Lavorare oggi esplicitamente per il Partito comunista, di tipo nuovo, attraverso la lotta pratica, ideologica, teorica, concepita unitariamente; lavoro portato avanti attraverso una chiara e combattente lotta di posizioni nel movimento comunista rivoluzionario (proletari comunisti)
Da www.resistenze.org - pensiero resistente - dibattito teorico - 18-10-22 - n. 844
Capitalismo e coscienza di classe
Chris Nineham | counterfire.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
15/10/2022
Come si può sviluppare una coscienza di classe rivoluzionaria
Marx ha fatto forti affermazioni sulla classe. Sosteneva che le relazioni di sfruttamento di classe sono la chiave per capire come funziona una determinata società e che la posizione di classe delle persone modella la loro esperienza di vita più di ogni altra cosa. La lotta di classe era per Marx il motore vitale per un cambiamento fondamentale.
Tuttavia, più di tutto questo, per Marx la posizione della classe operaia le forniva un punto di vista unico da cui comprendere e criticare il capitalismo. Per questo motivo, la classe operaia era la principale fonte di idee radicali nella società moderna.
Questo argomento, da cui molti a sinistra hanno fatto marcia indietro, contraddice direttamente molte delle caricature snob sulla classe operaia che circolano oggi. Gli operai sono spesso considerati arretrati, egoisti e più inclini al razzismo o al "nativismo" rispetto ad altri gruppi della società.
Si tratta di sciocchezze. I sondaggi reali e le indagini di opinione dimostrano che, anche nei giorni più bui dell'offensiva neoliberale, i lavoratori erano più preoccupati di altri gruppi per l'uguaglianza, per la proprietà pubblica, per i diritti sindacali e, in generale, per limitare il potere e la ricchezza delle grandi imprese e dei ricchi.[i]
Coscienza contraddittoria
Il modo in cui il capitalismo influenza la comprensione del mondo da parte dei lavoratori è tuttavia
complicato. Le persone hanno sempre idee contrastanti nella loro testa e la loro comprensione cambia nel tempo. I lavoratori possono votare per un partito di sinistra, ad esempio, ma continuare ad accettare alcune idee razziste. I lavoratori possono scioperare per ottenere una retribuzione maggiore, ma continuare a credere che i dirigenti abbiano il diritto di amministrare.Nelle sue discussioni sulla classe, Karl Marx fece una distinzione cruciale che spesso viene trascurata. Secondo Marx, esiste una differenza tra una classe "in sé" e una classe "per sé". C'è, da un lato, la classe come prodotto oggettivo del sistema e, dall'altro, la questione separata della consapevolezza delle persone della propria posizione di classe in un dato momento.
Se accettiamo l'argomentazione di Marx secondo cui le persone della classe operaia hanno un interesse oggettivo a rovesciare il capitalismo, allora questa distinzione tra il ruolo effettivo delle persone nella società e il modo in cui lo comprendono è fondamentale. Senza di essa non si può spiegare perché non ci troviamo permanentemente in uno stato di sconvolgimento rivoluzionario. Non cogliere la natura della differenza può disilludere le persone sulle possibilità di cambiamento o indurle a credere che la classe non sia più decisiva.
Il marxismo spiega questo aspetto sottolineando il fatto che esistono due lati dell'esperienza dei lavoratori sotto il capitalismo. Ci sono aspetti dell'esistenza sociale dei lavoratori che frenano la radicalizzazione, e ce ne sono altri che portano all'opposizione al sistema e alla chiarezza su di esso. Cogliere entrambi i lati di questa esperienza, e il modo in cui interagiscono, è essenziale per capire come si può sviluppare una coscienza critica.
