Potere al popolo. La sfida è accettata e sarà “militante”
L’affollata
assemblea tenutasi oggi al teatro Ambra Iovinelli di Roma, ha
“accettato la sfida” del processo che porterà alla lista Potere al
Popolo nelle prossime elezioni politiche. Per vedere concretamente
questa opzione sul campo occorrerà raccogliere le firme necessarie in
tutti collegi elettorali, e bisognerà farlo rapidamente. Eppure, a
giudicare dalla spinta e dal clima che si è respirato in una freddissima
giornata di dicembre, anche questa tappa verrà affrontata con slancio,
lo stesso che è stato imposto un mese fa dai compagni del centro Je So
Pazzo di Napoli.
In
qualche modo la natura e il ritmo del processo di Potere al Popolo,
anche in questo, hanno imposto la dovuta discontinuità rispetto a certe
estenuate liturgie della “sinistra”. Un dato leggibile dalle quasi
settanta assemblee locali che si sono svolte tra la prima assemblea (18
novembre) e quella di oggi. Il dibattito provocato da questa proposta
ha attraversato tutte le realtà che l’hanno guardata con interesse già
da come si era presentata. La Piattaforma Eurostop ha visto una sua
vivace assemblea nazionale discutere e poi decidere a maggioranza che
l’esperimento andava tentato. Ma anche dentro i partiti comunisti
“storici” la discussione e la decisione risulta non essere stata affatto
semplice.Eppure si è capito che si respirava aria diversa in questi trenta giorni, che hanno portato in tanti a dire “accettiamo la sfida”, mediando dove era necessario e forzando dove era indispensabile. Potere al Popolo si è data gli strumenti minimi per cominciare a ingaggiarla: un simbolo (che pure è stata oggetto di molte discussioni) e un responsabile politico (imposto dalla legge elettorale) che è stato riconosciuto ai compagni di Napoli che si sono assunti la responsabilità di avviare il processo.
L’assemblea all’Ambra Jovinelli ha concesso poco, anzi pochissimo, a liturgie e artifici politicisti. L’intervento introduttivo di una compagna di Napoli ha fatto riverberare con
grinta parole, interlocuzioni sociali e indicazioni che sembravano seppellite nel pantano della politica messa a disposizione in questi anni dalla sinistra.
A marcare la differenza è l’aver affidato il primo intervento a Bassam Saleh, compagno palestinese conosciuto e stimato, per rendere omaggio alla nuova Intifada ingaggiata dal popolo dei Territori Occupati.
Hanno portato i loro contributo di esperienze sul campo i compagni spagnoli di Unidos/Podemos e di France Insoumise, confermando come negli altri paesi europei si abbia assai meno paura di parole come rottura con l’Unione Europea o recupero della sovranità di quanta, assurdamente, ce ne sia nei residui della sinistra italiana.
Prendono la parola donne che hanno segnato la storia recente dei movimenti sociali e del conflitto nel nostro paese: Haidi Giuliani e Nicoletta Dosio. Dalla lontanissima frontiera di Lampedusa ha portato l’intervento il collettivo Askavusa che agisce su quell’isola diventata oggetto della militarizzazione e del lato oscuro dell’Unione Europea. Toccherà poi ad un veterano come Giorgio Cremaschi, per conto di Eurostop, mettere nero su bianco la convinzione che la sfida di Potere al Popolo vada accettata con senso dell’unità e maturità da tutti. Lo storico napoletano Geppino Aragno, che ci ha creduto sin dall’inizio, è latore di un messaggio di augurio importante come quello di Luigi De Magistris.
I segretari del Pci, Mauro Alboresi, e del Prc, Maurizio Acerbo, confermano che accetteranno la sfida di Potere al Popolo. Prima di loro l’europarlamentare Eleonora Forenza aveva insistito molto su questo.
Molti interventi, ed è un fatto interessante e positivo, sottolineano come il dato della rottura con l’Unione Europea possa e debba essere per un lato un obiettivo coerente con un impianto anticapitalista, per l’altro il vero elemento di sintonia con le altre forze alternative nei vari paesi europei.
