Una marea di gente con numerose
presenze da altre città ha partecipato il 1° Maggio al grande
concerto di Taranto organizzato dal Comitato Liberi e pensanti e
dall'impegno efficace e straordinario di Michele Riondino. Un
concerto che alla fine è risultato anche più incisivo della sua
stessa proposta, come reale controconcerto a fronte del sempre più
tradizionale, in senso negativo, concerto romano sotto l'egida dei
sindacati confederali.
Un concerto di denuncia forte e chiara
dell'inquinamento, le morti, il disastro ambientale e sanitario che
l'Ilva nelle mani dello Stato prima e di padron Riva dopo ha
prodotto. Ma un concerto anche di fiducia e speranza che la forza
delle masse, della partecipazione in prima persona possa modificare
lo stato di cose esistente.
Di grande significato il fatto che gli
artisti che vi hanno partecipato si sono schierati in modo chiaro, si
sono riconosciuti nella battaglia in corso a Taranto, ne sono stati
coinvolti, per cui ne sono usciti contenti e orgogliosi, non solo per
il successo di pubblico che hanno ottenuto ma anche perchè si sono
sentiti importanti in questa battaglia.
Anche dall'esito del concerto viene
netta una spinta a continuare la lotta.
Il Comitato Liberi e pensanti ha
trovato nel concerto un'ulteriore conferma del grado di
riconoscimento conquistato in città. Si è trattato di un concerto
principalmente autogestito, autorganizzato, in cui gli artisti si
sono esibiti a titolo gratuito – anche questo è un segno
importante che ha parlato anche ad altri artisti presenti al concerto
romano o che in questa occasione non sono venuti e che dichiarano di
essersi riconosciuti nel concerto di Taranto e che vogliono venire in
altre occasioni.
Un concerto-evento nel senso vero della
parola che ha permesso a tanti ragazzi, cittadini di partecipare ad
una iniziativa senza precedenti a Taranto. Un concerto che è stato
vissuto anche da organismi di lotta sui problemi dell'ambiente come
luogo di confronto e discussione, che raramente si svolge in un
contesto ampio e partecipato. Un concerto sostenuto dai mass media di
Taranto prima e durante ed esaltato dopo, in cui anche i giornalisti
della stampa e Tv locale sono stati coinvolti, e questo ha favorito
lo spazio che la stampa gli ha dato.
Ma una cosa è la partecipazione e il
successo del concerto e il modo anche entusiasta con cui decine di
migliaia hanno partecipato, altra cosa sono i discorsi, le linee, le
proposte che parte degli organizzatori sostengono, e ancora un'altra
cosa è il modo con cui parte del mondo politico, istituzionale ed
economico cerca ora di capitalizzare a suo favore questo concerto.
A questa iniziativa e da questa
iniziativa gli operai dell'Ilva ne sono stati fuori. Certo molti
operai soprattutto giovani hanno partecipato al concerto e
sicuramente un ruolo dirigente nel Comitato Liberi e pensanti e al
concerto lo ha avuto un gruppo di operai Ilva che di questo Comitato
sono parte organizzatrice sin dal famoso 2 agosto, ma la gran massa
degli operai di fabbrica non trova in questo concerto nessuna
rappresentanza e nessuna arma a sostegno della sua lotta contro
padron Riva, il governo e lo Stato.
Prevale negli organizzatori e anche
negli artisti che sono intervenuti una visione degli operai
superficiale e sbagliate, di vittime da compatire e aiutare, o di
succubi del ricatto lavorativo.
Questa impostazione contribuisce ad
isolare quegli operai che in fabbrica stanno realmente lottando per
la sicurezza, contro le morti sul lavoro, per i diritti negati di
organizzarsi sindacalmente, per opporsi al ricatto dei capi, per non
accettare cassintegrazione, contratti di solidarietà al servizio del
padrone e dello Stato.
Prevale l'idea e la visione che questa
battaglia si possa vincere senza gli operai, o addirittura contro gli
operai. La “fabbrica assassina”, che evidentemente da sempre gli
operai classisti e le forze comuniste e del sindacalismo di classe
hanno combattuto e fatto conoscere in tutt'Italia ben prima
dell'esplosione del 2 agosto, non viene intesa nella definizione di
“padroni assassini”, di “nocività del capitale”, ma di
sistema industriale da cancellare e abbattere in nome di un pseudo
risanamento, pseudo sviluppo alternativo che già Bagnoli ha
dimostrato essere una pura mistificazione fermo restando il sistema
capitalista, il potere economico e politico nella mani dei padroni;
così come Bagnoli ha ampiamente dimostrato, anche recentemente, che
con gli operai fuori dalla fabbrica, con la fabbrica chiusa non c'è
nessuna bonifica ambientale come nessuna tutela reale della salute e
dalla catena di morti e malattie.