Forse la spiegazione più comune della passività o dell'accettazione dello status quo è l'influenza dei media, del sistema educativo e delle idee della classe dominante in generale. Marx ed Engels ne hanno parlato nell'Ideologia tedesca:
Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. [ii]
Si tratta di un fattore costante e di reale importanza, e il potere dei media e del sistema educativo è la prima cosa cui pensa la maggior parte delle persone quando cerca di spiegare il sopravvivere del sistema. C'è un problema logico, tuttavia, nel vedere l'ideologia da sola come la chiave per limitare la comprensione del mondo da parte delle persone. Guardare semplicemente alle idee della classe dirigente non può spiegare né il fatto che i lavoratori abbiano quasi sempre in testa alcune idee radicali e di opposizione, né che la coscienza della classe operaia muti nel tempo.
Da sempre materialista, Marx guardava soprattutto all'esperienza della classe operaia per spiegare le complessità della coscienza. Ci sono elementi di questa esperienza che scoraggiano la resistenza e oscurano le realtà sottostanti. Il blocco più grande allo sviluppo della coscienza di classe è il fatto che i lavoratori sono "alienati"; mancano di controllo sul processo di produzione, che sembra operare in modo completamente indipendente da loro. Marx sosteneva che il fatto di produrre tutto nella società, ma non avere alcun controllo su di essa, influenza profondamente il modo in cui la vediamo e la comprendiamo.
La spinta a massimizzare i profitti porta a una divisione del lavoro estrema e disumana, a una disciplina spietata, alla regolamentazione e al monitoraggio di ogni movimento. Il risultato è devastante. La frammentazione del processo di produzione porta alla frammentazione dell'uomo. Questa esperienza incoraggia la passività, un senso di impotenza e l'incapacità di cogliere la natura complessiva del processo di produzione in cui i lavoratori sono coinvolti.
Di conseguenza, le merci che produciamo collettivamente possono arrivare a dominare le nostre vite e persino il nostro pensiero. Marx chiamava questo "reificazione", o "feticismo della merce", una frase che intendeva indicare che, come un feticcio primitivo, la merce sembra assumere una vita propria, anche se è fatta dall'uomo. Tutto questo ha l'effetto di nascondere i veri rapporti di produzione.
La forza lavoro dei lavoratori viene trasformata essa stessa in una merce. Il capitalista paga il lavoratore molto meno del valore che produce. Ma poiché il capitalista si rifà di quel valore solo quando la merce prodotta raggiunge il mercato, e poiché il mercato sembra operare in modo del tutto indipendente dall'agire umano, la rapina è nascosta.
Il contratto tra lavoratore e datore di lavoro appare equo per entrambe le parti, perché anch'esso è determinato dai tassi di mercato. Questa reificazione riguarda ogni aspetto della nostra vita e assume la sua forma più pura nel denaro, che Marx chiamava "equivalente generale e astratto". Nel mercato sembriamo tutti uguali:
"Un operaio che compra un tozzo di pane e un milionario che compra il medesimo pezzo di pane figurano in questo atto soltanto come semplici compratori, così come il mercante figura di fronte ad essi soltanto come venditore. Tutte le altre determinazioni sono qui cancellate. Il contenuto dei loro acquisti, così come il loro ambito, appaiono completamente indifferenti rispetto a questa determinazione formale."[iii].
Ci sono quindi aspetti importanti della realtà capitalista che oscurano la rapina al cuore del sistema, che atomizzano i lavoratori e ostacolano lo sviluppo di una chiara coscienza di classe. Presi insieme, questi aspetti possono generare un senso di impotenza, la sensazione che non si possa fare nulla per cambiare le proprie condizioni. Questa sensazione illusoria che la realtà in qualche modo ci accada, che non siamo in grado di influenzarla, è il segreto fondamentale della sopravvivenza dei capitalisti. È il terreno in cui le idee individualistiche della classe dirigente possono attecchire.