Si susseguono molti interventi – dal tenore del Teatro dell’Opera in via di licenziamento all’operaia di Almaviva licenziata e riassunta con una sentenza che ha fatto rumore, dagli universitaria della campagna Noi Restiamo a compagne e compagni dei territori pugliesi devastati dal Tap o ai giovani e giovanissimi compagni di Catania. E’ sferzante l’ironia dell’attrice e conduttrice Francesca Fornario che è stata subito della partita intorno alla sfida di Potere al Popolo.
A tirare le conclusioni è stata Viola Garofalo, giovane compagna di Je So Pazzo. Il suo richiamo è quello al lavoro sociale capillare, a sostituire con la guerriglia dei rapporti diretti la mancanza dei media mainstream, ad essere “militanti” in questa sfida, una parola rimossa o pronunciata quasi con pudore fino a questa mattina e che invece è tornata ad assumere il suo valore dinamico, includente, responsabilizzante di chi sa che questa sfida andrà giocata non tanto nel ristretto recinto del popolo della sinistra quanto nei settori sociali devastati e impoveriti da dieci anni di misure antipopolari e venticinque anni di sanguinosa, inutile e strumentale “riduzione del debito pubblico” imposta dall’Unione Europea dal trattato di Maastricht a oggi.
La sfida è stata accettata con entusiasmo dai quasi mille compagne e compagni che hanno affollato il teatro. Non bastano a fare il quorum, ma sono più che sufficienti per riattivare una militanza diffusa e motivata in tutto il paese, per ingaggiare finalmente la sfida con un nemico di classe che da troppo tempo non incontra nemici sul suo cammino, e che farà bene a cominciare temere la rimessa in circolazione di una opzione che dichiara come programma “Potere al Popolo
---------------------------------------------------------------------------------------------------
dal blog proletari comunisti 16 dicembre
La campagna lanciata da Je sò pazzo per una lista "potere al popolo" ha avuto un successo relativo e diseguale. Assemblee e incontri in tutt'Italia hanno toccato almeno 50 province, in alcune città vi sono state assemblee molto partecipate e rappresentative, in altre invece è stata una partecipazione più limitata. Comunque l'iniziativa ha avuto successo. Je sò pazzo è riuscita a mobilitare i suoi quadri e attivisti e in particolare la rete Clash City Workers, che alla resa dei conti ha dimostrato un'espansione maggiore del previsto e un'interlocuzione larga.
La campagna lanciata da Je sò pazzo per una lista "potere al popolo" ha avuto un successo relativo e diseguale. Assemblee e incontri in tutt'Italia hanno toccato almeno 50 province, in alcune città vi sono state assemblee molto partecipate e rappresentative, in altre invece è stata una partecipazione più limitata. Comunque l'iniziativa ha avuto successo. Je sò pazzo è riuscita a mobilitare i suoi quadri e attivisti e in particolare la rete Clash City Workers, che alla resa dei conti ha dimostrato un'espansione maggiore del previsto e un'interlocuzione larga.
Il messaggio del centro sociale è apparso “forte e chiaro” e ha colto la situazione in un momento in cui la sinistra riformista era nella fase di chiusura dei giochi nelle sue due varianti coagulate intorno alla candidatura Grasso, e la sinistra rivoluzionaria sostanzialmente non aveva preso in considerazione le elezioni (a parte la lista dei trotskisti puramente autoprapagandista che unisce il Pcl e falcemartello). Quindi, quella di Je sò pazzo è risultata l'unica proposta in campo, che ha attratto l'attenzione di tutti coloro che pensavano alla presentazione alle elezioni e non si ritrovavano in nessuna delle proposte e sentivano la sterilità di una presentazione testimoniale.
Questo è sostanzialmente il successo dell'operazione.
