendo che sia comunque un
passo avanti verso la dismissione totale delle basi, rispondiamo che
nelle intenzioni di Governo e Regione questo non è assolutamente
contemplato, come dimostra questo incipit. Dall’analisi del documento di
passi avanti se ne scorgono ben pochi, se non “simbolici”, come afferma
lo stesso Pigliaru, accompagnati però da diverse nuove concessioni ai
militari, che nel complesso sembrano addirittura guadagnarci.
Lo stop
alle esercitazioni dal 1 giugno al 30 settembre e l’apertura temporanea
delle spiagge di Murtas e Spiagge Bianche erano già in essere negli
ultimi anni attraverso protocolli d’intesa tra Comuni e Difesa, che
venivano ogni anno rinnovati. Il nuovo Protocollo si limita a
formalizzare questi accordi anche tra Regione e Stato.
Anche la dismissione dei beni non più utilizzati dall’esercito (già avviata nel 2008) è la solita farsa: le
uniche vere e proprie cessioni dal demanio militare a quello comunale
paiono quelle relative a piccolissime porzioni di territorio, ovvero
la spiaggia di S’Enna e S’Arca, sino a Punta S’Achivoni (Capo Frasca) e
di Portu Tramatzu (Teulada). In quest’ultima però si dovranno comunque
garantire le attività del Poligono. In pratica Portu Tramatzu passa da
demanio militare a servitù militare (ovvero demanio comunale, ma
disponibile per le esercitazioni).
Anche
questo testo prevede l’istituzione di osservatori ambientali. In questo
caso si fa riferimento al Sistema Nazionale per la Protezione
dell’Ambiente (SNPA) e a un protocollo d’intesa tra il Ministero
dell’Ambiente e la Difesa. Anche per questi non meglio precisati
controlli ambientali ribadiamo quanto già scritto: avranno accesso e
fondi per analisi approfondite? A tal proposito ricordiamo che, come
riportato nel nostro ultimo dossier su Teulada, le uniche indagini su
ambiente e salute sono state commissionate dalla Difesa e secretate. Per
questo pretendiamo ricerche approfondite e condotte da enti terzi, non
governativi e riconosciuti da tutte le parti.
E
infine la ciliegina sulla torta, l’ennesima pillola che i sardi
dovranno ingoiare in cambio della restituzione di un’infinitesima parte
dei 35.000 ettari di demanio militare: da una parte, il dislocamento di
alcuni reparti nella caserma di Pratosardo (Nuoro), infrastruttura tra
l’altro costruita su terre civiche, sclassificate e dichiarate
edificabili con una legge del 2013.
E dall’altra, l’implementazione del SIAT, Sistema Integrato per l’Addestramento Terrestre, e di altri sistemi duali. Abbiamo
già sottolineato nel nostro dossier sul PISQ (Poligono Interforze del
Salto di Quirra) a proposito del Distretto Aerospaziale della Sardegna
(DASS) la pericolosità dell’uso civile e militare di infrastrutture
tecnologiche finalizzate sempre ad un uso bellico. In particolare il
SIAT, (citato nel nostro dossier su Teulada), è presentato come un nuovo
modo di utilizzare il poligono, moderno, orientato alla ricerca
scientifica e addirittura “green”. Ma, anche se si spara qualche
cartuccia in meno del solito, si tratta pur sempre dell’ennesimo sistema
di addestramento volto alla preparazione di guerre di aggressione
(come dimostra la costruzione di due villaggi addestrativi riprodotti
in stile medio orientale e dell’est Europa). E anche il coinvolgimento
dell’Università rivela sempre lo stesso schema, già intravisto con il
DASS: drenare fondi pubblici dalla ricerca verso l’industria bellica. In
pratica, anziché porre le basi per la dismissione del Poligono di
Teulada, l’accordo prepara il terreno per un suo nuovo utilizzo, sempre
indirizzato al vecchio sfruttamento coloniale: della nostra terra da una
parte e dei futuri scenari di guerra dall’altra.
Per
questi motivi, l’accordo tanto difeso dal governo regionale ci pare un
sostanziale passo indietro nel processo di liberazione della Sardegna
dalle basi.
I nostri prossimi passi
Pensiamo
che la liberazione della Sardegna dai poligoni, le vere bonifiche
(stimate e portate avanti da parti terze e da aziende slegate
dall’industria bellica), e i risarcimenti per tutti i danni subiti (e
non i semplici indennizzi) siano tutti obiettivi raggiungibili
attraverso una grande mobilitazione popolare, partecipata, radicata e
lunga nel tempo. Per questo continueremo a raccontare i danni causati
dalle basi sui territori e le possibili alternative economiche, a
partire da domenica 17 dicembre a Villarios (Uta) e venerdì 22 dicembre a Siniscola, dove presenteremo il nostro dossier sul Poligono di Teulada.
Inoltre, per continuare il nostro percorso contro l’occupazione
militare della Sardegna e rispondere a questi accordi farsa, rilanciamo
la mobilitazione sui territori e diamo appuntamento sin da ora all’assemblea generale di A FORAS, prevista per sabato 6 gennaio a Bauladu.
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