Cosa ci ha lasciato la BRAU? Report e riflessioni da una vertenza (finora) vinta.
Lunedì 29 Aprile 2013 22:59 Cau
Prima di tutto: perché raccontare questa nostra mobilitazione? Il motivo è semplice, magari banale, ma pensiamo sia estremamente importante socializzare delle esperienze di lotta, a prescindere dal “campo” in cui si sviluppano, soprattutto se terminano con una vittoria. Pensiamo sia fondamentale mettere in connessione qualsiasi tentativo di avanzamento, seppur minimo, affinché ognuno di questi possa diventare patrimonio e motivo di rilancio per tutti quelli che ogni giorno lottano nelle università, sui posti di lavoro, sui territori per invertire la rotta!
Siamo a dicembre: si abbatte sugli studenti l’ennesima conseguenza dello smantellamento costante del diritto allo studio. Dopo il taglio alle borse di studio, l’aumento delle tasse, la chiusura e l’accorpamento di facoltà, questa volta tocca alla BRAU, la biblioteca di ricerca di area umanistica della Federico II. Infatti sia a causa del blocco del turn-over, (D.L. 95 del 6 luglio 2012 che sancisce che in ogni università o ente di ricerca possa essere assunto personale per una spesa pari al massimo al 20% del costo del personale andato in pensione), sia per i tagli all’ FFO operati dagli ex ministri Tremonti-Gelmini, in seguito Brau in agitazione - Napoli al pensionamento di 3 dipendenti della biblioteca, l’orario di apertura della biblioteca è stato brutalmente ridotto, dimezzando, di fatto, le ore in cui gli studenti potevano accedere alla biblioteca.
Messi di fronte all’imminente chiusura della biblioteca, gli studenti, di varie università napoletane decidono di riunirsi in un’assemblea, denominatasi “BRAU in Agitazione”, per capire come affrontare questa situazione. L’eterogenea composizione dell’assemblea si riflette in una serie di posizioni divergenti, dalle proposte di petizioni, all’autogestione diretta della BRAU, passando per una reazionaria colpevolizzazione dei lavoratori, accusati brunettianamente di una presunta ignavia. Ma sono stati tanti, negli ultimi i 5 mesi di mobilitazione, i momenti di crescita, passati per le tante assemblee, iniziative, e per la "lotta diretta", magari nello scontro con la controparte, grazie ai quali, anche studenti da poco avvicinatisi, hanno raggiunto la giusta consapevolezza: ci stavano privando, per l'ennesima volta, di un nostro diritto. Riprendercelo era il minimo che potevamo fare!
L’assemblea, razionalizzando e sintetizzando le varie posizioni, decide di mantenere aperta, attraverso un’occupazione del piano terra, la biblioteca oltre l’orario ufficiale, ponendo come rivendicazione principale l’apertura della struttura in un orario che la rendesse fruibile a tutti gli studenti e ricercatori. In seguito a quest’azione, il rettore ripristina l’orario che vigeva fino a dicembre (9.00-16.45), ma gli studenti non si accontentano, riconoscendo nell’assemblea da poco costituitasi uno spazio ed un’occasione per reagire e provare a riprendersi quello che gli viene sottratto ogni giorno ma che gli spetta di diritto. Si decide così di estendere l’occupazione anche al primo piano e di far visita al rettore Marrelli, prendendo coscienza che il fulcro del problema risiedeva e risiede nei continui tagli all’università che impediscono l’assunzione di nuovo personale. L’unica soluzione radicale del problema, che ne impedisca quindi il risorgere, è di ottenere la deroga al blocco del turn-over dichiarando la BRAU una situazione di emergenza. Come ci aspettavamo, il "Magnifico rettore" glissa di fronte a questa proposta e prende tempo assicurando agli studenti di star facendo tutto quanto nelle sue possibilità, rimandandoli ad ipotetiche date risolutive.