Gli inizi della saggezza
Questa interazione tra le idee della classe dirigente e l'esperienza alienata della vita sotto il capitalismo è, tuttavia, solo un aspetto della storia. Ci sono altri aspetti decisivi nell'esperienza della classe operaia. Innanzitutto, l'ineguaglianza nella società e la costrizione al centro del processo lavorativo non sono mai completamente nascoste. Il rovescio della medaglia della mancanza di controllo dei lavoratori sul processo lavorativo è il dispotismo della direzione. I lavoratori:
"non sono soltanto servi della classe borghese, dello Stato borghese, ma vengono, ogni giorno e ogni ora, asserviti dalla macchina, dal sorvegliante, e soprattutto dal singolo borghese padrone di fabbrica. Siffatto dispotismo è tanto più meschino, odioso, esasperante, quanto più apertamente esso proclama di non avere altro scopo che il guadagno" [iv]
Operare in queste condizioni tende a far sì che le persone vogliano difendersi e almeno mitigare i peggiori eccessi dello sfruttamento. Ecco perché l'organizzazione sindacale è sorta quasi ovunque, perché ci sono partiti socialdemocratici o riformisti in così tanti Paesi e perché così tanti lavoratori hanno votato per loro. È per questo che c'è sempre un certo livello di coscienza operaia e un certo livello di resistenza. Ma anche se la vita sotto il capitalismo spesso costringe le persone a organizzarsi per migliorare le proprie condizioni e a votare per i partiti che promettono riforme, non porta immediatamente alla coscienza rivoluzionaria. La divisione del lavoro oscura il modo in cui i diversi elementi dell'economia si integrano tra loro, e l'alienazione associata fa sentire le persone atomizzate.
Come si possono superare queste limitazioni? Come possono i lavoratori superare le illusioni parziali generate dalla stessa realtà capitalista? Ancora una volta, la soluzione di Marx è eminentemente materialista. La coscienza dei lavoratori, sosteneva, cambia in modo più radicale quando i lavoratori stessi iniziano a lottare. Gli imperativi della lotta attiva contro la dirigenza spesso costringono le persone a superare il settorialismo e a cercare la solidarietà dei lavoratori di altri reparti o industrie. Le grandi lotte radicalizzano ulteriormente le persone quando la polizia, i media o il governo vengono coinvolti. In queste circostanze, i lavoratori iniziano a capire chi sono i loro veri alleati e chi sono i loro nemici, e iniziano a delineare un quadro della loro reale posizione nella società. Soprattutto, la resistenza attiva tende a creare fiducia nelle capacità dei lavoratori e nella loro importanza nella società.
La svolta che ha portato al primo abbozzo completo della visione marxista del mondo ha comportato il riconoscimento proprio di questo: l'importanza della lotta della classe operaia. È soprattutto per questo motivo che l'idea che il marxismo sia fatalista o determinista è così sbagliata. La prima visione di questa svolta si ha negli appunti frettolosamente scarabocchiati da Marx, che in seguito furono chiamati le Tesi su Feuerbach, scritte nel 1845. Nelle Tesi, Marx sosteneva che non è sufficiente capire che le persone sono plasmate dalle loro circostanze; bisogna riconoscere che le circostanze stesse sono create dagli esseri umani. Sono create innanzitutto dal lavoro umano, ma anche da un altro tipo di pratica trasformativa, la lotta per il cambiamento sociale. Quando le persone iniziano a cercare di cambiare collettivamente il mondo che le circonda, iniziano a cambiare se stesse.
Nella terza tesi, Marx identificò questo incontro tra il cambiamento delle circostanze e l'autocambiamento come "pratica rivoluzionaria". La strada era ormai chiara per Marx ed Engels, che scrissero l'entusiasmante e cruciale paragrafo finale della Prima Parte dell'Ideologia tedesca. Qui, sostennero che la coscienza rivoluzionaria o comunista è il prodotto, più di ogni altra cosa, dei movimenti di massa per il cambiamento:
"tanto per la produzione in massa di questa coscienza comunista quanto per il successo della cosa stessa è necessaria una trasformazione in massa degli uomini, che può avvenire soltanto in un movimento pratico, in una rivoluzione; che quindi la rivoluzione non è necessaria soltanto perché la classe dominante non può essere abbattuta in nessun'altra maniera, ma anche perché la classe che l'abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società. [v].
