GLI STATI UNITI HANNO SPESO 778 MILIARDI DI DOLLARI, LA CINA 252 MILIARDI, L'UNIONE EUROPEA CIRCA 250 MILIARDI E SOLO NEL 2020!
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DAL MANIFESTO
Sempre meno granai, sempre più
arsenali
Spese militari. Dopo l’11/9/2001 sono
cresciute di oltre il 70% le spese mondiali. Secondo il Sipri nel 2020 la Nato
al 56% del totale e la Cina avanza. Pacifisti e sindacati non ci stanno
EDIZIONE DEL29.04.2021
dati sulla spesa
militare mondiale diffusi dal SIPRI in questi giorni non vanno letti solo
“puntualmente” rilevando l’ennesimo aumento (del 26%). Ma devono essere
filtrati anche sotto alcune altre prospettive di più ampio raggio.
La prima è temporale. La crescita che
ancora sperimentiamo ogni anno è figlia di una tendenza che ha compiuto 20 anni
e che si è alimentata con le cosiddette “guerre al terrore” seguite all’11
Settembre 2001: da quel momento le spese militari del mondo sono cresciute di
oltre il 70% senza che in questi due decenni il mondo si possa considerare più
sicuro (e i conflitti risolti come proprio il caso dell’Afghanistan dimostra).
La seconda è geografica (o meglio strategica): le spese militari aggregate della NATO hanno raggiunto i 1103 miliardi di dollari, che rappresentano il 56% del totale mondiale. Quasi tutti i membri hanno visto aumentare nel 2020 il proprio “peso” militare e l’Alleanza nel suo complesso ha aumentato la sua spesa militare del 13,6%. La spesa aggregata dei paesi membri dell’UE ammonta a 233 miliardi, il 12% della spesa globale, collocandosi subito dietro quella degli Stati Uniti (che da soli superano la somma dei dieci paesi successivi) e la Cina. Secondo il SIPRI l’Italia è al dodicesimo posto con un aumento del 7,5% in un anno.
E’ dunque un trend in
ascesa che sicuramente porterà nel 2021 la spesa militare a superare la quota
“simbolica” di 2.000 miliardi di dollari ed è già ben visibile per l’Italia.
Nei giorni scorsi il nostro Osservatorio Mil€x ha infatti diffuso la stima
previsionale (con nuova metodologia più accurata) per l’anno in corso. Il balzo
è del tutto simile: crescita annua dell’8,1% determinata da un aumento in
termini reali di quasi 1,9 miliardi di euro soprattutto per acquisto di nuovi
armamenti, capitolo che raggiunge la cifra record di 7,3 miliardi. Il totale
previsto è 24,97 miliardi di euro di cui quasi 18 provenienti dal Ministero della
Difesa (esclusa da quest’anno una larga fetta dei Carabinieri), 3,2 dal
Ministero per lo Sviluppo Economico, 1,3 dal Fondo per le Missioni militari
istituito presso il MEF cui si devono aggiungere i 2,3 miliardi erogati
dall’INPS per le pensioni militari.
Ovviamente questi dati
significano che il Governo (il Conte II responsabile della Legge di Bilancio,
in questo caso) non ha voluto ascoltare le richieste di moratoria sull’acquisto
di nuovi sistemi d’arma avanzate da Sbilanciamoci e Rete Italiana Pace Disarmo.
Nemmeno nell’anno della pandemia (che ha dimostrato come siano sanità, lavoro,
welfare, scuola, cura dell’ambiente a salvare la vita delle persone e non le
armi) si è avuta la decenza di – quantomeno – sospendere gli acquisti di
sommergibili, navi militari, carri armati, cacciabombardieri, munizionamento,
cannoni, blindati… Governo e Parlamento hanno invece “scelto le armi”.
Nonostante ciò
l’ultima (forse più importante prospettiva) da tenere in considerazione è
proprio quella dei movimenti di opposizione a questa direzione insensata e
pericolosa. E non solo da parte della Global Campaign On Military Spending
lanciata da alcuni anni da International Peace Bureau (la più antica rete
pacifista globale, Premio Nobel nel 1910) e di cui fa parte anche la Rete Pace
e Disarmo.
Una campagna che è
riuscita a raccogliere oltre 170 organizzazioni della società civile di più di
30 Paesi a sostegno del proprio appello: “Chiediamo che i Governi di tutto il
mondo riducano drasticamente le loro spese militari, specialmente quelle dei Paesi
he rappresentano la quota maggiore del totale, e trasferiscano le risorse
liberate verso i settori della sicurezza umana e comune in particolare per
affrontare la pandemia da coronavirus e il collasso economico e sociale che ne
è seguito. È tempo di riadattare le nostre priorità come società e di adottare
un nuovo paradigma di difesa e sicurezza che metta le necessità umane e
ambientali al centro delle politiche e dei bilanci”.
Ed i pacifisti iniziano ad
essere meno soli in questa richiesta che vede una presa di posizione sempre più
netta anche da parte delle forze sindacali. “I governi si dovrebbero vergognare
di aver sprecato ingenti somme di denaro per gli eserciti aumentando la spesa
militare, mentre non si sono messe in pratica le misure urgenti per la salute
pubblica e la ricostruzione economica a seguito della pandemia di Covid-19” ha
infatti dichiarato in questi giorni Sharan Burrow, la segretaria generale di
ITUC, la Confederazione sindacale internazionale.
“E’ uno scandaloso
sperpero di risorse in un momento in cui l’intera umanità è minacciata dal
virus, e quando mancano finanziamenti vitali per affrontare il cambiamento
climatico. Il fatto che i governi abbiano dato la priorità alla proprie
capacità di combattere le guerre piuttosto che affrontare le crisi umane
esistenziali è semplicemente incredibile”.
Perché tutti questi soldi in
armi e soldati non potranno mai difenderci (anzi ci indeboliscono fin da
subito) di fronte alle reali minacce che l’umanità ha di fronte: gli impatti
sull’ambiente delle modifiche del clima e delle nostre scelte scellerate,
l’insicurezza sociale, le fragilità dei sistemi sanitari. Un cambio di rotta ci
conviene ed è ormai fin troppo necessario.
* Coordinatore delle
campagne della Rete Pace e Disarmo
https://ilmanifesto.it/sempre-meno-granai-sempre-piu-arsenali/
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