Da parte delle istituzioni è chiaro il tentativo di prender tempo in attesa che la protesta scemi, passato il periodo di esami in cui l’affluenza è massima nelle biblioteche. Gli studenti non solo continuano a riunirsi settimanalmente, ma cercano un confronto con i lavoratori della biblioteca, chiarendo, in diverse occasioni, che nessuna soluzione che vada a ledere le loro condizioni potrà mai essere accettata, poiché sarebbe assurdo pensare che una battaglia rivolta al miglioramento delle condizioni e possibilità d’utenza si risolva andando contro chi per primo contribuisce a mantenere aperta la biblioteca, ovvero i suoi lavoratori.
Contemporaneamente si cerca di andare al di là del problema della biblioteca e di parlare di politica a 360°: vengono messe su, infatti, varie iniziative (sono stati trattati temi diversi, dai “Saperi e ricerca” alla questione palestinese, fino all’antifascismo) seguite da decine e decine di studenti e non, habitué della BRAU e non.
Le risposte istituzionali tardano ad arrivare, ma il “nuovo” orario imposto dagli studenti è ormai una realtà tanto che, per ovviare ai problemi di spazio, si decide di occupare anche il secondo piano. La direzione della biblioteca, il cui fine dovrebbe essere quello di tutelare gli studenti, mette in campo, in seguito a quest’azione, una serie di risposte repressive che denotano una furbizia tanto fine quanto rara. La BRAU viene chiusa dapprima, per un giorno, (guarda caso!) per "mancanza d’acqua", poi fino a data da destinarsi perché scompaiono misteriosamente “numerosi” volumi. Di fronte a quest’abuso, di fronte alla totale mancanza di coerenza tra una professata volontà di difesa dei diritti degli studenti e l’effettiva chiusura della biblioteca, l’assemblea decide di entrare ed occupare la biblioteca, riaprendola all’utenza e reclamando un’immediata riapertura ufficiale della stessa. Quest’azione risveglia improvvisamente la sensibilità delle istituzioni che in maniera repentina, poche ore dopo “l’ingresso” degli studenti, propongono una soluzione. Viene inviato, a firma del rettore Marrelli, e recapitata agli studenti da parte del presidente del CAB (centro di ateneo per le biblioteche) un comunicato dal quale si evince che la biblioteca, fatto l’inventario, riaprirà dalle ore 09 alle 19, orario imposto dagli studenti con mesi e mesi di lotta!
Cosa ci lascia questa vertenza? Che lezione possiamo trarne?
“Semplicemente” ci dimostra quanto sia concreto lo slogan “solo la lotta paga”. Ci ricorda che delle vittorie, seppur transitorie, si possono ottenere unendosi e mobilitandosi, e che bisogna quotidianamente lottare contro il disfattismo indotto dalle contingenze, contro la tentazione di rifugiarsi in un’indignazione tutta morale e poco politica e la tentazione di cercare continue mediazioni con le istituzioni che in quel momento rappresentano la tua controparte.
Questa lotta si è scontrata con gli effetti delle politiche classiste messe in atto negli ultimi anni nelle università e nel mondo del lavoro, mascherate dal ripristino di una “tradita meritocrazia”. Queste, unite all’incalzare della crisi, hanno prodotto un aumento sia del numero di soggetti che materialmente vedono peggiorare la propria condizione, sia di “spazi” in cui può manifestarsi questo disagio e nascere mobilitazione. Bisogna, quindi, essere pronti a lottare anche in posti che fino a pochi anni fa non sarebbero stati considerati plausibili focolai di mobilitazioni.
Quest'esperienza ci ricorda inoltre che, in tempi di crisi, anche le rivendicazioni viste come “più razionali” e di senso comune incontrano una tenace resistenza da parte delle istituzioni e che quindi come compagni il nostro impegno deve essere puntuale, lucido e costante. Proprio per la fase che stiamo attraversando, aver ottenuto una piccola vittoria in ambito universitario è ancor più prezioso e deve darci la forza di continuare ad andare avanti!
Solo la lotta paga!
I diritti non si meritano, si conquistano!
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