La strada verso la rivoluzione
Questa intuizione centrale di Marx è stata ulteriormente sviluppata dai marxisti rivoluzionari alla luce dell'esperienza degli anni rivoluzionari dopo la Prima Guerra Mondiale. Da queste esperienze è emerso chiaramente che anche una lotta operaia sismica non porta automaticamente alla diffusione di una chiara coscienza di classe in tutta la classe operaia. Fu Lenin a teorizzare per primo la disomogeneità della coscienza operaia, ma divenne una questione centrale nelle ricche discussioni che si svolsero nella Terza Internazionale dopo la Rivoluzione russa.
Il marxista italiano Antonio Gramsci e l'ungherese Georg Lukács sono stati tra coloro che hanno ripreso queste discussioni in modo più sistematico. Concordavano con Marx sul fatto che il conflitto costante tra padrone e lavoratore produce sempre un certo livello di coscienza di classe: un sentimento di noi e loro; l'odio per il padrone; la simpatia o la partecipazione ai sindacati; i voti per i socialdemocratici e così via.
Hanno anche concordato sul fatto che le lotte di massa possono fare molto per rompere le illusioni. Resistere ai tagli salariali o agli aumenti dei ritmi di lavoro, o licenziare e riassumere, comporta una lotta sui termini dello sfruttamento. Quando la lotta assume una forma netta, può iniziare a rivelare che esiste un'opposizione inconciliabile tra gli interessi dei lavoratori e quelli dei padroni. Quando la lotta si diffonde, diverse istituzioni dello Stato possono intervenire, politicizzando la controversia e mettendo in luce il fatto che l'intero edificio della società ufficiale è truccato contro i lavoratori e si basa sulla mercificazione di tutto.
Sia per Gramsci che per Lukács, come per Marx, questa tendenza alla generalizzazione è maggiore nei periodi di crisi economica. In questi momenti, secondo le parole di Lukács: 'questa unità del processo economico si presenta come afferrabile anche praticamente'. [vi]
Tuttavia, anche in periodi di crisi profonda e di resistenza di massa della classe operaia, la presa delle vecchie idee, opinioni e organizzazioni non si rompe automaticamente. C'è invece una crisi ideologica nella classe operaia, perché in qualche modo i lavoratori rimangono intrappolati nei modi di pensare e di sentire capitalisti.
Le organizzazioni consolidate della classe operaia, impegnate in generale nelle lotte settoriali e nelle riforme all'interno del sistema, lavorano attivamente per cercare di garantire che le azioni spontanee della classe operaia rimangano al livello di pura spontaneità:
'impediscono che essi si convertano in movimenti diretti verso l'intero, sia mediante la loro riunione territoriale, professionale, ecc., sia mediante l'unificazione del movimento economico con quello politico'.[vii]
I sindacati, ovviamente, rimangono essenziali in queste circostanze, in quanto unità di base dell'organizzazione della classe operaia e la loro portata sarà un fattore decisivo in qualsiasi lotta importante. La politica della classe operaia, tuttavia, non può essere ridotta alla costruzione della forza sindacale. I sindacati sono profondamente modellati dal loro ruolo nella società capitalista. Il loro settorialismo riflette, piuttosto che sfidare, le varie forme di divisione all'interno del processo di produzione. I loro dirigenti, il cui ruolo nella società è quello di negoziare i termini dello sfruttamento, industria per industria, in generale si opporranno alle richieste di controllo dei lavoratori e di trasformazione radicale della società. Le organizzazioni politiche riformiste, nel frattempo, continueranno ad avere una forte influenza anche nei momenti di maggiore lotta, e la loro promozione del gradualismo e del compromesso deve essere attivamente contestata.
