Il presidente
turco Erdogan accompagnato dai ministri turchi della difesa e degli
esteri nonchè dal capo dei servizi segreti, si è recato in visita “a
sorpresa” in Tunisia incontrando durante la giornata del 25 Dicembre il
neo-presidente tunisino Kais Saied.
Un incontro
probabilmente “imposto” dal “sultano” turco che negli ultimi anni ha
assunto una linea interventista ed espansionista per la politica estera
turca (vedi invasione siriana, crisi temporanee con gli USA e la Russia,
tensioni con Israele ma non solo) in particolare poche settimane fa la
Turchia ha firmato un importante accordo militare di fornitura d’armi
con il governo libico di Serraji nonchè un accordo di redifinizione
delle frontiere marittime tra i due paesi mediterranei tracciando una
frontiera in pieno mediterraneo tra i due paesi e provocando le
lamentele di Grecia e UE.
Questi importanti sviluppi della politica estera turca in Libia hanno in realtà gravi ripercussioni su tutta l’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa n.d.a.)
infatti la Libia, forse ancor più della Siria, sta divenendo l’arena
delle contraddizioni inter-imperialiste e regionali in cui si sta
combattendo una guerra per interposta persona dai numerosi intrecci di
alleanze militari ed interessi economici. Lo
stesso Erdogan in occasione di questa visita si è lamentato della presenza di mercenari russi e sudanesi al servizio di Haftar ovvero degli stessi metodi di intervento stranieri tramite mercenari e finanziamento di milizie islamiste che la Turchia attua in Siria.
Negli ultimi mesi vari paesi dell’area e non si stanno schierando appoggiando il governo riconosciuto dall’ONU di Serraji con sede a Tripoli o quello del maresciallo Haftar con sede a Tobrouk.
Quest’ultimo puo’ contare sul sostegno di due importanti paesi imperialisti: la Russia e la Francia, nonchè di influenti potenze regionali come l’Egitto, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Al contrario Serraji ha il sostegno degli USA e dell’Italia ma anche di potenze regionali come appunto la Turchia ma anche del Qatar (quest’ultimo spesso allineato alla politica estera turca).
stesso Erdogan in occasione di questa visita si è lamentato della presenza di mercenari russi e sudanesi al servizio di Haftar ovvero degli stessi metodi di intervento stranieri tramite mercenari e finanziamento di milizie islamiste che la Turchia attua in Siria.
Negli ultimi mesi vari paesi dell’area e non si stanno schierando appoggiando il governo riconosciuto dall’ONU di Serraji con sede a Tripoli o quello del maresciallo Haftar con sede a Tobrouk.
Quest’ultimo puo’ contare sul sostegno di due importanti paesi imperialisti: la Russia e la Francia, nonchè di influenti potenze regionali come l’Egitto, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Al contrario Serraji ha il sostegno degli USA e dell’Italia ma anche di potenze regionali come appunto la Turchia ma anche del Qatar (quest’ultimo spesso allineato alla politica estera turca).
La visita in
Tunisia si inserisce quindi in questo quadro in cui la Turchia cerca di
ritagliarsi un maggior spazio di manovra come potenza regionale
nell’area MENA e dopo essere intervenuta direttamente in Siria invadendo
militarmente il Kurdistan siriano, grazie alla complicità
dell’imperialismo americano e di quello russo, adesso si prepara ad un
mossa analoga in Libia provando a costruire condizioni favorevoli per la
riuscita di tale operazione e ad aumentare la propria influenza nel
paese nord africano.
Durante questo
incontro bilaterale Erdogan, dopo aver attaccato i paesi rivali che
operano in Libia, ha fatto intendere che a gennaio il parlamento turco
probabilmente darà il via libera ad una spedizione militare, previo
invito di Serraji (“non andiamo se non siamo invitati” ha dichiarato il
sultano anche se le vicende siriane dimostrano proprio il contrario)
inoltre ha lanciato un appello a Tunisia, Qatar e Algeria a partecipare
alla Conferenza Internazionale che si terrà a Berlino all’inizio del
2020 sulla questione libica.