Va considerato che Je sò pazzo godeva comunque di fama trasversale, sia per l'impegno profuso socialmente a Napoli su alcuni temi abbastanza esemplari: immigrati, lavoro nero, sia per il sostegno da movimento che aveva sviluppato in occasione della campagna elettorale locale per De Magistris.
Quest'insieme di questione, compreso lo slogan già utilizzato ma sempre “buono” di “potere al popolo”, ha portato effettivamente ad assemblee molto partecipate e a volte intense per dibattito, rappresentazione di lotte ed esperienze.
Chiaramente pesa anche molto che questa proposta, la sua rappresentazione è portata avanti da giovani.
Quindi, le assemblee hanno preparato il buon successo dell'assemblea nazionale che dovrebbe concludere la fase di appello “movimentista” e andare ad una strutturazione delle liste, della campagna elettorale e dei metodi e mezzi per condurla.
La nostra posizione sulla proposta è stata sin dall'inizio di critica frontale, in un certo senso in continuità con la critica che avevamo fatto in occasione dell'appoggio alla lista De Magistris.
Allora noi abbiamo fatto una critica non solo teorica, dal punto di vista di comunisti, marxisti, sinistra rivoluzionaria, ma anche politica e pratica; una critica che non siamo, però, riusciti a valorizzare, sia per il clima generale esistente, per posizioni nel campo dei comunisti ora sterili ora di sottovalutazione della realtà, sia per la debolezza del nostro insediamento organizzativo nazionale.
Poco prima che l'attuale proposta di presentazione di una lista venisse lanciata, avevamo già preso atto di trovarci di fronte ad un cambio di natura di Je sò pazzo, non si tratta più di un centro sociale
rivoluzionario e di giovani attivisti comunisti del genere del ex collettivo Cau, ma di un centro sociale riformista radicale, capace di intercettare e di promuovere settori di massa e gioventù non organizzata proveniente in maniera diretta o indiretta da precedenti esperienze sociali.
rivoluzionario e di giovani attivisti comunisti del genere del ex collettivo Cau, ma di un centro sociale riformista radicale, capace di intercettare e di promuovere settori di massa e gioventù non organizzata proveniente in maniera diretta o indiretta da precedenti esperienze sociali.
Questa struttura, tra l'altro, non ha prodotto nessun documento né sulla valutazione della campagna De Magistris, né su come questa Giunta sta amministrando e trattando le questioni che toccano più le realtà proletarie: lavoro, la condizione nei quartieri, il “disastro” Bagnoli, ecc.
Al di là delle apparenze, d'altra parte, questa struttura ha un'organizzazione interna molto chiusa che non rende pubblico il suo dibattito interno, non produce documenti sulle esperienze che fa – la stessa decisione di lanciare ora la campagna per la lista “potere al popolo” non ha a premessa, a parte l'appello, un documento pubblico; ciò non vuol dire che non ci sia un dibattito interno, ma che non esce all'esterno e lascia che un centro sociale apparentemente di massa in realtà sia gestito da un gruppo ristretto, che se è sempre sulla strada dell'impegno sociale e delle iniziative, è oscuro ora sia nella sua matrice sia nella sua prospettiva reale.
Questo è sempre stato uno dei caratteri fondanti dell'opportunismo ed è uno degli elementi più difficili da snidare.
Se abbiamo messo in luce i lati forti dell'iniziativa, sono altrettanto evidenti i lati deboli, che sono fondamentalmente due.
La proposta di lista non può raccogliere come interlocutori alla fine che “vecchie cariatidi” dell'estrema sinistra elettoralista (Da Rifondazione ai trotskisti, ecc.) la cui forza più consistente è la Rete dei comunisti-Eurostop, e di realtà di movimento non può che raccogliere quelle aree che si sono già presentate nelle ultime elezioni al carro di questa o quest'altra lista o che avevano civettato col grillismo. Di conseguenza, è con queste aree che alla fine il gruppo di Je sò pazzo dovrà contrattare contenuti reali e liste, anche se le parole di Je sò pazzo vogliono essere diverse da quelle dei suoi interlocutori, benchè il programma poi non lo sia.