Ecco perché Gramsci, Lukács, Lenin, Luxemburg e altri della tradizione marxista classica del XX secolo hanno visto che il pieno sviluppo della coscienza di classe richiede un'organizzazione specifica e rivoluzionaria. Tale organizzazione è progettata per mantenere e sviluppare le intuizioni acquisite dai lavoratori più consapevoli all'apice delle lotte, per generalizzarle il più possibile e per superare il settorialismo e il gradualismo. Non si tratta solo di preparare tecnicamente una rivoluzione o di diffondere la propaganda e le idee socialiste, per quanto queste cose siano importanti. Crederlo è solo l'altra faccia dell'idea che la rivoluzione sia una questione di "rottura" o "evento" spontaneo, una nozione oggi di moda tra alcuni esponenti della sinistra accademica. L'organizzazione rivoluzionaria è necessaria per sviluppare attivamente la situazione; 'accelerare la maturazione di queste tendenze rivoluzionarie con le proprie azioni'[viii].
Concentrate come sono sulle elezioni, le organizzazioni riformiste prendono un'istantanea dell'opinione pubblica, o al massimo delle opinioni dei lavoratori, e si adattano ad essa. L'organizzazione socialista rivoluzionaria ha obiettivi e metodi fondamentalmente diversi. Mira a organizzare i membri più attivi e militanti della classe operaia, a cercare di offrire una leadership alle lotte che si svolgono e a trarre conclusioni socialiste da queste lotte. Ciò implica riunire i lavoratori più radicali attorno a una serie di principi. Implica una certa separazione politica dal resto della classe operaia, ma solo per consentire ai lavoratori più lucidi di fare una campagna per convincere gli altri che i loro principi sono corretti. L'obiettivo finale è quello di superare la divisione e l'oppressione, per unire i lavoratori in un assalto attivo al sistema. Ma il paradosso è che l'unità deve essere oggetto di una campagna. E così come il riformismo prende forma organizzativa, anche la politica rivoluzionaria deve prendere forma, altrimenti non può avere alcun impatto.
Il capitalismo genera rabbia, resistenza, scioperi, solidarietà, proteste e persino rivolte. Di tanto in tanto trasforma grandi minoranze in rivoluzionari istintivi. Ma a causa della duplice natura e della disomogeneità dell'esperienza di vita sotto il capitalismo, non può generare spontaneamente una rivoluzione di successo. Una rivoluzione operaia non è nulla se non è consapevole. Richiede una propria organizzazione e una propria direzione specificamente focalizzata sui problemi e sulle sfide sollevate dal compito di un cambiamento sociale sostanziale. E non possiamo aspettare il tumulto di una crisi rivoluzionaria per creare questa organizzazione. La sua base deve essere costruita ora. C'è già una crisi ideologica in atto nel movimento operaio. Un compito chiave per la sinistra è quello di rendere il polo di attrazione rivoluzionario più visibile, più dinamico e più accessibile in breve tempo.
Note:
[i] For a discussion of the data about working-class opinion, see Chris Nineham, How the Establishment Lost Control (Zero, Hants 2017), pp.22-3.
[ii] Karl Marx and Friedrich Engels, The German Ideology, Lawrence and Wishart, London 1970), p.64.
[iii] Karl Marx, Grundrisse, Penguin, London 1973), p.251.
[iv] Karl Marx and Friedrich Engels, The Communist Manifesto (Penguin, London 2015), p.14.
[v] Karl Marx, 'Theses on Feuerbach', in Karl Marx and Friedrich Engels, The German Ideology (Lawrence and Wishart, London 1970), p.95.
[vi] Georg Lukács, History and Class Consciousness (Merlin, London 1971), p.75.
[vii] Ibid. p.310.
[viii] Ibid. p.75.
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