Certo, alcuni tra gli organizzatori e
chi è intervento dal palco hanno parlato di non volere la chiusura
della fabbrica, ma non basta dichiararlo senza lotta e organizzazione
in fabbrica e sul territorio, capace di trasformare la grande forza
della partecipazione in forza materiale di scontro e di rivolta
sociale contro padroni, Stato e governo.
Non basta dire, come in un comunicato
del 12 aprile del Comitato LP: “...contrariamente a ciò che alcuni
credono, è opportuno chiarire che sostenere il Gip Patrizia Todisco
non significa volere la chiusura dell'Ilva”, quando poi l'accento
si pone solo su progetti produttivi alternativi e su un reddito
derivante da altre attività economiche (tra cui ora, dopo concerto,
si scrive: “come potrebbe essere ad esempio la musica...”).
Si possono fare le grandi
manifestazioni e nuovi grandi concerti, ma senza assumere la linea
dell'organizzazione di classe e di massa in fabbrica e sul
territorio, a partire dai quartieri Tamburi, Paolo VI, ecc., senza la
legittimità dell'utilizzo della forza materiale, operai e masse
popolari avranno grandi consensi e nessun risultato.
Non è vero che il problema sia
unicamente di sensibilizzare e aggregare senza dire chiaro su che
cosa si sensibilizza e quale tipo di aggregazione è necessaria per
avere una forza di effettivo cambiamento, nell'interesse non di una
generica “città” ma di quegli operai e masse sfruttate che ne
costituiscono l'effettiva maggioranza.
Aggregazione e partecipazione non
possono diventare la faccia di un nuovo conformismo, che chiaramente
ora gode il consenso di tutti e piace a tutti, in cui sfruttati e
sfruttatori sono messi sullo stesso piano, ricchi e benestanti e
operai e poveri come facenti parte di una stessa barca. E' questa la
base del consenso generale del dopo concerto da parte di pezzi della
politica e delle Istituzioni e di mass media al servizio dei padroni,
della politica e delle Istituzioni e di quel settore di media
borghesia ambientalista che vuole essere l'effettiva beneficiaria
dell'intero movimento sul piano del peso sociale e delle future
fortune politiche ed economiche (chiamate alternative) della città.
Un problema su cui tornare perchè
anche all'ombra della contesa in corso c'è già chi si sta
arricchendo e occupando spazi politici e culturali.
Questo è espresso molto chiaramente da
alcuni giornalisti che mettono in grande evidenza gli aspetti di
questa iniziativa che noi combattiamo e che vanno apertamente
combattuti.
Il direttore di 'TarantoOggi' scrive:
“niente pugni chiusi, niente mani tese, soltanto decine e decine di
braccia alzate”, così come si dà grande rilievo al concetto di
“città che si unisce” senza bandiere e senza classi; così, sono
esponenti del centro destra che si dichiarano apertamente “d'accordo
con Riondino”; così c'è chi amplifica e sacralizza “l'ordine e
il senso civico” in cui il concerto si è svolto e la strada che si
vuole perseguire, strada a cui viene data sponda tra gli stessi
organizzatori del concerto che ora perseguono la linea da “liberi
ben pensanti”, iniziata con “niente blocchi della città”
e che oggi prosegue con “noi la terremo ordinata e pulita”,
“Abbiamo riscoperto un parco archeologico di cui intendiamo
prenderci cura attivamente, rendendolo fruibile gratuitamente a tutta
la cittadinanza” (tra parentesi: la “gratuità” è scontata in
un luogo pubblico; poi, non dovremmo pretendere che sia il Comune che
incassa soldi dei cittadini a prendersene cura?). Questo “civismo”
diventa, che lo si voglia o no, complice della pacificazione sociale
e della inciviltà del capitale e del suo Stato che invece bisogna
spazzare via.
Uno slogan del movimento delle donne
dice “le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive ragazze vanno
ovunque”.
E' fondamentale nelle fila dei
lavoratori e delle masse popolari affermare e organizzare la rottura
e l'antagonismo sociale di classe, per cambiare realmente la storia
di Taranto e fare effettivamente di Taranto un punto di riferimento
nazionale per cambiare la storia del nostro paese.
Sarebbe davvero aggiungere alla
tragedia in corso la beffa di una situazione per cui agli operai non
resti che dire: “la musica è finita, gli artisti se ne vanno, ecc.
ecc.” o “tutto cambia perchè nulla cambi”.
Circolo Proletari comunisti - Taranto
Nessun commento:
Posta un commento