Il secondo dato debole della proposta è che essa ha scarsissime possibilità di incidere nelle aree dell'astensionismo e questo oltre che pesare sul risultato finale elettorale, porta a pescare nell'area che sostanzialmente ha votato in tutti questi anni.
D'altra parte mentre è chiaro che lo slogan “potere al popolo” in contrapposizione a tutto il resto vuole avere il senso di una polarizzazione, in nessuna maniera però essa è in condizione di esserlo in una effettiva campagna elettorale, dove la polarizzazione è e rimane quella di tutti i partiti e liste che cercano il voto e il rifiuto del voto di masse popolari estese e con una grande composizione operaia e proletaria al suo interno.
In questo senso la proposta di Je sò pazzo rappresenta un successo effimero fino alle elezioni e un'inconsistenza pratica con la conclusione delle elezioni.
Ma, tenendo conto di come Je sò pazzo ha affrontato il problema De Magistris questo non vuol dire affatto che dall'esito delle elezioni, Je sò pazzo potrà trarre una lezione tale che varrebbe la tradizionale tattica leninista di guidarne l'esperienza concreta e la verifica.
Per questo è impossibile per noi in questa occasione avere la posizione politica che pur abbiamo avuto in occasione delle elezioni napoletane – che fu di critica radicale degli argomenti usati da Je sò pazzo nel sostegno a De Magistris, ma dentro una realtà in cui tatticamente anche noi davamo indicazioni di voto per De Magistris vista l'allora effettiva polarizzazione che vi era tra tutte le liste presenti a Napoli e De Magistris, dentro la più evidente polarizzazione tra governo Renzi e De Magistris, e tenendo conto infine della matrice di sinistra del fronte raccolto da De Magistris, compresa parte della sinistra sociale.
Infine, va considerato che l'analisi del gruppo che ispira la campagna ci deve servire anche per capire che quella di Je sò pazzo non è solo un'operazione momentanea perchè essi ragionano come gruppo politico strutturato “così ci conoscono nazionalmente”, “così si aggregano alla nostra azione” - diremmo anche “nostra linea, nostra analisi”, ecc.; ovvero, ragionano esattamente come un partito che è disposto a raccogliere come risultato anche semplicemente la sua affermazione nazionale e propagandistica. Ma in questo senso si tratterebbe di un partito opportunista di destra, che prende il posto delle varie varianti dell'ex sinistra ex parlamentare, di tipo revisionista, fusa con l'economicismo e il populismo.
Queste sono tutte le ragioni che motivano una necessaria contrapposizione frontale teorica, politica, ideologica, verso l'opportunismo elettoralista e il riformismo e le sue attuali forme riverniciate.
La nostra “campagna elettorale” è tutt'altro. Essa punta a sviluppare la contrapposizione tra masse e Stato, tra masse e partiti di governo e parlamentari; mette l'accento sulla necessità di contrastare il fascismo dichiarato e il moderno fascismo del capitale che invece unisce tutto il resto del fronte parlamentare, e ad attaccare come “mosche cocchiere” della borghesia, dello Stato moderno fascista tutti coloro che vogliono far rientrare nel gioco truccato della democrazia elettorale i proletari e le masse.
Dobbiamo lavorare per dire chiaramente ai proletari che l'astensionismo senza organizzazione, lotta e progetto di un altro potere è assolutamente impotente a mettere in discussione il potere borghese, è impotente a bloccarne la marcia moderno fascista, è impotente a difendere le condizioni di vita e di lavoro, è impotente a dare agli operai e ai proletari una speranza e un futuro.
Questo tipo di campagna elettorale la facciamo alle fabbriche, nei quartieri popolari e richiede messaggi di verità e di certezza, una chiamata all'appello che deve contribuire a rafforzare il lavoro per la costruzione del partito comunista rivoluzionario e delle organizzazioni di lotta di massa collegate.
Nessun commento:
Posta un commento