In una fase in
cui l’Algeria attraversa una crisi politica di regime da febbraio in
cui le manifestazione di piazza “contro il sistema” non si sono mai
fermate e dopo che, proprio giorni fa,l’uomo forte del regime il
generale Salah è deceduto, Erdogan ha colto il momento giusto per il suo
“blitz” in Tunisia, anch’esso in una fase incerta con un nuovo
presidente “outsider della politica tradizionale” nonchè con un
parlamento frammentato che prova a costituire il nuovo governo
probabilmente a guida Ennahdha (partito vicino alla Turchia e al Qatar).
Il presidente tunisino Saied formalmente
ha dichiarato subito dopo l’incontro bilaterale che la Tunisia non
entrerà in nessuna alleanza militare e che, pur sostenendo formalmente
il governo di Serraji è per una politica di non intervento e di
neutralità per quanto riguarda la crisi libica.
Oltre alle parole resta comunque il fatto
che questo incontro bilaterale è stato deciso unilateralmente dal paese
più forte il cui presidente non ha lesinato atteggiamenti di spavalderia
e da “grande potenza” a partire dai modi (lamentandosi della sala in
cui si è svolta la conferenza stampa ad esempio) ma soprattutto
ricordando al suo omologo tunisino due questioni fondamentali:
lo squilibrio della bilancia commerciale
tra i due paesi (che pende a favore della Turchia) proponendo
“generosamente” di aumentare le proprie quote di acquisto dell’olio
d’oliva tunisino,
inoltre subito dopo aver paventato tale
interventismo militare in Libia ha anche ricordato che un paese vicino
come la Tunisia potrebbe subire conseguenze negative dal conflitto
libico, quindi dovrebbe essere interessato ad azioni collettive a
sostegno del governo “legittimo”.
Leggendo tra le righe è facile intravedere
una minaccia di guerra commerciale ed una di destabilizzazione tramite
utilizzo di forze paramilitari operanti in Libia e finanziate dalla
Turchia (Siria docet) qualora la Tunisia non collabori ai piani del
sultano.
E’ evidente che questa vicenda mette
ancora una volta sul piatto il problema della piena indipendenza
nazionale tunisina che si trova alla mercè di paesi imperialisti e
potenze regionali.
Un’altra questione da non sottovalutare è
che, generalmente parlando, Erdogan ha una grande popolarità nei paesi
arabi (compresa la Tunisia) perchè viene visto come un leader che
difende i paesi musulmani dall’Occidente (cosi viene spesso letta ad
esempio la crisi tra Turchia e Israele o tra la Turchia e l’UE). E’
compito quindi dei rivoluzionari in questi paesi di sfatare il mito e
far comprendere alle masse che la contraddizione non è religiosa ma tra
gli interessi della cricca al potere in Turchia e quelli del popolo
turco e curdo dentro i confini della Turchia da un lato, nonchè la
contraddizione tra la Turchia e i popoli dell’area Mena dall’altro.
Anche nella sinistra rivoluzionaria
tunisina cio’ fatica ad avanzare, alcune posizioni anti-Erdogan tendono
ad usare la carta del pan-arabismo per esempio utilizzando la questione
siriana presentando la politica di potenza regionale turca in chiave
“anti-araba” quindi “anti-regime siriano” quindi “anti-Assad”. La
questione posta in questa maniera porta acqua al mulino del regime
antipopolare siriano nonchè indirettamente agli interessi
dell’imperialismo russo che appoggia il regime di Assad.
Questa visita è sicuramente un banco di
prova per i sostenitori del nuovo presidente Saied che sicuramente non
ha dato prova di fermezza e in queste ore sta fronteggiando le critiche
che vengono da più parti per la tenuta di questo incontro bilaterale.
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